HERIUS E PLEMINIUS: DUE VERI EROI TEATINI!
Premessa.
Quanto leggerete di seguito è un semplice racconto che ho sempre sognato di scrivere e che ora vede la luce. Herius e Pleminius, i primi veri eroi teatini della storia. Un breve racconto di pura fantasia ma che si basa su avvenimenti storici realmente accaduti e su fonti di indiscutibile valore.
I Marrucini sono sempre stati grandi alleati di Roma sin dal IV secolo a.C., quando Roma estese i suoi domini anche sulle terre abruzzesi. Inoltre importanti contingenti marrucini hanno combattuto con i Romani nella Battaglia di Ascoli Satriano contro Pirro (279 a.C.; Dionigi di Alicarnasso, XX, 1, 5) e nella sciagurata Battaglia di Canne contro Annibale (agosto del 216 a.C.; Silio Italico, VIII, 519). Ma l’avvenimento che interessa questo racconto è la Battaglia di Zama, sempre contro Annibale, che sancirà la sconfitta del grande condottiero cartaginese, la fine della Seconda Guerra punica nonché il ridimensionamento di Cartagine quale potenza militare nel Mediterraneo (18 ottobre 202 a.C., la fonte che cita i Marrucini è ancora Silio Italico, XVII, 451-471).
Herius e Pleminius…
L’eco della sconfitta a Canne giunse a Teate prima del ritorno dei pochi superstiti del sostanzioso contingente militare che la città inviò in battaglia.
A nulla servirono le preghiere rivolte a Castore e Polluce sul Tempio dell’Acropoli. I sacrifici animali e l’aruspicina del sacerdote etrusco Haralio, perpetrati nel Tempio del Pozzo, avevano previsto che molto sangue marrucino sarebbe scorso sulla piana di Canne; anche la sibilla Aisna Lvcili, dalle grotte presso la necropoli orientale, aveva ambiguamente ammonito i figli teatini a non andare in battaglia: “Ibis, redibis non, morieris in bello”, “Andrai, non ritornerai e morirai in guerra”… I Magistrati consolari, Eptesio e Axle, affranti, stabilirono dieci giorni di lutto cittadino!
Per i piccoli fratelli Herius e Pleminius, di quasi cinque anni, tale notizia sarebbe stata foriera di una vacanza imprevista: le guerre dei grandi, nel bene o nel male, portavano inaspettate sospensioni delle attività scolastiche, pur sempre pesanti da digerire durante l’estate… Immediatamente riunirono la loro banda e decisero di ricombattere la Battaglia di Canne, ma con ovvi esiti diversi. I piccoli comandanti Herius e Pleminius sconfissero e uccisero Annibale con le loro piccole mani, riportando prestigio e magnificenza alla capitale marrucina, Teate e alla loro “piccola” alleata Roma! Ma era soltanto un gioco, un gioco che fece avere un violento fremito alla sibilla Aisna Lvcili dall’altra parte della città!
Anche a Roma inorridirono quando giunse la notizia della sconfitta di Canne e delle sue orride proporzioni. Non erano abituati a trattenere a lungo la coda tra le gambe. Ma la nostra storia racconta di un altro luogo, di un luogo non molto lontano da Roma, di una città che cercava di ergersi nel panorama degli alleati, allo scopo di acquisire quella romanitas sempre bramata dalla élite sociale teatina.
Herius e Pleminius erano due normalissimi e vivacissimi bambini, gemelli: Herius era il più grande di poco più di qualche ora e si divertiva molto con il fratellino e la loro banda di amici. Le attività scolastiche si svolgevano al mattino in uno spazio appositamente predisposto presso l’Acropoli e il loro mentore, Nikandros, proveniente dalla decaduta Sparta, insegnava loro la scrittura, la lettura, l’aritmetica ed i poemi omerici, tutto rigorosamente in greco! Il pomeriggio era dedicato alla ginnastica, seguendo una educazione prevalentemente fisica e militare, tipica di Sparta.
Nikandros, durante i periodi di maggior calura, faceva compiere escursioni più lunghe di una giornata di scuola: a poche leghe di distanza si trovava un piccolo centro, Vicus Aterni, con il suo porto commerciale, da sempre utile a Marrucini e alle popolazioni vicine per effettuare scambi con tutti i centri costieri del Mare Nostrum. Li si trovava anche una sorta di spiaggia semi rocciosa dove poter bivaccare anche la notte! Dal mattino presto, quindi, con i carri o raggiungendo l’approdo fluviale dell’Aternum, si arrivava al villaggio costiero e bagni, pesca, giochi atletici, ma anche tanta aritmetica, allietavano il soggiorno dei giovani teatini!
