CERVETERI, TARQUINIA: IMMERSI NEGLI ETRUSCHI – prima parte
Un uomo dai tratti aristocratici cinge con il braccio destro il collo di una donna elegante ornata da gioielli di pregevole fattura: la scena è raffigurata sul Sarcofago degli Sposi, un capolavoro dell’arte funeraria etrusca ritrovato a Cerveteri, nel 1881, oggi custodito nel Museo Nazionale romano di Villa Giulia. Con questa splendida immagine ci immergiamo nel mondo degli Etruschi e lasciamo che le loro vestigia ci raccontino la loro storia.
A ritrovare il sarcofago è stato lo studioso di storia antica e archeologo abruzzese Felice Barnabei e giaceva spezzettato, in oltre 400 frammenti, nella Necropoli della Banditaccia. E’ un intuito del Barnabei ci ha permesso di recuperare un reperto fondamentale di quella che è considerata la civiltà preromana più illustre e misteriosa, quella etrusca.
Oggi questa civiltà rivive nello splendore delle Necropoli di Cerveteri e Tarquinia e riconosciute, nel 2004, dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità.
Nel V secolo a.C., Erodoto, storico greco, fornisce le prime informazioni, giunte sino ai giorni nostri, sulla civiltà etrusca. Erodoto racconta che ai tempi della Guerra di Troia una terribile carestia si è abbattuta sulla Lidia e parte della popolazione locale, guidata dal principe Tirreno, decide di avventurarsi per mare approdando sulle coste occidentali della penisola italica, dove risiedono gli umbri. Questi esuli sono stati ben presto ribattezzati Tirreni, uno dei nomi attribuiti nell’antichità agli Etruschi
Circa 400 anni più tardi, nel I secolo a.C., Dionigi di Alicarnasso descrive gli etruschi come un popolo del centro dell’Italia vissuto in quella area sin dai tempi più remoti. E’ una lettura delle origini diametralmente opposta rispetto a quella di Erodoto e, con ogni probabilità, la verità è rappresentata da una combinazione di entrambe le ipotesi.
Quella etrusca è una “civiltà di formazione”, come sostiene il celebre etruscologo Massimo Pallottino, frutto dell’incontro di una popolazione autoctona e di una giunta per mare dai territori dell’Asia Minore. Nonostante l’assenza di testi scritti in grado di certificarne i passaggi storici, l’eco della civiltà etrusca è andata propagandosi dall’antichità fino all’era moderna.
La scoperta chiave per ricostruire la fase più antica della civiltà è stata realizzata da un aristocratico bolognese amante dell’archeologia, Giovanni Gozzadini. La sua rivoluzionaria scoperta avviene per caso: nel 1853, durante una serie di scavi, a Villanova di Castenaso, alle porte di Bologna, Gozzadini porta la luce un’intera necropoli.
Il Conte rimane attratto da una particolarità: i resti dei defunti sono tutti i contenuti all’interno di vasi ossuari a forma biconica utilizzati per contenere, dopo il rogo funebre, i resti dei corpi cremati! Una pratica, questa dell’incinerazione, chiaramente comune a un’intera società. In seguito simili reperti vengono rinvenuti nel resto dell’Emilia Romagna, nel Lazio settentrionale, nella Toscana e in gran parte della Campania, delimitando i confini della cosiddetta Civiltà villanoviana, l’età più antica del mondo Etrusco risalente al X secolo a.C.
Alcune tombe di età villanoviana sono ancora oggi visibili in uno dei centri etruschi di maggior rilievo, Cerveteri, l’antica Caere Vetus, nell’odierno territorio dell’Alto Lazio. L’insediamento etrusco aveva anche delle appendici marittime nei porti di Alsium e Pyrgi, approdi che alimentavano il contatto con gli altri popoli favorendo il commercio.
Il sito archeologico di Cerveteri si trova nell’entroterra ed è costituito da una necropoli di circa 400 ettari ribattezzata, a fine dell’800, della Banditaccia perché affittata, tramite bando, da alcuni proprietari terrieri alla popolazione locale.
Gli Etruschi, seguendo un vero è proprio piano urbanistico, sono riusciti a concepire una città dei morti a imitazione della città dei vivi: risale a un periodo compreso tra il IX e il III secolo a.C. Tra le circa 20.000 sepolture rinvenute nella Necropoli della Banditaccia, oltre a quelle villanoviane, sono presenti anche tombe a dado, disposte come vere e proprie abitazioni lungo la via principale, e quelle a camera, protette da tumuli di pietra tufacea.
All’inizio del VII secolo avanti C., con il consolidamento dell’ organizzazione sociale gentilizia, i principes dei clan più importanti, iniziano a costruire monumentali tombe a tumulo con diametri fino a 60 m e altezza fino a 15, la cui area sepolcrale è accessibile attraverso un lungo corridoio interno chiamato dromos.
Una delle più importanti è la cosiddetta Tomba della Capanna, autentico gioiello architettonico scavato nella pietra tufacea. Non meno famosa è la Tomba dei Capitelli, risalente al VI secolo a.C., costruita a imitazione delle abitazioni dell’epoca, perfettamente suddivisa nei suoi ambienti interni, dotata di capitelli eolici che sorreggono un soffitto di finte travi di legno e anche di letti matrimoniali disposti sui due lati del sepolcro, tutto intagliato nel tufo!
Lungo la Via degli Inferi, si accede a uno degli ipogei più belli e celebri del mondo etrusco, la Tomba dei Rilievi. Ha una camera rettangolare molto grande scavata nel tufo, con un soffitto che riproduce un tetto a doppio spiovente con una trave longitudinale sulla sommità chiamata columen.
Le pareti sono decorate in stucco dipinto mentre sui due lati e i pilastri centrali, visibili dall’ingresso, è posta una raccolta di oggetti di uso domestico, sempre realizzata a rilievo di stucco dipinto. Lungo le pareti della camera, con una larga banchina, i letti di deposizione avrebbero accolto i defunti, mentre sulle pareti sono ricavate 13 nicchie o loculi ornate da cuscini scolpiti: erano destinate ai personaggi più importanti della famiglia. Unica nel nel suo genere, è sicuramente la più suggestiva di tutta la Necropoli della Banditaccia.
Autentica proiezione dell’abitato di Cerveteri, questa necropoli offre una testimonianza unica degli usi funerari degli degli Etruschi rendendo la zona di inestimabile valore storico e culturale per comprendere e conoscere, al meglio, la civiltà che, prima dei romani, ha caratterizzato la vita e le vicende della penisola italiana.
–CONTINUA–
Daniele Mancini
Per ulteriori info:
- Mario Torelli, Gli Etruschi, Milano 2000
- Massimo Pallottino, Etruscologia, Milano 1984