giovedì, 26 Dicembre 2024
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DAI BACINI IDRICI MAYA UNA SOLUZIONE PER LE CRISI IDRICHE ATTUALI

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Secondo un nuovo studio, gli antichi bacini idrici maya, che utilizzavano piante acquatiche per filtrare e pulire l’acqua, potrebbero fungere da archetipi per i futuri sistemi idrici naturali e sostenibili.

Secondo Lisa Lucero, docente di antropologia dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign, i Maya costruirono e mantennero bacini idrici che furono in uso per più di 1.000 anni e in un articolo pubblicato sulla rivista PNAS, ritiene che questi serbatoi erano in grado di fornire potabile a migliaia o decine di migliaia di persone nelle città durante la stagione secca annuale di cinque mesi e in periodi di siccità prolungata.

Secondo la Lucero, la maggior parte delle principali città maya delle pianure meridionali sono state edificate in aree prive di acqua superficiale ma dotate di grandi terreni agricoli  e hanno compensato questa mancanza costruendo sistemi di serbatoi che, col tempo, si sono sviluppati in dimensioni e complessità.

Nel corso del tempo, i Maya costruirono canali, dighe, chiuse e terrapieni per dirigere, immagazzinare e trasportare l’acqua. Usavano la sabbia di quarzo per la filtrazione dell’acqua, a volte veicolandola da grandi distanze verso enormi città come Tikal, nell’attuale Guatemala settentrionale.

Un carotaggio di sedimenti proveniente da uno dei serbatoi di Tikal ha anche scoperto che nella sua costruzione era stata utilizzata sabbia di zeolite. Studi precedenti hanno dimostrato che questa sabbia vulcanica può filtrare le impurità e i microbi patogeni presenti nell’acqua e sarebbe stata importata da fonti a circa 30 chilometri di distanza.

La Lucero scrive che i serbatoi di Tikal potrebbero contenere più di 900.000 metri cubi d’acqua e le stime suggeriscono che fino a 80.000 persone vivevano nella città e nei suoi dintorni nel periodo Tardo classico, all’incirca tra il 600 e l’800 d.C. I serbatoi, dunque, erano utilizzati per l’approvvigionamento idrico urbano e per mantenere i raccolti durante la stagione secca. Una delle prerogative delle elité sociali maya, tra cui gli stessi regnanti, stava nella capacità di fornire acqua alla popolazione.

Gli archeologi confermano quanto l’acqua pulita e potabile e il potere politico erano indissolubilmente legati, come dimostrato dal fatto che i serbatoi più grandi furono costruiti vicino a palazzi e templi”, ha scritto Lucero e i re celebravano anche cerimonie per ottenere il favore degli antenati e del dio della pioggia, Chahk.

Una sfida chiave era quella di evitare che l’acqua nei bacini artificiali diventasse stagnante e imbevibile e, per questo, i Maya, probabilmente, facevano affidamento sulle piante acquatiche, molte delle quali popolano ancora oggi le zone umide dell’America centrale. Secondo la Lucero, queste piante sono la tifa (Typha latifolia L.),  la carice (Carex L.), le semplici canne. Alcune di queste piante sono state identificate nei nuclei di sedimenti rinvenuti e analizzati dai bacini maya.,

Grazie a questo sitema floreale, le piante filtravano l’acqua, riducendo l’oscurità e assorbendo azoto e fosforo. Secondo la Lucero, i Maya avrebbero dovuto dragare e manutenere costantemente i bacini e sostituire le piante acquatiche. I terreni già ricchi di sostanze nutritiv, con l’ausilio delle le piante rimosse dai serbatoi, avrebbero ulteriormente contribuito a fertilizzare campi e giardini urbani.

La pianta acquatica più iconica associata agli antichi Maya è la ninfea, Nymphaea ampla L., che prospera solo in acque pulite: il suo polline è stato trovato nei nuclei di sedimenti di diversi serbatoi Maya.

Le ninfee, che simboleggiavano la “classica regalità Maya”, era presente persino sui copricapi regali, mentre diverse raffigurazioni artistiche sono rappresentate nell’arte Maya. Le ninfee non tollerano condizioni acide o troppo calcio, come il calcare, o alte concentrazioni di alcuni minerali come ferro e manganese. Per mantenere in vita le ninfee, i gestori del sistema idrico avrebbero dovuto rivestire i serbatoi con argilla e sarebbe necessario uno strato di sedimento per le radici delle piante. A loro volta, le ninfee, gli alberi e gli arbusti piantati vicino ai serbatoi ombreggiavano l’acqua, raffreddandola e inibendo la crescita delle alghe.

Dalle indagini archeologiche effettuate in diverse città delle pianure meridionali, i bacini maya hanno fornito acqua potabile ai gruppi umani per più di 1.000 anni, venendo meno solo quando la siccità più grave ha colpito la regione tra l’800 e il 900 d.C. Secondo la Lucero, le attuali tendenze climatiche richiederanno molti degli stessi approcci utilizzati dai Maya, compreso l’uso di piante acquatiche per migliorare e mantenere la qualità dell’acqua in modo naturale.

Le zone umide artificiali e i bacini idrici offrono molti vantaggi rispetto ai sistemi convenzionali di trattamento delle acque reflue: forniscono, infatti, una tecnologia di trattamento economica, a bassa tecnologia, meno costosa e ad alto risparmio energetico oltre a fornire acqua pulita, sostengono anche gli animali acquatici e possono essere una fonte di nutrienti per coltivarei terreni agricoli.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università dell’Illinois Urbana-Champaign

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