PAESTUM – prima parte
Sontuosi templi dalle colonne imponenti, adagiati sulla piana del Sele, sono le vestigia di una nobile e antica civiltà che si è sviluppata in questa zona: un area archeologica in cui i fasti della Magna Grecia si fondono con quelli dell’antica Roma, un luogo in cui altari, ville, anfiteatri e piscine raccontano il cuore, la religione, la tradizione e la società di un tempo reso immortale dalla storia. Questa è Paestum!
Paestum, l’antica Poseidonia, un posto magico che dal 1998 è riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità.
Nel 600 a.C., un gruppo di coloni achei in fuga da Sibari si dirige verso la piana del Sele per costruire una serie di nuovi insediamenti, prima lungo la costa e poi nell’entroterra. Una volta giunti nella campagna campana i sibariti edificano un tempietto dedicato alla figura del dio Poseidon Elibeo, divinità fluviale della Tessaglia, nei pressi del fiume Salso.
Questo presidio della Magna Grecia viene prontamente ribattezzato, dai coloni, Poseidonia, un fiorente centro abitato che si sviluppa con le sue strade, le sue abitazioni e aree votive. Un circuito di mura di cinta viene prontamente innalzato utilizzando le pietre calcaree del luogo, realizzando blocchi imponenti, dallo spessore complessivo che varia dai 5 ai 6 metri posto a protezione della città e che nel corso dei secoli avrebbe contornato un perimetro di complessivi 4750 metri.
Lungo tutto il perimetro murario piccole aperture si affacciano nella fortificazione: le cosiddette postierle, una serie di ingressi funzionali alla manutenzione e alla difesa della cinta. Questo sistema murario, costruito tra il VI e il I secolo a.C. permette di comprendere la grande forza politica e militare che avrebbe acquisito nel tempo quello che in principio era un semplice insediamento di coloni della Magna Grecia.
Appena attraversata Porta Giustizia, le vestigia della madrepatria greca si scorrono tra le colonne del primo tempio di Paestum, quello più antico risalente al 520 a.C. E’ il tempio dorico dedicato alla dea Athena, noto anche come Tempio di Cerere.
La duplice denominazione è legata all’affermazione dello storico Vitruvio che sosteneva che questa divinità, Cerere, legata fortemente al culto della terra, fosse venerata dai coloni davanti alle porte della città. L‘attribuzione ad Athena, dea della sapienza, è invece legata al rinvenimento di numerosi oggetti votivi, tra cui statuine di terracotta raffiguranti la dea, all’interno del tempio.
I frammenti delle colonne ioniche presenti all’interno del tempio, di cui restano solamente le basi e due capitelli, hanno accresciuto nel tempo la fama di questo tempio, proprio per la compresenza dello stile dorico e di quello ionico. A circa 30 metri dalla facciata si possono scorgere i resti dell’altare, di cui sono conservati il basamento e alcuni frammenti dell’alzato.
Accanto a questo tempio, la devozione nei confronti della dea Athena è confermata dalla presenza di un tempietto arcaico impreziosito da splendidi elementi decorativi in terracotta.
In un insediamento come quello di Poseidonia, che si va ad espandersi a livello commerciale e a mantenere il ruolo di primo piano a livello militare, non sorprende la venerazione di una divinità come Athena, dea la cui sapienza spaziava dalla tessitura alla lavorazione dei metalli, dall’ambito agricolo a quello navale, fino a alla sottile abilità strategica in campo militare.
Tre il 560 il 440 a.C., Poseidonia registra il picco della sua espansione a livello commerciale: l’agorà, lo spazio pubblico oggi ancora visibile, è il fulcro di questo sistema di commerci e scambi che rendono, in pochi decenni, la città uno snodo centrale nella zona.
Sui gradini perfettamente intagliati dell’Ekklesiasterion, posto nelle vicinanze, i cittadini prendevano le decisioni più importanti per la vita della città. Qui si sviluppavano i dibattiti più accesi sulle strategie per far crescere i traffici mercantili via mare verso il mondo latino, greco ed etrusco e via terra con le popolazioni italiche dell’interno.
Costruito tra il 480 e il 470 a.C., l’Ekklesiasterion avvrebbe svolto funzioni analoghe anche quando, nei secoli successivi, si sarebbero alternate nuove dominazioni nella zona.
All’interno dell’area dell’agorà, come di consuetudine nella cultura delle colonie greche, è presente un altro simbolo delle radici di Paestum: un monumento che ne certifica l’inequivocabile matrice culturale: l’Heroon, un sacello ipogeico compreso all’interno di un recinto rettangolare in blocchi dedicato al culto di un eroe con, spesso, al suo interno, ospitava i resti mortali del fondatore della città. Per Poseidonia questi resti non sono stati rinvenuti come neanche il nome del fondatore dell’abitato originale.
