RESTAURATI I RILIEVI ZOOMORFI DI HATRA, IRAQ
Non solo la celebre Palmira ha subito le obbrobriose nefandezze dell’isis (volutamente in minuscolo…): esiste un altro sito, Hatra (in arabo al-Ḥaḍr), antica fortezza della Mesopotamia, ubicata nel Governatorato di Ninawa (Iraq), a S di Mossul e a O di Assur, Patrimonio UNESCO dell’Umanità dal 1985, ubicato in un territorio dal 2014 sotto il controllo jihadista, nel marzo 2015, come parte di un più ampio programma di annientamento del patrimonio storico e culturale che ha comportato il danneggiamento di numerosi altri siti e musei presenti nella stessa area, il giacimento archeologico ha subito gravissimi danni mediante l’impiego di bulldozer, sulle aree architettoniche, e colpi di martello e kalashnikov su statue e mascheroni ornamentali.
Recentemente, il restauro di un rilievo danneggiato in un tempio di 2.000 anni, ha rivelato l’esistenza di un antico programma ambizioso per allevare, secondo archeologi e restauratori, degli ibridi di cammello.
Lo studio della decorazione, pubblicato sulla rivista Antiquity, suggerisce che i sovrani del Regno di Hatra importassero cammelli dalla lontana Asia centrale per farli accoppiare con il dromedario comune dall’Arabia, creando un animale da soma molto robusto.
Secondo Massimo Vidale, docente di archeologia all’Università di Padova, i cammelli ibridi, insieme al tempio in cui sono raffigurati, facevano tutti parte di uno schema evergetico più ampio che avrebbe attinto alla ricchezza e al potere del commercio delle vie carovaniere arabe per affermare l’importanza del regno e ottenere una maggiore indipendenza dagli imperi persiano e romano, che stavano schiacciando questo piccolo stato cuscinetto.
La scoperta è stata fatta durante i lavori di restauro del tempio dedicato ad Allat, una dea preislamica venerata dagli arabi di tutto il Vicino Oriente. Costruito intorno al 168 d.C. su un santuario più antico, il tempio è stato pesantemente danneggiato da decenni di abbandono e poi dal vandalismo di beceri soggetti tra il 2015 e il 2017.
Mentre molte delle sue statue antropomorfe sono state deturpate e parti del sito demolite, al tempio è stata risparmiata la totale demolizione: secondo Vidale, questo potrebbe essere imputato al fatto che il tempio era stato restaurato per la prima volta dal dittatore iracheno Saddam Hussein, che aveva il suo nome inciso su molte delle pietre della struttura, nome che avrebbe inibito molti soldati isis, ex militari dell’esercito di Saddam.
Il lavoro di conservazione operato dal team di ricerca italiano è partito da un architrave scolpito, posto sopra una delle porte del tempio, in cui sono raffigurate due file di cammelli convergenti su una figura umana centrale, probabilmente il re di Hatra dell’epoca, Sanatruq I.
La maggior parte degli animali nelle carovane sono dromedari tipici dell’Arabia e facilmente distinguibili dai cammelli della Battriana, che provengono dall’Asia centrale, per vi delle due gobbe. Ma le bestie raffigurate sono diverse: mostrano lunghi ciuffi di pelo sulla testa, sul collo e sulle zampe anteriori e riportano anche una piccola rientranza sulla gobba, quasi come se avessero due gobbe, ma non completamente.
In base a ricerche effettuate da Vidale e i suoi colleghi, queste sono caratteristiche tipiche di un ibrido di cammello-dromedario allevato ancora oggi in Asia centrale: gli archeologi ritengono, dunque, che la presenza esplicita degli ibridi, a fianco del ritratto del re, segnali il coinvolgimento della famiglia reale nell’approvvigionamento di questo animale speciale per i commercianti della regione.
Gli ibridi dromedario-cammello, inoltre, producono più latte, sono più resistenti ai climi rigidi e possono trasportare 400-500 chilogrammi di carico, il doppio di un normale dromedario o di un cammello della Battriana, rendendoli animali pregiati nonché costosi da allevare. Non solo la loro creazione richiedeva l’accoppiamento di animali che normalmente vivevano a migliaia di chilometri l’uno dall’altro, ma gli ibridi risultanti, come i muli, risultavano sterili, quindi il processo doveva essere ripetuto per ogni generazione.
La rappresentazione dei cammelli nel tempio non è nemmeno sorprendente: questo era l’animale sacro ad Allat, dea della guerra, dell’amore e della giustizia nel pantheon arabo preislamico.
Allat, o al-Lat, è un’evoluzione della divinità mesopotamica Ishtar che appare in varie incarnazioni in tutto il Levante. Per gli antichi israeliti, ed esempio, che erano ben lungi dall’essere monoteisti durante il periodo del Primo Tempio (all’incirca dal 950 al 586 a.C.), era Asherah, ritenuta la consorte del Dio biblico, Yahweh.
La scelta di Allat e del suo animale sacro ha permesso che fosse venerata in modo prominente dalle tribù di commercianti del deserto che dipendevano dal cammello, per la loro sopravvivenza e prosperità. Questo fatto era, probabilmente, alla base della decisione del re di Hatra Sanatruq I, di dedicare un tempio ad Allat al fine di consolidare i suoi legami con i commercianti arabi. Non è un caso che il piazzale del tempio fungesse anche da luogo di sosta per le carovane e per il mercato.
Secondo Vidale, quindi, attraverso il tempio e il suo controllo del programma di allevamento dei super cammelli, la dinastia di Hatra stava tentando di sfruttare il “potere del deserto” delle tribù arabe. Sebbene fosse una sorta di regno cuscinetto tra Parti e Romani, era tradizionalmente un vassallo di quest’ultimo ma i reali di Hatra erano chiaramente irritati sotto il dominio persiano e cercavano una maggiore autonomia, tentati di smettere di pagare le tasse al potere centrale e diventare indipendenti. Per Vidale, Sanatruq importa il culto di una divinità araba e si presenta come un mecenate del commercio procurandosi questi super cammelli, probabilmente in cambio di una buona quota dei profitti.
Per un certo periodo, l’abilità di Hatra ha funzionato e il regno ha prosperato ma i persiani non hanno mai dimenticato il tradimento dei loro antichi alleati. Intorno al 241 d.C., come parte di una guerra più ampia contro Roma, il re di Persia Sapur I scese su Hatra, assediando, saccheggiando e lasciandola quel fiorente centro urbano fino ad oggi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Università di Padova