DIECI GLADIATORI A TEATE! prima parte
Mi sono divertito a scrivere la storia, romanzata, delle gesta di Herius e Pleminius, con una plausibile descrizione della Teate di fine III secolo a.C. Oggi vi narro un nuovo racconto i cui protagonisti sono personaggi di fantasia e con i quali facciamo un salto di un paio di secoli in avanti, nella Teate romano/imperiale, durante il suo massimo splendore monumentale!
Buona lettura.
Da circa un lustro Lucio Domizio Enobarbo, divenuto Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, è salito al potere succedendo al suo padre adottivo, l’imperatore Claudio: i suoi primi anni di principato sono trascorsi a sedare le varie congiure di corte, provocate da lussuriosi cospiratori destati da invidia verso l’augusto principe! Da parte sua, Nerone, adopera tutta la sua influenza e il suo potere per conquistare i favori del popolo con elargizioni e giochi del circo ma, soprattutto, elaborando un fantomatico progetto di speculazione edilizia con l’obiettivo di ricostruire la città di Roma tracciando un nuovo impianto urbanistico, edificandovi la propria nuova maestosa residenza!
A Teate, Sextius Pedius Lusianus Hirrutus, originario del vicus di Interpromium, rientrato nella Regio IV dopo aver rivestito le maggiori cariche del cursus locale, ha deciso di finanziare i lavori per la costruzione di un’opera colossale per la città: un Anfiteatro! Altri personaggi illustri e altre importanti famiglie aristocratiche cittadine, nel corso dell’ultimo secolo, hanno permesso che il volto urbano della città fosse completamente stravolto: nuove terme pubbliche con imponenti cisterne grazie all’evergetismo delle emergenti famiglie della “bella società” teatina, i Ninni Hastae e i Pedii Hirruti, discendenti da nobili ranghi equestri del territorio italico; un nuovo foro con una coppia di templi gemelli per opera di Marco Vezio Marcello e la sua consorte Elvidia Priscilla; uno splendido teatro con vista sulla valle grazie alla famiglia dei Calvii; il completo restauro dell’acquedotto costruito da Asinio Gallo dovuto al provvido intervento munificente di Dusmia Numisilla e del suo coniuge. Opere degne della trasformazione del municipio denominato Magnum Teate pervaso da impulsi che sottintendono la volontà politica delle aristocrazie locali e la avvicinano ulteriormente alla “madre” Roma!
Pedius Lusianus Hirrutus designa un precipuo luogo per erigere il maestoso Anfiteatro teatino: il colle più alto, il colle più sacro, il colle dove tre templi e una serie di piccoli sacelli facevano da contorno monumentale all’ingresso in città da meridione e dove, nei pressi, già era stato edificato il prestigioso teatro: un’area, comunque, già da secoli destinata allo svolgimento di feste e avvenimenti popolari. Dei templi sacri, purtroppo, vi è solo un pallido ricordo: il colle ha seri problemi geologici e i membri della Curia locale, con il Divo Augusto appena salito in carica, hanno deciso di costruire una potente sostruzione sormontata da una porticus del tutto simile alla Porticus Minucia della capitale romana. Decorata con raffigurazioni del divino Herakles, composta da oltre duecento colonne, la porticus ha subito la stessa sorte dei templi precedenti, rasa al suolo per problemi di staticità del terreno! La consulenza di abili architetti romani suggerisce, quindi, di costruire il monumento ancora più a meridione, nei pressi del percorso viario della Tiburtina Claudia Valeria dove, però, è necessario decapitare la collina prospiciente la consolare!
Ottenuti i dovuti permessi in poche settimane, Pedius Lusianus Hirrutus, in un pubblico discorso sulle gradinate del foro, annuncia al popolo la costruzione dell’Anfiteatro e il finanziamento di venti giornate di giochi gladiatori! Tra la folla acclamante e giubilante, spunta il sorriso del lanista teatino Gaius Martius Lusius Storax, figlio di Caius Lusius Storax Romaniensis, il ricco liberto divenuto Seviro Augustale, proprietario del sontuoso monumento funerario posto ai piedi del colle teatino.
Gaius Martius Storax è divenuto lanista dopo i giochi organizzati dall’onorevole genitore presso il foro di Teate, come ricordano i pregevoli rilievi della tomba paterna; grazie alle ingenti proprietà economiche familiari ha aperto una piccola palestra di gladiatori, nei pressi di uno dei terrazzi orientali di Teate e si è spinto fino al foro di Cirene a far combattere i suoi uomini, richiesti in ogni angolo dell’impero! Dieci sono gli uomini della sua palestra, dieci guerrieri che ben figurerebbero anche tra le fila della fanteria di élite dell’impero; dieci uomini fedeli seppur considerati schiavi ma che per Gaius Martius sono fratelli e figli! I siriani Marcius e Paulus, i più anziani e da più tempo nella scuola degli Storax, il giovane macedone Loricus; gli indisciplinati germanici Steffus, Correus e Iovensis, il tranquillo ma mortale britannico Reffen, i pericolosi galli Lucux e Gigiovix, l’impavido trace Daniecus. Non sempre sono stati vittoriosi ma sempre sono riusciti a conservare intatta la vita, prezioso bene per il loro padrone lanista perché fonte dei guadagni per ripagarlo degli sforzi per il mantenimento della scuola; mantenersi in vita significa, per un gladiatore, soprattutto potersi liberare, col tempo, dal giogo della schiavitù, guadagnandosi il leggendario rudis, una ricompensa simbolica che però implica la concessione della libertà!