L’edificio risale alla primissima fase di sviluppo di Poseidonia, il VI secolo a.C., periodo a cui corrisponde la datazione del tetto in lastroni di pietra a cui ne è stato sovrapposto uno più leggero composto da tegole. Al suo interno campeggiava una sorta di tavola di pietra sulla quale erano poggiati cinque spiedi di ferro. Lungo le pareti erano collocate sei idrie, dei vasi utilizzati per contenere acqua, due pregiate anfore di bronzo e un anfora a figure nere sulla quale era rappresentata l’Apoteosi di Eracle. In questi vasi veniva contenuto del miele che si è conservato ancora oggi, sebbene in grumi.
l’Heroon è il fulcro simbolico della Poseidonia greca, della fulgida espressione di quella che un giorno sarebbe stata ricordata da tutti come Paestum.
Proprio i mutamenti del nome accompagnano alla scoperta delle varie fasi storiche di questa gloriosa città fortificata. Tra il 420 e il 400 a.C., la città cambia sia nome che denominazione. Sono infatti i Lucani, da qualche anno residenti nel territorio di Poseidonia e un tempo alleati nella guerra contro la vicina Elea, a prendere il controllo della situazione. Un vero e proprio colpo di stato porta i Lucani al potere a Poseidonia che, così, diventa Paistom e i Lucani stessi ne assumono il potere incontrastato.
La natura è la vocazione ellenistica della lucana Paistom non sembra mutare nei decenni successivi: la sua vivacità artistica è ben rappresentata dalla straordinaria collezione di vasi figurati qui rinvenuti. All’interno del panorama di artigiani che hanno contribuito a rendere nota la produzione pestana a figure rosse spiccano alcuni personaggi in grado di travalicare la mera produzione artigianale di vasai: sono Python e Assteas.
Presso la loro officina, nella quale lavoravano fianco a fianco con assistenti e giovani apprendisti, realizzavano splendidi capolavori ceramici e le loro opere sono ancora oggi riconoscibili in virtù del usanza, di matrice ateniese, di firmare i loro manufatti. Il più celebre dei due artisti è stato senza dubbio Assteas, dedito soprattutto alla realizzazione di opere di grandi dimensioni, finemente decorate, con scene mitologiche riconducibili al mondo del teatro antico.
Le sue opere sono espressioni di narrazione in cui il mito viene rappresentato in modo preciso con una attenta descrizione dei personaggi, ciascuno accompagnato dal proprio nome, segno di una profonda conoscenza del culto mitologico. Esempio finissimo della sua opera è rappresentato dall’idria che raffigura la partenza dell’eroe Bellerofonte per la Licia, una regione storica dell’Asia Minore. In quest’opera è possibile cogliere la finezza del tratto e la spiccata vocazione alla narrazione mitologica del maestro pestano.
Accanto ad Assteas un altro vero e proprio artista dell’arte vasaria ha saputo lasciarci un gioiello della produzione pestana: è il Pittore di Afrodite, artefice di un’anfora finemente decorata in cui la figura della dea è incorniciata da una rigogliosa vegetazione che assume una profondità tridimensionale con centinaia di fiori e foglie che sembrano prendere forma nello spazio. Nella fitta trama naturale, le figure umane sembrano volteggiare leggere.
Un inno alla vita e alla fioritura, è una decorazione dal messaggio fortemente simbolico che è possibile rintracciare anche nelle metope del Santuario di Hera Argiva, uno dei cicli scultorei arcaici più celebri del mondo antico. Il santuario era situato alla foce del fiume Sele, a pochi chilometri da Paestum.
La plasticità di queste sculture riporta alla luce, con grande forza espressiva, alcuni episodi chiave della mitologia, come quello del suicidio di Aiace,le vicissitudini dell’eroe Eracle, entrambi molto cari alla dea Hera a cui era dedicato il santuario.
La dominazione lucana dura più di un secolo segnando un’importante continuità culturale e politica, come dimostrato anche dalla stele dipinta di rosso rinvenuta nei pressi dell’Ekklesiasterion. Scritta in osco, la lingua parlata dai Lucani, la stele attesta la continuità nei culti civici anche con la nuova dominazione, un’attitudine che non cambia anche dopo la conquista romana.
Sono, infatti, questi che nel 273 a.C. impongono ai locali lucani di accettare la sconfitta maturata dopo le guerre sannitiche e di consegnare Paistom ai nuovi conquistatori.
— CONTINUA–
Daniele Mancini
Per ulteriori approfondimenti:
- AA.VV, Paestum, Istituto per la storia e l’archeologia della Magna Grecia, Taranto 1987
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M. Cipriani, A. Pontrandolfo, Paestum. Scavi. Ricerche, restauri, Paestum 2010
- Parco Archeologico di Paestum