domenica, 6 Ottobre 2024
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I DANNI OSSEI SUBITI DAL LAVORO DELLO SCRIBA NELL’ANTICO EGITTO

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Non è molto sorprendete scoprire che lo scriba egiziano subisse danni ossei dovuti alla sua tipologia di  lavoro e un team di ricercatori, diretti da Petra Brukner Havelková, del Museo Nazionale di Praga, da Miroslav Bárta, coadiuvati da diversi colleghi, hanno realizzato un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports.

Parte iniziale del papiro del Libro dei Morti dello scriba Nebqed, del 1300 a.C, Museo del Louvre, Parigi – Foto Daniele Mancini

La posizione privilegiata degli scribi si basava sulla loro rara alfabetizzazione e nel III millennio a.C. solo circa l’1%della popolazione sapeva leggere e scrivere, secondo gli autori dello studio, pur chiarendo che il tasso di alfabetizzazione non è un dato unanimamente riconosciuto per quel periodo.

Secondo Veronika Dulíková, egittologa presso l’Istituto ceco di Egittologia dell’Univerzita Karlova di Praga, non è possibile sapere esattamente quante persone all’epoca dei costruttori delle piramidi sapessero leggere e scrivere. Sottolinea che l’1%  della popolazione dell’Antico Regno che era alfabetizzata è determinato da un calcolo matematico di quante persone vivevano in Egitto a quel tempo e qual era il rapporto tra funzionari e quel numero.

La cifra si basa sugli studi antropologici e comparativi delle civiltà antiche degli egittologi britannici John Baines e Christopher Eyre ed è possibile supporre che l’alfabetizzazione nell’Antico Regno fosse una merce preziosa perché gli scribi, identificati dalle numerose informazioni ottenute grazie al ritrovamento delle loro tombe, ad esempio, erano chiaramente benestanti.

I ricercatori confermano che si possono ricavare informazioni preziose sullo stile di vita, la dieta e l’occupazione dalle ossa antiche. In generale, le persone di un tempo avevano ossa di braccia e gambe più robuste rispetto a oggi, interpretando il dato, come indicato in una pubblicazione di qualche anno fa, con la maggior laboriosità della vita di quel periodo.

La ricerca sugli antichi scribi si è finora concentrata sul loro status, sui titoli e sull’iconografia, spiegano gli autori e un obiettivo chiave della ricerca era identificare una serie di cambiamenti diagnostici nello scheletro che avrebbero suggerito che un determinato lavoratore, in assenza di documentazione, come le iscrizioni tombali, fosse stata uno scriba.

La nuova analisi si è basata sui corpi di 69 uomini di status noto e ben definito, di cui 30 erano scribi e 39 no. La Dulíková osserva che hanno identificato tutti gli scribi da fonti scritte trovate direttamente nelle tombe degli uomini in questione, anche con una certa dose di fortuna perché gli antichi egizi consideravano importante registrare nelle loro tombe tutte le posizioni, le carriere e i ranghi nella corte reale, permettendo di identificare anche individui he erano principalmente coinvolti nel lavoro amministrativo.

Gli altri 39 individui appartenevano agli strati più bassi della società e la differenza tra il gruppo degli ‘scribi’ e quello dei ‘non scribi’ può essere osservata anche nel modo in cui venivano sepolti. Questi individui di basso rango venivano sepolti in umili tombe di mattoni di fango con una semplice nicchia invece di una falsa porta con iscrizione come nel caso dei membri dell’élite.

Il corpo dei normali individui, in posizione fetale, veniva messo in una nicchia angusta o semplicemente sul fondo del pozzo, non citando nulla della loro identità. Sebbene l’occupazione degli uomini di basso rango non sia registrata nelle fonti testuali, è molto probabile che fossero coinvolti nella gestione delle famiglie dei loro datori di lavoro o fossero membri della casta sacerdotale o membri dei gruppi di operai che realizzavano le tombe nelle necropoli, come spesso mostrato dalle raffigurazioni sulle pareti delle tombe.

