giovedì, 21 Novembre 2024
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CAMBIAMENTI CLIMATICI E ROTTE MIGRATORIE NELL’ARABIA PREISTORICA

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Una nuova recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature, una collaborazione tra scienziati del Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena, la Heritage Commission del Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita, e molti altri ricercatori sauditi e internazionali, ha iniziato a documentare la preistoria incredibilmente ricca dell’Arabia Saudita, il più grande paese del sud-ovest asiatico.

Precedenti ricerche si sono concentrate sulle regioni costiere e boschive della penisola arabica mentre la preistoria umana nelle vaste aree interne è rimasta poco conosciuta.

Le nuove scoperte, tra cui le più antiche prove datate per gli esseri umani in Arabia a 400.000 anni fa, sono descritte come una “svolta nell’archeologia arabica” da Huw Groucutt, autore principale dello studio e responsabile della ricerca della Max Planck Society Research.

La scoperta di migliaia di strumenti in pietra rivela molteplici ondate di occupazione e mostra il cambiamento della cultura umana nel tempo.

Nel sito di Khall Amayshan 4 (KAM 4), incastonato in una cavità tra grandi dune, i ricercatori hanno trovato prove di sei fasi di formazione di un lago, cinque delle quali associate a strumenti di pietra realizzati dai primi esseri umani rispettivamente a circa 400, 300, 200, 100 , e 55 mila anni fa. Ogni fase dell’occupazione umana è caratterizzata da un diverso tipo di cultura materiale, che documenta il passaggio dalla cultura ad ‘ascia’ acheuleana del Paleolitico inferiore a diversi tipi di tecnologie del Paleolitico medio basate su scaglie di pietra.

Gli scavi presso l’Oasi di Jubbah, 150 km a est, hanno anche recuperato strumenti in pietra risalenti a 200 mila e 75 mila anni or sono.

La datazione dei siti archeologici, ottenuta principalmente attraverso la tecnica di datazione a luminescenza, che registra il tempo trascorso dall’ultima esposizione alla luce solare di minuscoli granelli di sedimento, mostra che ogni occupazione risale a un momento in cui è noto che le precipitazioni sono notevolmente aumentate nella regione.

Inoltre, tutti gli assemblaggi di strumenti in pietra sono associati ai sedimenti distintivi prodotti dai laghi d’acqua dolce. I risultati mostrano quindi che, all’interno di un modello dominante di aridità, brevi fasi occasionali di aumento delle precipitazioni hanno portato alla formazione di migliaia di laghi, zone umide e fiumi che hanno attraversato gran parte dell’Arabia, formando rotte migratorie chiave per umani e animali, come gli ippopotami.

Mentre oggi il Deserto di Nefud è una regione molto arida, profonde cavità tra le grandi dune di sabbia hanno creato luoghi per la formazione di piccoli laghi durante gli occasionali aumenti delle precipitazioni. Di conseguenza, la regione è stata periodicamente trasformata da una delle parti più inabitabili dell’Asia sudoccidentale in una lussureggiante prateria che offriva opportunità a ripetuti movimenti di popolazione.

A differenza dell ossa e di altri materiali organici, gli strumenti in pietra si conservano molto facilmente e il loro carattere è ampiamente influenzato dagli evoluti comportamenti culturali. Di conseguenza, mostrano come le culture si siano sviluppate lungo rotte migratorie uniche in aree diverse. I risultati di Khall Amayshan 4 e Jubbah Oasis riflettono impulsi di occupazione di breve durata che rappresentano le fasi iniziali delle ondate migratorie.

Ogni fase dell’occupazione umana nell’Arabia settentrionale mostra un tipo distinto di cultura materiale, suggerendo che le popolazioni arrivassero nell’area da più direzioni e aree di origine. Questa diversità getta una luce unica sull’entità delle differenze culturali nell’Asia sudoccidentale, durante questo periodo di tempo, e indica popolazioni fortemente suddivise.

In alcuni casi le differenze nella cultura materiale sono così grandi da indicare la contemporanea presenza di diverse specie di ominidi nella regione, suggerendo che l’Arabia potrebbe anche essere stata una zona di interfaccia per diversi gruppi di ominidi originari dell’Africa e dell’Eurasia.

I fossili di animali indicano uno schema simile: sebbene i reperti fossili dell’Arabia settentrionale mostrino un importante carattere africano in alcune specie provenienti dal nord, altre rappresentano residenti di lunga data dell’Arabia.

I risultati evidenziano l’importanza di colmare le lacune nella mappa degli ominidi. Secondo Groucutt, l’Arabia è stata a lungo vista come un luogo vuoto in tutto il passato e il lavoro realizzato dimostra che sono ancora labili le conoscenze sull’evoluzione umana in vaste aree del mondo e pone l’Arabia sulla mappa globale della preistoria umana.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: MAX-PLANCK-GESELLSCHAFT

Rotte migratorie preistoriche

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