Trascorsero gli anni e Herius e Pleminius crebbero anche con il lavoro nei campi del loro padre, Marcios, un ricco possessore di terreni nella parte bassa del territorio di Teate, presso il fiume Aternum che annualmente esondava e rendeva la piana fertilissima! Non solo il lavoro dei campi li aveva resi forti e vigorosi, belli come le divinità di terracotta che adornavano i templi dell’Acropoli. Un costante allenamento nelle scuole militari e nelle palestre della città li aveva trasformati in possenti macchine da guerra e il loro sogno era quello di combattere per la propria città!
La prima giovinezza di Herius e Pleminius li vide coinvolti anche nella politica locale: il maestro Nikandros di Sparta aveva loro inculcato un senso dello Stato, ma anche uno stile di vita frugale ed essenziale che non concedeva nulla al lusso e al superfluo, nonostante l’agiatezza familiare! Il loro vigore contagiò anche alcune decisioni degli anziani della Curia, spesso riuniti per decidere del governo della città e del territorio circostante.
L’occasione di rivalsa per le perdite di Canne si presentò alla fine di una primavera particolarmente calda, durante il mese di Mars (marzo, ndr) dell’anno DXLIX a.V.c. (549 ab Urbe condita, corrispondente al 204 a.C., ndr), quando la città ricevette la visita di un giovane generale romano, Publius Cornelius Scipio (Publio Cornelio Scipione, detto poi l’Africano, ndr). Una volta divenuto console nel 205 a.C., Scipione annunciò il suo ambizioso programma di chiudere la partita con Cartagine, portando la guerra in Africa! E prima della partenza decise di visitare le più importanti città alleate italiche alla ricerca di forze da condurre nella memorabile conquista delle terre al di la del Mare Nostrum.
I Consoli di Teate, Cassius ed Aemilius, accolsero immediatamente la richiesta di Scipione organizzando un banchetto di ringraziamento pubblico con sacrificio presso l’Acropoli, davanti al Tempio dei Dioscuri. Ma non dimenticarono di fare visita alla sibilla Aisna Lvcili, ispirata dal dio Apollo, come le sue sorelle più famose sparse nel mondo “non barbaro”. Quella notte Aisna Lvcili era particolarmente spaventata, si limitò solo a pronunciare: “Mors tua vita mea”, “La tua morte è la mia vita”, indicando in lontananza il Tempio dei Dioscuri…
Herius e Pleminius vennero presto a sapere del vaticinio ma, ovviamente, non si tirarono indietro!
I giorni successivi alla visita di Scipione furono di grande fermento, tutte le attività furono rivolte alla preparazione e all’approvigionamento della truppa teatina di fanteria scelta per andare in battaglia!
Herius e Pleminius, grazie alle possibilità economiche paterne, riuscirono a entrare nel contingente militare tra gli hastatii: il loro scopo era quello di vendicare i propri concittadini periti a Canne, a tutti i costi. La coorte marrucina era molto eterogenea, proveniva da tutto il territorio e spesso si riunì presso la piana antistante Vicus Aterni per organizzare la tattica militare voluta dal comandate romano! Nell’estate successiva, insieme alle altre truppe romane e italiche, partirono dal porto di Portus e sbarcarono in Africa dopo dieci giorni di difficile navigazione.
I primi scontri furono appannaggio dei Romani e dei loro alleati: Herius e Pleminius, mai si tirarono indietro nelle scaramucce e nonostante la giovane età riuscirono a rimanere in vita. Combatterono, saccheggiarono, festeggiarono, Scipione fu fiero dei suoi “ragazzi”! Ma la superiorità numerica cartaginese impensieriva il generale, che trascorse l’inverno successivo a pianificare scontri e battaglie. Il Giovane Scipione tenne in grande considerazione l’opinione dei due gemelli teatini che fremevano dalla voglia di rendere il pesante favore ad Annibale.
La notte prima della battaglia definitiva, Scipione richiese un incontro segreto con Annibale, il quale accettò. Entrambi i condottieri non furono soli e Scipione si fece accompagnare da Herius e Pleminius. Si incontrano presso una radura su di un colle e, dopo aver dimostrato entrambi rispetto per il nemico abbandonando le armi all’inizio del bosco, iniziarono una discussione sui motivi dell’ennesima guerra e sui suoi esiti finali. Infine i due si riconobbero come praticamente identici e si salutarono alla maniera dei guerrieri, rispettosi l’un dell’altro senza siglare, però, alcuna tregua che avrebbe risparmiato migliaia di vittime.
Il giorno successivo, nel XV Kalendas del mese di October dell’anno DLI a.V.c. (551 ab Urbe condita, il 18 ottobre del 202 a.C.), presso Zama, i due eserciti si fronteggiano senza esclusione di colpi: Annibale dispose il suo in tre file, imitando la formazione romana (Polibio, XV, 11,2 e 7-9; Tito Livio, XXX, 33, 6; Appiano, Storia della Libia 40) e, in un discorso denso di ardore e significati, rivolgendosi ai suoi veterani prima della battaglia, disse loro di ricordarsi delle vittorie della Trebbia, del Trasimeno e di Canne; ma per la prima volta nella sua carriera fu costretto a combattere su un terreno che non aveva scelto e con la cavalleria in inferiorità numerica.
