DAL “DOCUMENTO DI DAMASCO”, NUOVA LETTURA SUGLI ESSENI
Tra le decine di migliaia di documenti presenti già dal XIX secolo nella collezione di antichi manoscritti ebraici Genizah del Cairo, la più grande e importante del loro genere, due copie e diversi frammenti di uno di questi manoscritti è identificato come Documento di Damasco.
Gli studiosi ritengono che siano stati redatti fino al X secolo d.C. e includono diversi anatemi “divini”, descrizioni apocalittiche e riti religiosi. Il ritrovamento di questi documenti è avvolto in un’aura di mistero, riapparsi circa 70 anni dopo con il ritrovamento dei Rotoli del Mar Morto a Qumran, correlati ad una comunità essena che viveva in quell’area nel I secolo a.C.
Dopo la distruzione di Qumran nel 68 d.C. da parte dei Romani, una copia del manoscritto giunse al Cairo e lì, a quanto pare, fu ripetutamente copiata per 900 anni.
Il sito di Qumran, all’estremità settentrionale del Mar Morto, ha acceso l’immaginazione di ricercatori e archeologi per 70 anni. La grotta n. 4, dove sono stati casualmente rinvenuti la maggior parte dei rotoli, situata sul pendio dello Wadi Qumran, all’interno dell’attuale parco nazionale, è un tesoro archeologico su scala mondiale. Dall’altra parte dello wadi si trova un complesso residenziale costituito dai resti di grandi e imponenti edifici che includono una grande dispensa, due gigantesche piscine rituali (mikveh), magazzini e installazioni agricole.
L’ubicazione del sito e la presenza di rotoli e pergamene sono sempre state al centro di una prolungata discussione scientifica relativa alla connessione del sito stesso con i manoscritti e con l’identità degli occupanti del sito. La maggior parte dei ricercatori identifica gli abitanti di Qumran, che vissero lì tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., con la setta degli Esseni, descritta anche dallo storico rebraico-romano Giuseppe Flavio.
L’interrogativo che ha sempre attanagliato archeologi e studiosi è la mancanza, presso il sito, di abitazioni in quanto tali. La più accreditata teoria è quella che ritiene gli Esseni una popolazione nomade e che abitasse in strutture temporanee e trasportabili o, addirittura, in caverne nelle vicinanza. La magnificenza dei complessi edilizi pubblici di alta qualità costruttiva non conferirebbero una spigazione sufficiente alla teoria delle abitazioni “temporanee” o di materiale deperibile.
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Religions offre una nuova interpretazione dell’intero sito secondo la quale Qumran non costituiva una dimora permanente degli Esseni ma il luogo di un raduno religioso annuale. Secondo l’autore dello studio, Daniel Vainstub, archeologo e filologo dell’Università Ben Gurion e dell’Israel Museum, ogni Esseno era obbligato a venire una volta all’anno a questo incontro per rinnovare la propria alleanza con la divinità unica e per ospitare migliaia di persone eran o necessarie potenti infrastrutture, motivo per cui era presenta la più grande piscina rituale del paese e una grande spazio centrale.
Vainstub ritiene che il Documento di Damasco includa proprio le regole per questo evento annuale. Lo studioso interpreta il sito sulla base del testo del Documento di Damasco e del documento denominato Regola della comunità (precedentemente denominato Manuale di disciplina), un manoscritto che descrive i costumi e lo stile di vita della comunità Yahad, che la maggior parte dei ricercatori associa agli Esseni.
Per Vainstub, il grande spazio centrale nella parte meridionale del sito, privo di edifici, è il luogo principale di incontro, lo spazio in cui gli uomini di questa comunità si riunivano una volta all’anno, durante la festa dello Shavuot. Gli Esseni erano una setta ebraica che riconosceva l’autorità del Tempio di Gerusalemme e delle famiglie sacerdotali, né il calendario ebraico, esentandosi così dal pellegrinaggio a Gerusalemme e, per questo, si sono rifugiati nel deserto.
In quest’ottica si possono comprendere le altre strutture che circondano la piazza su tre lati. Su un lato è posta la necropoli, con un basso recinto di pietra che la separa dalla piazza in modo che l’impurità dei morti non attraversi l’area di raccolta santificata. Su un altro lato sono presenti ii granai/dispensa dove sono stati trovati migliaia di frammenti ceramici. Una parete della dispensa ospita una finestra bassa che gli archeologi ritengono servisse a servire il cibo alle centinaia di pellegrini all’esterno.
Secondo Vainstub, questo spiega anche l’insolito sistema di piscine rituali a Qumran. Vi sono state rinvenute due vasche molto grandi, tra le più grandi del paese, oltre a otto più piccole, tutte corredate da enormi cisterne che per una semplice comunità religiosa non avrebbe molto senso.
Il cerchio quadra, secondo Vainstub, spiegando anche l’assenza di strutture abitative e la presenza di impianti agricoli e un un’area per la pigiatura dell’uva, gestiti dai pochi residenti che mantenevano e preparavano il sito per il raduno annuale: quando i pellegrini arrivavano, non erano necessarie strutture abitative fisse, i dintorni del sito offrivano ripari momentanei sufficienti.
Gli Esseni, dunque, sembrerebbero essere stati meno isolati dalla società come si pensava in precedenza, poiché durante l’anno vivevano all’interno o accanto a regolari comunità ebraiche in tutto il paese dalle quali se ne separavano solo durante il raduno annuale. Inoltre, secondo il Documento di Damasco, afferma Vainstub, il sacerdote che conduceva le cerimonie del raduno doveva conoscere lingue diverse, dal momento che i pellegrini provenivano da tutto il paese, con gli Ebrei che allora parlavano tre lingue, ebraico, aramaico e greco.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini