venerdì, 22 Novembre 2024
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CINTA MURARIA ACHEMENIDE ERETTA SU PRECEDENTE FORTIFICAZIONE ITTITA A PORSUK, TURCHIA

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Eretta sulle alture dei Monti del Tauro, nel sud della Turchia, la cittadella di Porsuk fu costruita intorno al 1650 a.C. con lo scopo di  creare una barriera sulla via di comunicazione verso la Cilicia. La strada governa ancora, ieri come oggi, uno dei maggiori accessi al centro dell’Anatolia, come la Civiltà ittita aveva compreso, come in seguito i Neo-ittiti e poi Romani e Persiani.

Nelle ultime settimane, un team di archeologi turchi e francesi, incaricati dal 2017 dello scavo del sito, hanno individuato un potente muro di pietre calcaree eretto per proteggere l’acropoli del centro urbano, situata a circa 1.300 metri sul livello del mare, vicino al villaggio di Porsuk, Zeyve Höyük, provincia di Niğde.

Il rinvenimento di una tale struttura, risalente al periodo achemenide, la dinastia che regnò in Persia tra il VI e il IV secolo a.C., non poteva sorprendere sul sito di un’antica fortezza di quattro ettari, dove sono state individuate torri in mattoni, spesse cortine murarie e postierle fino alla precedente epoca ittita.

Secondo l’archeologa Claire Barat, docente al Politecnico di Hauts-de-France (Valenciennes) e direttore degli scavi di Porsuk per l’Istituto francese di Studi anatolici, la scoperta di una fortezza persiana in Anatolia è eccezionale perché ci sono pochi esempi noti, a parte i siti di Gordion e Daskyleion.

Con grande sorpresa dei ricercatori francesi, turchi, italiani e americani, questo tratto di fortificazione achemenide, largo cinque metri, era stato costruito sul modello della cinta muraria di Persepoli e sui resti di precedenti strutture difensive. È difficile per l’occhio attento degli orientalisti confondere i bastioni dell’età del ferro, eretti in mattoni di fango dagli Ittiti, con il calcare compatto prediletto dagli Achemenidi! La Barat osserva che i Persiani, infatti, tagliarono parte dei bastioni ittiti per costruire le proprie fortificazioni, di dimensioni più compatte ma più robuste.

Lo scavo di questo recinto achemenide ha fornito ai ricercatori dati storici cruciali su un periodo di Porsuk finora poco conosciuto. La roccaforte era stata così occupata dal 546 a.C. e restaurata dalle forze persiane e non semplicemente reuperata com’era dai neo-ittiti. Ancora più importante, gli archeologi hanno trovato tracce di pesanti combattimenti su queste fortificazioni consolidate ma l’aggressione risalirebbe a una cronologia più recente.

Secondo la Barat, gli archeologi si sono resi conto che le mura achemenidi furono attaccate e poi nuovamente restaurate in epoca romana. Tracce di combustione sono state scoperte all’interno della fortificazione e per il ripristino del recinto è stata utilizzata della malta tipicamente romana. Questi dettagli sono importanti perché fino all’anno scorso si pensava che l’ingresso di Porsuk nel mondo romano fosse avvenuto pacificamente.

Prima della conquista romana, all’inizio del I secolo d.C., i Monti del Tauro furono posti sotto l’egida di un satrapo, mantenendo la propria organizzazione politica sviluppatasi dopo la conquista di Alessandro Magno e l’emergere, dopo la sua morte nel 323 a.C., di un nuovo regno ellenistico.

Per quasi tre secoli, fino alla sua annessione all’Impero Romano, all’inizio del regno di Tiberio, un regno indigeno della Cappadocia si stanziò in questi territori difendendoli per quasi tre secoli. La Barat conferma che le fonti scritte non trattano  dell’annessione di questo regno nell’impero, lasciando intendere che la sua integrazione non avesse posto problemi. Tuttavia, l’attacco e poi la riparazione delle fortificazioni di Porsuk indicano che esisteva almeno una forma di resistenza locale, forse quella di un potentato stabilitosi proprio a Porsuk.

I Cappadoci, dunque, non si erano lasciati annettere tranquillamente dal formidabile ma installata, con le armi, la Pax Romana, si adagiarono e costruirono numerosi edifici ai piedi dell’antica via di comunicazione che saranno oggetto di una prossima campagna di restauro.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: ISTITUTO FRANCESE DI STUDI ANATOLICI

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