giovedì, 21 Novembre 2024
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ANALIZZATE TRACCE DI ANIMALI E IMPRONTE UMANE NELL’ARTE RUPESTRE SULLE MONTAGNE DELLA NAMIBIA

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I ricercatori della Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg (FAU) e dell’Università di Colonia analizzano da anni le immagini delle tracce degli animali nell’arte rupestre sulle montagne della Namibia.

Le pareti rocciose della Namibia sono decorate con centinaia di immagini preistoriche non solo di animali ma anche di impronte umane, trascurate fino ad oggi poiché i ricercatori non disponevano delle conoscenze necessarie per interpretarli. Gli archeologi della FAU e dell’Università di Colonia ora collaborano con gli esperti di tracciamento degli animali della Nyae Nyae Conservancy di Tsumkwe, in Namibia, per indagare in modo più dettagliato le incisioni su sei pareti rocciose, determinando informazioni dettagliate su specie, età, sesso, arti, lato del corpo, direzione delle tracce.

I risultati della ricerca sono stati ora pubblicati sulla rivista PLOS ONE.

Nelle montagne Doro Nawas nel deserto del Namib, nella Namibia centrale nord-occidentale, la vegetazione è scarsa, alberi e cespugli generalmente crescono solo lungo piccoli letti di fiumi spesso asciutti. Grazie alle varie pozze d’acqua permanenti, tuttavia, la presenza di animali diversi è insolitamente elevata: antilopi springbok, giraffe, elefanti, leoni e leopardi, assente la presenza dell’uomo.

In passato, però, dai numerosi esempi di arte rupestre che rappresentano animali, nonché impronte umane e tracce di animali dimostrano che qui vivevano cacciatori e raccoglitori preistorici.

Secondo Andreas Pastoors, ricercatore dell’Istituto di Preistoria e Protostoria della FAU, finora gli archeologi sono riusciti a interpretare solo le specie degli animali raffigurati nell’arte rupestre. Le tracce degli animali tendevano, invece, ad essere classificate insieme ai simboli astratti, trascurando che le tracce siano anche una preziosa fonte di informazioni.

Insieme ai suoi colleghi della FAU, Thorsten Uthmeier e Tilman Lenssen-Erz dell’African Research Institute dell’Università di Colonia, Pastoors ha quindi adottato un nuovo approccio, fondendo la scienza archeologica occidentale con la conoscenza indigena in un progetto di ricerca innovativo.

Il progetto è iniziato nel 2013, quando gli esperti di tracciamento San della Namibia individuarono impronte umane sul pavimento di grotte francesi decorate con arte rupestre nel Paleolitico. Ora, insieme agli esperti di localizzazione namibiani, Tsamgao Ciqae, Ui Kxunta e Thui Thao della Nyae Nyae Conservancy, i ricercatori si sono accampati per circa una settimana sulle montagne Doro Nawas e hanno studiato sei pareti rocciose rappresentanti un campione particolarmente grande di impronte umane e tracce di animali.

Le pareti rocciose indagate si trovano ai margini di un’area che ricorda un cratere del diametro di circa un chilometro nei monti Doro Nawas. L’arte rupestre indagata mostra diversi motivi, dalle impronte umane,  alle raffigurazioni di individui e animali come elefanti, giraffe, rinoceronti e struzzi, ma anche tracce di animali che finora erano state classificate come simboli astratti.

In oltre il 90 per cento delle 513 immagini analizzate è stato possibile determinare numerosi dettagli ed è interessante notare come le tracce degli animali indicavano una maggiore varietà di specie rispetto a quelle delle immagini nell’arte rupestre delle regioni vicine. Sulle tracce degli animali il team di ricercatori è riuscito a identificare altre 20 specie animali, che vanno dal maialino, al bufalo, alla scimmia e al caracal, a diversi tipi di antilopi (cefalofo, tragelafo, antilope roana, stambecco), fino a specie di uccelli come il korhaan crestato e marabù. 

Un aspetto piuttosto sorprendente è che alcune di queste specie richiedono condizioni più umide di quelle che si trovano oggi in questa parte della Namibia: è plausibile, dunque, che gli “artisti” preistorici conoscessero altre regioni con condizioni ambientali più umide, poiché le montagne Doro Nawas erano altrettanto aride come lo sono oggi.

Inoltre, le ricerche mostrano modelli che sono il risultato di preferenze culturali: ad esempio, la direzione delle tracce dei singoli animali che gli esperti di localizzazione sono riusciti a decifrare dalle immagini. I membri del team hanno identificato la direzione delle tracce in base alle ore su un ipotetico quadrante di orologio. Si è desunto che la maggior parte dei branchi di animali puntava verso l’alto verso le 12, solo pochi puntavano verso il basso verso le 6. L’unica eccezione erano le tracce delle zebre, raffigurate mentre viaggiavano in tutte le direzioni. 

Lo studio è, dunque, un’ulteriore conferma del fatto che la conoscenza indigena, ampia in una serie di aree tematiche diverse, ha fornito un prezioso contributo per far avanzare la ricerca archeologica.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Friedrich-Alexander-Universität Erlangen-Nürnberg

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