NUOVI STUDI BIOARCHEOLOGICI SULLE CARENZE PATOLOGICHE INDIVIDUATE NEI RESTI SCHELETRICI
Il rachitismo era diffuso tra i bambini dopo la rivoluzione industriale, ma una ricerca condotta dall’Università di Otago ha scoperto che il lavoro in fabbrica e le città inquinate non sono interamente responsabili delle carenze di vitamina D di quel periodo.
In uno studio pubblicato sulla rivista PLOS One, i ricercatori dell’Università di Otago, di Durham, dell’Università di Edimburgo, dell’Università di Brighton e dell’Università del Queensland, hanno campionato i denti da un sito cimiteriale della prima età industriale dell’Inghilterra alla ricerca di marcatori microscopici di malattie nutrizionali.
L’autrice principale, Annie Sohler-Snoddy, ricercatrice presso il Dipartimento di Anatomia di Otago, afferma di aver scoperto alcune delle prime chiare tracce bioarcheologiche di carenza stagionale di vitamina D in un campione archeologico.
Secondo la ricercatrice, c’è stato un aumento del rachitismo, una malattia ossea infantile causata dalla carenza di vitamina D, nell’Europa del XVIII e XIX secolo. Spesso si è ipotizzato che ciò fosse dovuto al fatto che più individui, compresi i bambini, lavorano per lunghe ore in ambienti chiusi, vivevano in alloggi affollati e in ambienti pieni di smog, tutti fattori che riducono la quantità di luce solare che raggiunge la pelle di una persona, che è la principale modo in cui gli esseri umani producono la vitamina D.
Tuttavia, nuovi metodi bioarcheologici di ricerca hanno permesso di ottenere un quadro molto più chiaro di come la carenza di vitamina D colpisse le persone che vivevano nell’Inghilterra della rivoluzione industriale, invece di osservare solo le deformità ossee.
Lo studio ha rilevato marcatori associati alla carenza di vitamina D nella parte interna del 76% dei denti analizzati e in molti campioni, questi si sono verificati regolarmente, con incrementi annuali, mostrando una chiara evidenza di carenza stagionale di vitamina D nei denti degli individui che vivevano nel nord dell’Inghilterra.
La Sohler-Snoddy ritiene che questo entusiasmante risultato evidenzia che la latitudine e la mancanza stagionale di luce solare erano un fattore importante nella quantità di vitamina D che queste persone potevano produrre nella loro pelle, molto più complicato dei fattori associati alla rivoluzione industriale, come lavorare di più in ambienti chiusi.
Uno scarso stato di vitamina D è associato a numerosi esiti negativi sulla salute, tra cui un aumento del rischio di malattie infettive, malattie cardiovascolari e tumori.
La carenza di vitamina D, il rachitismo, è un problema costante nella società e la Sohler-Snoddy ritiene che sia importante studiare ciò che è accaduto in passato per formulare approcci moderni al disturbo perchè, solitamente, si tende a pensare ai resti umani archeologici come appartenenti a un mondo diverso, ma la biologia umana non è cambiata negli ultimi 200 anni e soprattutto i denti forniscono una fonte di informazioni davvero importante per gli archeologi e ricercatori in genere poiché si formano secondo una cronologia molto precisa e, soprattutto, i loro tessuti non cambiano nel corso della vita, conservando un iter dello sviluppo di una persona che rimane fino alla morte o alla perdita del dente.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Università di Otago