domenica, 24 Novembre 2024
Personaggi&Protagonisti

UN ANTICO MESTIERE PRESE PIEDE IN MEDIO ORIENTE DAL BRONZO ANTICO

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Le popolazioni delle antiche città-stato del Medio Oriente nelle varie fasi dell’Età del Bronzo godevano di una vivace vita sociale ed economica incentrata sulle istituzioni del palazzo e del tempio principale, supportata dalle comunità agricole e pastorali circostanti. Persone, merci e idee confluivano e si interscambiavano tra queste città generando una sfera culturale all’interno della quale sono state preservate forti identità e costumi locali. Una di queste usanze, che sorse nell’area siriana, era impersonificata dall’acrobata professionista o hupp/huppû.

Vaso di Arjan, VII sec. a.C., raffigura alcune delle abilità che avrebbero svolto i primi acrobati

Javier Alvarez-Mon, Yasmina Wicks, della Macquarie University, hanno effettuato degli studi proprio sugli hupp. La prima menzione nota dell’huppû si trova in documenti amministrativi dell’antica città di Ebla (l’odierna Tell Mardikh) in Siria risalenti al 2320 a.C. I dettagli della professione possono essere ulteriormente ricostruiti da frammenti di informazioni dell’archivio reale (1771–1764 a.C.) di circa 22.000 tavolette conservate nella vicina città di Mari (l’odierna Tell Hariri), sul fiume Eufrate.

Registri contabili e lettere personali svelano le compagnie di huppû che si esibivano più volte al mese per eventi speciali per celebrare il ritorno del re in città, l’arrivo di visitatori speciali e diverse feste religiose. Il programma della festa della dea Ishtar, per esempio, includeva huppû, lottatori e sacerdoti del lamento che cantavano nell’antica lingua sumera accompagnati da tamburi.

Esistono due aggettivi, identificati nella lingua, usati per descrivere le esibizioni degli huppû ma che evocano una festa visiva del movimento ad alta energia. Il primo, mēlulu, significava variamente “giocare”, “recitare” e “combattere”.

Il secondo, nabalkutu, è stato applicato a una serie di azioni audaci e dinamiche: “eliminare un ostacolo”, “ribellarsi all’autorità”, “capovolgersi”, “cambiare schieramento” e “rotolare” (relativo a onde e terremoti).

E’ possibile immaginare gruppi di huppû che mettono in mostra una miscela coreografica di acrobazie e danze, armonizzando la forza fisica e il controllo con l’espressione corporea per conquistare un pubblico.

Il mestiere sembra essere stato un appannaggio solo maschile. Non ci sono registrazioni di una forma femminile del sostantivo huppû, né alcun hupp documentato con un nome femminile.

L’accesso all’istruzione formale nella scrittura e nelle arti nell’antica Siria, come altrove nel Vicino Oriente, era determinato principalmente dallo stato familiare: la maggior parte dei bambini seguiva, dunque, le orme dei genitori.

Esistevano conservatori specializzati per promettenti musicisti e cantanti maschi e femmine mentre, proprio come per gli atleti moderni, i giovani apprendisti huppû maschi venivano inviati ad accademie dedicate per apprendere la padronanza del proprio corpo e del proprio spirito attraverso anni di esercizi ripetitivi e faticosi.

Attraverso la corrispondenza giunta a noi tra i membri dell’élite alfabetizzata, sembra che il divario tra i conservatori artistici e le accademie atletiche riflettesse una scissione mente-corpo anche nei valori culturali.

La tensione tra le scuole emerge in una lettera composta dal capo assediato della troupe reale huppû, Piradi, al re Zimri-Lim, datata intorno al 1763 a.C.

Appellandosi dapprima al buon senso del re (“il mio signore sa quando mento e quando no”), Piradi prosegue lamentando la sottovalutata difficoltà della sua arte (“lamento una disparità salariale tra musicisti e acrobati”) e il disprezzo che subisce dai musici.

La professione di hupp si è mantenuta sotto lo stesso nome, e probabilmente più o meno nella stessa forma, per qualche millennio.

Questa teoria è attestata da un contratto legale firmato da un allenatore privato hupp di nome Nanā-uzelli nel 628 a.C. a circa 450 km da Mari, Borsippa (in foto), vicino Babilonia, in Iraq. Al prezzo di due sicli d’argento, avrebbe addestrato il figlio di un uomo per un periodo di due anni e cinque mesi.

Un’ulteriore traccia della vasta diffusione dell’artigianato huppû attraverso il Medio Oriente dalla sua patria siriana è una scena di banchetto reale incisa all’interno di una ciotola di bronzo elamita proveniente dal sud-ovest dell’Iran e databile a fine VII secolo a.C.

In una delle rappresentazioni più antiche del suo genere, la ciotola mostra un insieme di musicisti che si esibiscono in tandem con una troupe di acrobati che si piegano all’indietro, si bilanciano sui trampoli e camminano mano nella mano.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

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