venerdì, 22 Novembre 2024
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STUDI DEFINITIVI SULLA PROVENIENZA DEI METALLI RINVENUTI NEL RELITTO DI ULUBURUN, TURCHIA

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Uno dei più famosi naufragi dell’antichità avvenuti del Mar Mediterraneo, quello al largo delle coste orientali di Uluburun, nell’odierna Turchia, è famoso perché trasportava tonnellate di metalli rari. Dalla sua scoperta nel 1982, team di ricercatori hanno studiato il contenuto del relitto di Uluburun per ottenere una migliore comprensione delle organizzazioni umane e  politiche che hanno dominato il periodo di tempo noto come la Tarda Età del Bronzo.

1, Hagia Triada; 2, Hattusa; 3, Hisarcık; 4, Mersin; 5, Tarsus; 6, Alalakh; 7, Ugarit; 8, Haifa; 9, Mari; 10, Assur; 11, Deh Hosein; 12, Susa; 13, Ur; 14, Arisman; 15, Tal-e Malyan; 16, Tepe Hissar; 17, Tepe Yahya; 18, Mundigak; 19, Karnab/Sichkonchi; 20, Sapalli; 21, Shortugai.

Michael Frachetti, docente di archeologia in Arts and Siences presso la Washington University di St. Louis, ha realizzato una scoperta sorprendente: piccole comunità di pastori degli altipiani, che vivono nell’attuale Uzbekistan, nell’Asia centrale, hanno prodotto all’incirca un terzo dello stagno trovato a bordo della nave, stagno che era in rotta verso i mercati del Mediterraneo per essere trasformato nell’ambito bronzo. Il bronzo è composto principalmente da rame e stagno e mentre il rame è abbastanza comune e può essere trovato in tutta l’Eurasia, lo stagno è molto più raro e si trova solo in specifici tipi di depositi geologici.

La ricerca, recentemente pubblicata su Science Advances, è stata resa possibile dai progressi nelle analisi geochimiche che hanno permesso ai ricercatori di determinare con certezza da quale miniera provenisse lo stagno uzbeco, a più quasi 4.000 chilometri da Haifa, il porto di imbarco del carico del relitto di Uluburun.

Durante questo periodo, le regioni minerarie dell’Asia centrale erano occupate da piccole comunità di pastori degli altipiani, lontane da un importante centro industriale o impero. Inoltre il territorio tra le miniere e Haifa, che attraversa l’Iran e la Mesopotamia, era ed è molto accidentato, caratteristica che avrebbe reso estremamente difficile il passaggio di tonnellate di metalli pesanti.

Frachetti e il suo team di archeologi e storici hanno effettuato le loro ricerche proprio per comprendere come potesse avvenire il collegamento commerciale: le loro scoperte hanno svelato una catena di approvvigionamento incredibilmente complessa che ha comportato più passaggi per portare lo stagno dalla piccola comunità mineraria al mercato del Mediterraneo.

Secondo Frachetti, sembrerebbe che questi minatori locali abbiano avuto accesso a vaste reti internazionali e, attraverso il commercio via terra e altre forme di connettività, siano stati in grado di trasferire lo stagno fino al Mediterraneo. È sorprendente, osserva Frachetti, apprendere che un sistema di commercio culturalmente diversificato, multiregionale e multivettoriale abbia sostenuto lo scambio di stagno eurasiatico, durante la Tarda Età del Bronzo, di un’industria gestita da comunità locali su piccola scala o lavoratori liberi che negoziavano questo mercato al di fuori del controllo di re, imperatori o altre organizzazioni politiche.

L’idea di utilizzare gli isotopi di stagno per determinare l’origine del metallo nei reperti archeologici risale alla metà degli anni ’90, secondo Wayne Powell, docente di Scienze della Terra e dell’Ambiente al Brooklyn College e autore principale dello studio. Tuttavia, le tecnologie e i metodi di analisi non erano sufficientemente precisi per fornire risposte chiare e solo negli ultimi anni i ricercatori hanno iniziato a utilizzare gli isotopi di stagno per correlare direttamente i siti minerari agli assemblaggi di manufatti metallici.

Secondo Powell, solo negli ultimi due decenni, gli scienziati hanno raccolto informazioni sulla composizione isotopica dei depositi di minerale di stagno in tutto il mondo, le loro gamme e sovrapposizioni e i meccanismi naturali mediante i quali le composizioni isotopiche sono state impartite alla cassiterite, un ossido dello stagno, quando si è formata. I ricercatori si aspettano che negli anni futuri il database di depositi di minerali diventerà piuttosto consistente, come quello degli isotopi di piombo, e il metodo sarà utilizzato di routine.