Tutti e 69 gli individui erano stati sepolti nella necropoli di Abusir, attiva da circa 4.700 a 4.180 anni fa, l’epoca dell’Antico Regno. Abusir è sottoposta a indagini archeologiche dagli anni ’60 e l’Istituto ceco di Egittologia si è unito all’iniziativa nel 1991, guidato da Bárta.

Gli scribi non trasportavano mattoni per costruire le piramidi né lavoravano in una fattoria: dunque la loro struttura ossea era influenzata dalla ripetitività delle loro azioni in posizione seduta ed erano relativamente più inclini all’osteoartrite.

Gli scribi lavoravano seduti, inginocchiati o a gambe incrociate per lunghe ore, confermano gli autori, basandosi sui reperti scheletrici e anche sull’arte murale degli scribi e sui testi dell’epoca. Queste posizioni, probabilmente, causavano i danni osservati nelle articolazioni delle gambe, nell’osso dell’anca sinistro, nelle rotule erose e nelle caviglie. In realtà, le differenze nella parte inferiore del copro tra gli scribi e gli altri lavoratori non erano grandi. La parte superiore del corpo subiva quei danni professionali caratteristici tra gli scribi: nella spina dorsale, nel collo, nelle spalle e nell’articolazione della mascella.

Durante tutto il periodo in questione, gli scribi egiziani usavano sottili penne di giunco, ricavate dalla pianta Juncus acutus, simili ai nostri pennelli. Solo intorno al fine del II secolo a.C. sarebbero state soppiantate da una nuova tecnologia innovativa inventata in Grecia, gli stilo di canna rigida ricavati dalla pianta Phragmites communis, sfruttando la possibilità di avere diversi pennini come le moderne penne stilografiche.

Secondo la Havelková, la mascella subiva danni in un modo particolare: dallo stress estremo a lungo termine causato dalla masticazione degli stili, strumenti che gli scribi usavano per scrivere e fatti di giunco ​​tagliato in diagonale, masticati all’estremità formava una testa simile a un pennello. Quando la penna diventava frastagliata o intasata di inchiostro, lo scriba tagliava di nuovo l’estremità e masticava la sezione successiva e questo accadeva abbastanza spesso.

Il secondo stress sarebbe dovuto al fatto che gli scribi abbassavano costantemente la testa per vedere il loro lavoro. Quella posizione, inginocchiata o a gambe incrociate con la schiena curva, sovraccarica la “colonna cervicale”, ovvero le vertebre del collo. Tutte le vertebre del collo degli scribi erano più deteriorate rispetto al gruppo di riferimento. La medicina moderna ha ampiamente dimostrato una correlazione tra disturbi della mascella e le patologie nel collo e/o nella spalla.

Inoltre, scrivere con una penna di canna avrebbe richiesto una destrezza che avrebbe potuto affaticare polsi e mani, ma il team ha notato principalmente danni al pollice destro, per aver pizzicato o afferrato la penna che, in base all’iconografia e alle statue, si può supporre che scrivessero con la mano destra.

L’obiettivo, dunque, era identificare uno scriba in base all’usura scheletrica anche se non è stata riscontrata particolare differenza tra gli scribi e gli altri. Alcuni problemi avrebbero potuto essere esacerbati dalla loro età e gli scribi erano membri relativamente anziani della società, anche se non tutti.

I cambiamenti nelle mascelle e nelle vertebre del collo degli scribi erano così significativi che è improbabile che fossero causati dalla diversa distribuzione dell’età dei campioni ossei. Trascorrere la vita inginocchiati, accovacciati o a gambe incrociate non danneggiava le articolazioni delle gambe più del gruppo di riferimento dei non-scribi perché, secondo i ricercatori, gli scribi sedevano comunemente nelle stesse posizioni.

La conclusione è che i fattori di rischio per l’occupazione di scriba si concentravano probabilmente sopra la vita, non diversamente dagli impiegati di oggi. In effetti, il team ha dimostrato che uno scriba antico potrebbe potenzialmente es

sere identificato attraverso i danni caratteristici al collo, alla schiena e al pollice destro.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: National Library of Medicine

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