In quel giorno IV delle idi del mese di Aprilis, Gaius Martius si precipita verso la scuola con la notizia appena ascoltata: freme per la gioia di poter partecipare ai giochi di inaugurazione dell’Anfiteatro della città e lo comunica ai suoi uomini: il gaudio è enorme e Gaius Martius decide di festeggiare con sua moglie, i suoi amici, i suoi uomini, le sue schiave. Per la serata ordina vino e donne per i suoi uomini ma organizza una festa in maschera in cui nulla è proibito: schiave per i suoi amici, schiavi per le signore, tutto innaffiato da vino dell’Averno e accompagnato da fresca cacciagione! Le feste di Gaius Martius e di sua moglie Lucretia sono rinomate da tutta l’artistocrazia cittadina, che partecipa festosa e ne esce sempre soddisfatta! Anche quella serata resta negli annali dei baccanali teatini!
I lavori di costruzione dell’Anfiteatro procedono spediti, gli allenamenti dei gladiatori di Gaius Martius non ammettono soste: incombe anche un viaggio nella lontana Lutetia Parisiorum, invitati a combattere nella locale arena dal fratellastro di Gaius Martius, Quintus Lusius Storax, trasferitosi nelle Gallie da qualche anno e possessore di diverse insulae popolari. Il viaggio verso Lutetia dura quasi un mese e alla fine di Avgvstvs, mese dedicato al divo imperatore, si tengono i giochi gladiatori per festeggiare l’Apoteosi dell’Eroe Vittorioso: i lottatori galli Lucux e Gigiovix sono particolarmente eccitati di essere tornati nella loro terra e combattono con grande onore. Il loro gaudio è manifestato anche nella folla acclamante che desidera averli sempre sulla sabbia della improvvisata arena lignea di Lutetia! Molto sangue viene versato, molti condannati a morte sono costretti a combattere per rendere salvo solo il loro onore, ma nulla possono contro la potenza e l’abilità degli uomini di Gaius Martius. Nel frattempo la sua sacca si riempie di sesterzi e dopo dieci giorni di ininterrotti combattimenti, tornano verso l’italica terra, stremati, vincitori, ancor più ricchi e soddisfatti!
Al loro ritorno li attende una sorpresa: l’Anfiteatro di Teate è pronto per oltre un terzo della sua struttura: dopo aver decapitato la collina più alta, è stata preparata la spianata che accoglierà l’arena; inoltre a sud-est, si sfrutta un tratto della collina ancora presente per costruire una sezione della cavea appoggiandosi al terreno sottostante! Sono anche visibili le poco potenti fondazioni degli ingressi monumentali: quello meridionale destinato al pubblico proveniente da fuori città; quello settentrionale, per il pubblico teatino, ansioso di partecipare ai ludi in un ambiente più grande e accogliente.
Le fatiche galliche richiedono molto riposo, allenamenti meno sostenuti senza mai interrompere la preparazione continua: i siriani Marcius e Paulus, sono a poche centinaia di sesterzi dall’acquisire il rudis, ma non lesinano il continuo allenamento con i “fratelli di sangue”, i “fratelli con il medesimo marchio” impresso sull’avambraccio, S, le iniziali del cognomen del loro padrone!
Trascorrono i mesi, i combattimenti nel foro di Teate non si fermano e il nome degli uomini di Gaius Martius inizia a essere contornato da un alone di leggenda. Dai municipi di tutto l’impero arrivano gladiatori pronti a sfidare i campioni teatini: le sconfitte dei “dieci” si contano sulle dita di una mano; le vittorie continue li rendono idoli di tutte le folle, amori platonici delle donne di tutte le età; solo il britannico Reffen ha una moglie, Melitta, la schiava prediletta della padrona moglie di Gaius Martius. Melitta è profondamente devota alla dea Iside e trascorre molto del suo tempo libero nel tempio a lei dedicata e posto ai piedi del colle del Foro. Degli altri gladiatori di Gaius Martius, solo il trace Daniecus ha una piccola ara nella sua cella, con figure votive della compagna persa durante le razzie dei popoli che vivono oltre i confini della sua terra, oggi parte integrante dell’impero!
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Daniele Mancini