Aslihan K. Yener, affiliata di ricerca presso l’Institute for the Study of the Ancient World presso la New York University e docente emerita di archeologia presso l’Università di Chicago, è stata uno dei primi ricercatori a condurre analisi degli isotopi di piombo. Negli anni ’90, la Yener faceva parte di un gruppo di ricerca che ha condotto la prima analisi con gli isotopi di piombo dello stagno di Uluburun. Tale analisi ha immediatamente suggerito che lo stagno di Uluburun potesse provenire da due fonti: la miniera di Kestel nelle montagne del Tauro in Turchia e una località non specificata dell’Asia centrale.

La Yener è stato anche la prima a individuare lo stagno in Turchia negli anni ’80. A quel tempo, l’intera comunità accademica era sorpresa che esistessero giacimenti lì, proprio sotto il loro naso, dove si trovavano i primi bronzi di stagno.

Circa 30 anni dopo, i ricercatori hanno finalmente una risposta più definitiva grazie alle avanzate tecniche di analisi degli isotopi dello stagno: un terzo dello stagno a bordo del relitto di Uluburun proveniva dalla miniera di Musiston in Uzbekistan. I restanti due terzi dello stagno provenivano dalla miniera di Kestel nell’antica Anatolia, che si trova nell’odierna Turchia.

Nel 1500 a.C., dunque, il bronzo era “l’alta tecnologia” dell’Eurasia, utilizzato per qualsiasi cosa, dalle armi agli oggetti di lusso, strumenti e utensili, quale moneta di scambio. Trovare lo stagno era un grosso problema per i gruppi umani del periodo e resta quasi un mistero spiegare perché i grandi imperi dell’Età del Bronzo stavano alimentando la loro vasta domanda di bronzo, nonostante le difficoltà per acquisire lo stagno.

Il relitto  Uluburun ha prodotto la più grande collezione al mondo di metalli grezzi dell’Età del Bronzo: rame e stagno per produrre 11 tonnellate di bronzo di altissima qualità. Se non fosse stato perso in mare, quel metallo sarebbe stato sufficiente per equipaggiare una forza di quasi 5.000 soldati e non si dimentichi che le operazioni di scambio avrebbero foraggiato una sofisticata operazione commerciale internazionale che includeva operatori regionali e partecipanti socialmente diversi che producevano e commerciavano materie prime essenziali in tutta l’economia politica del Tardo Bronzo, dall’Asia centrale al Mediterraneo.

A differenza delle miniere in Uzbekistan, che erano situate all’intemo di una rete di piccoli villaggi e pastori mobili, le miniere nell’antica Anatolia durante il Tardo Bronzo erano sotto il controllo degli Ittiti, una potenza imperiale globale di grande minaccia per l’Egitto e tutto il Vicino Oriente. Come accade oggi per gli approvvigionamenti in momenti di crisi, i regni sorsero e caddero, le condizioni climatiche cambiarono e nuovi popoli migrarono attraverso l’Eurasia, interrompendo o ridistribuendo potenzialmente l’accesso allo stagno, che era essenziale sia per le armi che per gli strumenti agricoli.

Utilizzando gli isotopi dello stagno, i ricercatori possono esaminare ciascuna di queste interruzioni archeologicamente evidenti nelle società e verificare che le connessioni siano state interrotte, mantenute o ridefìnite, documentare la connettività delle reti commerciali a lunga distanza e la loro sostenibilità.

Gli attuali risultati della ricerca risolvono dibattiti vecchi di decenni sulle origini del metallo del relitto di Uluburun e sullo scambio di stagno eurasiatico durante il Tardo Bronzo ma i ricercatori continuano nella loro ricerca per comprendere come i metalli, dopo essere stati estratti, venivano lavorati per la spedizione e quindi fusi in forme standardizzate, note come lingotti, per il trasporto. Le forme distinte dei lingotti servivano da biglietto da visita per i commercianti per sapere da dove provenivano e chi li produceva.

Molti dei lingotti a bordo della nave Uluburun avevano la forma di “pelle di bue”, che in precedenza si credeva avesse avuto origine a Cipro. Tuttavia, i risultati attuali suggeriscono che la forma della pelle di bue potrebbe aver avuto origine più a est e Frachetti ha affermato che lui e altri ricercatori intendono continuare a studiare le forme uniche dei lingotti dei metalli dell’antichità.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: NIH

 

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