Durante la sua campagna in Spagna, Scipione aveva stretto amicizia con il più importante principe della Numidia, Massinissa, la cui cavalleria, sul suolo africano, si dimostrò un alleato fondamentale. Scipione collocò Massinissa e il suo contingente sul fianco destro e il suo luogotenente Caio Lelio, con la cavalleria cittadina e alleata, sul fianco sinistro. Al centro la fanteria romana venne accostata ai manipoli di alleati italici disposti uno dietro l’altro, lasciando dello spazio dove sistemare gli elefanti (Polibio, XV, 9, 7-10). In questa occasione vennero usati elefanti giovani e non addestrati. Durante la battaglia, gli animali, spaventati, si imbizzarrirono e scapparono verso le ali, facendo più danni all’esercito cartaginese che a quello di Scipione. La fuga degli elefanti aiutò la cavalleria romana a battere la sua controparte, cacciandola dal campo di battaglia (Polibio, XV, 12, 2-5).
Nel frattempo la fanteria serrò le fila e ruppe le prime due linee puniche. Herius e Pleminius, aiutati dai giovani amici di giochi infantili, sorpresero i cartaginesi attaccandoli alle spalle e sabotando le loro baliste. La superiorità numerica dei cartaginesi iniziò però a farsi sentire e molti italici persero la vita. A quel punto Scipione dispose la seconda e la terza linea della fanteria ai lati della prima. Fatto questo aggiustamento, si avvicinò ai veterani di Annibaie, che probabilmente erano anche loro affiancati dai sopravvissuti delle prime due linee.
Herius e Pleminius, intravidero Annibale nel marasma dei combattimenti, circondato dai suoi veterani e gli si scagliano contro. I cartaginesi protessero il loro generale e sembrò avessero la meglio sugli stanchi e feriti Herius e Pleminius, ma, con le immagini delle morti dei loro amici e parenti, i due teatini ritrovarono le forze, uccisero le guardie di Annibale e mentre si apprestarono a sferrare il colpo finale su di lui, il gesto eroico di un veterano cartaginese li fece cadere a terra e ne bloccò le armi. Risollevandosi per riprendere la loro corsa omicida verso Annibale, due lance cartaginesi scagliate da lontano trafissero non mortalmente Herius e Pleminius. Annibale, trafelato, afferrò due spade e dopo aver proferito una frase verso i due intrepidi guerrieri, rammaricandosi di non averli avuti al suo fianco, li trafisse in petto, sancendo la loro definitiva morte! (Silio Italico in XVII, 451-471, racconta di un episodio di eroismo dei due fratelli Herius e Pleminius morti durante la battaglia di Zama per mano di Annibale, ndr).
A quel punto, i due eserciti avevano più o meno lo stesso numero di uomini. La battaglia si concluse quando la cavalleria romana e numidica tornarono e attaccarono la retroguardia di Annibale. I mercenari e le leve si diedero alla fuga. Annibale riuscì a scappare con una piccola scorta, ma i suoi audaci veterani, pesantemente armati ed equipaggiati in stile romano, lottarono strenuamente fino alla morte contro quegli stessi legionari che avevano umiliato a Canne. Polibio (XV, 14, 9) stima le perdite cartaginesi in 20.000 morti e 20.000 prigionieri, mentre i romani non avevano perso più di 1500 uomini, tra cui i nostri eroi teatini, Herius e Pleminius.
Il giorno successivo fu di tregua, di lutto. Entrambi gli eserciti, senza battagliare, recuperarono le salme dei fratelli periti in battaglia! Scipione fu profondamente prostrato dalla notizia della morte di Herius e Pleminius, notizia mitigata solamente dalla sonora sconfitta imposta ad Annibale e Cartagine!
I corpi di Herius e Pleminius tornaorono a Teate e furono accolti con il massimo degli onori. Il padre, Marcios, commissionò due statue che li ritraeva come Castore e Polluce e chiese che fossero poste sull’Acropoli, all’ingresso della città. Dopo trenta giorni di lutto cittadino, ripresero tutte le attività: Marcios, debilitato dal dolore, perì in un penoso tormento e fu deposto, dopo i riti funebri, in un tumulo affianco a quello dei figli lungo la strada che a occidente proveniva da Roma, da quella Roma che Herius e Pleminius protessero fino a concederle completamente la loro vita.
Daniele Mancini
Bella e avvincente. Complimenti!
Grazie Valeria, continua a seguirmi e non esitare a scrivermi ancora!
Complimenti….racconto agguerrito
Grazie, lieto che ti sia piaciuto!
Bravo, bel racconto.
Grazie mille!