TRACCE DI ARCHEOLOGIA URBANA NELLA MARSIGLIA DELL’ETA’ DEL BRONZO E DELL’ALTO MEDIOEVO
I lavori per il progetto di realizzazione di una scuola elementare e di una palestra all’interno della ZAC metropolitana di La Capelette, a Marsiglia hanno permesso di portare alla luce, grazie alle prescrizioni di uno scavo archeologico preventivo da parte dei Servizi dello Stato (Drac PACA), un sito risalente all’Età del Bronzo (1400-1300 a.C. circa) e una necropoli risalente all’Alto Medioevo (VII – X secolo d.C.), resti distribuiti su un’area di 2.700 m 2, che ovviamente gettano nuova luce sulla storia della città.
La frequentazione del sito nell’Età del Bronzo è attestata da una decina di fosse e diverse buche di palo emerse nel margine nord-est del terreno indagato. Una delle fosse è servita come sepoltura di un bambino e un grande buco di palo ha restituito una coppa di ceramica a impassto che potrebbe essere stata usata come un’urna funeraria.
Ad ovest del sito è stata scavata nel terreno una vasta fossa, probabilmente per estrarre argilla per la fabbricazione di ceramiche. Dopo il suo abbandono sembra sia stato utilizzato più volte come luogo di vita: lo testimoniano le numerose buche di pali e palo che lo costellano e i contenitori di argilla interrati destinati alla conservazione delle derrate. Una delle capanne ha anche rivelato un’architettura in mattoni di fango, parte della quale è in forma di muretto. Questa struttura suggerisce un habitat di tipo permanente di quello materializzato dai diversi pali.
La ceramica raccolta consente una prima datazione dalla fine dell’Età del Bronzo Medio all’inizio dell’Età del Bronzo Finale.
Durante l’Alto Medioevo, il margine occidentale del sito, al confine con Boulevard Lazer, ospitava una necropoli nella quale sono stati interrati quasi 95 tra uomini, donne e bambini.
Le tombe sono costituite da una semplice fossa in cui il defunto giace supino. Alcune sepolture sono in laterizio a cappuccina, un piccolo numero presenta una cassa in lastre di pietra locale. Elementi litici e frammenti di tegole, invece fanno pensare a coperture che sigillavano le tombe. Frammenti di legno rinvenuti su uno scheletro evocano l’uso di assi di legno per una eventuale cassa funeraria.. Le tombe venivano frequentemente aperte per permettere la riduzione delle ossa del soggetto originario per far spazio al nuovo occupante, con numerose sovrapposizioni di individui: gli archeologi ritengono che le tombe fossero visibili in superficie, probabilmente grazie ad un piccolo tumulo.
Fatto insolito, sono state portate alla luce tre tombe doppie, che associano una donna adulta e un bambino piccolo, morti e sepolti contemporaneamente. La cura riservata a queste tombe, dove si percepisce la tenerezza e l’amore, fa pensare, appunto, alle madri e ai loro figli.
Molti indizi indicano che i defunti erano vestiti in maniera minimale e poi posti in un sudario. Il corredo modesto prevedeva modesti monili in rame, bronzo o ferro, i cui confronti evocano la cultura merovingia. Ciò consente di datare la necropoli al VII – VIII secolo d.C., ma è probabile che il suo funzionamento sia durato fino al IX o X secolo.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
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