martedì, 3 Dicembre 2024
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ANALISI GENETICHE SUGLI ABITANTI DI RAPA NUI CONFUTANO LE TESI DEL COLLASSO ECOLOGICO DELL’ISOLA

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La cultura e l’archeologia di Rapa Nui, l’Isola di Pasqua, hanno affascinato i ricercatori per decenni, portando a variegate teorie sul passato e sul collasso dell’isola. I ricercatori dell’Università di Copenaghen e dell’Università di Losanna hanno collaborato con un team internazionale per indagare sul destino della popolazione antica.

Rapa Nui o Te Pito o Te Henua (l’ombelico del mondo), ampiamente conosciuta come Isola di Pasqua, è una remota forma di terra nel sud-est dell’Oceano Pacifico. È famosa soprattutto per la sua affascinante cultura, che ha incuriosito studiosi e avventurieri per secoli, rappresentata dalle colossali statue di pietra, i moai, che si ergono come silenziose sentinelle di un’epoca ormai lontana.

Oggi sull’isola vivono alcune migliaia di individui ma ma è stato ipotizzato che, prima che gli europei arrivassero sull’isola nel 1722, la popolazione fosse molto più numerosa. Il destino di quella che un tempo era una grande civiltà in questa remota località è stato oggetto di ampio dibattito tra gli accademici per secoli.

Una teoria dominante, la teoria del “collasso”, sostiene che gli abitanti di Rapa Nui abbiano impoverito le loro risorse naturali, come il legno, per costruire, ad esempio, i moai, portando a un collasso demografico e sociale caratterizzato da carestia, violenza e persino cannibalismo.

Un recente studio genetico pubblicato sulla rivista  Nature  smentisce questa teoria di vecchia data. Lo studio è stato condotto da un team internazionale di scienziati ed è stato co-diretto da Víctor Moreno-Mayar, docente dell’Università di Copenaghen, dalla ricercatrice Bárbara Sousa da Mota e da Anna-Sapfo Malaspinas docente della Facoltà di Biologia e Medicina dell’Università di Losanna in stretta collaborazione con colleghi di Rapa Nui, di Austria, Francia, Cile, Australia e Stati Uniti.

L’analisi genetica mostra una popolazione in crescita stabile dal XIII secolo fino al contatto con gli europei nel XVIII secolo. Questa stabilità è critica perché contraddice direttamente l’idea di un drammatico crollo della popolazione prima del contatto e Moreno-Mayar osserva come, in caso di un crollo della popolazione, sia stato osservato un pool genetico meno diversificato semplicemente perché c’era una popolazione più piccola. Tuttavia, quando il team ha analizzato i genomi di 15 individui vissuti tra il 1670 e il 1950, non hanno trovato alcun segnale di tale crollo.

I campioni utilizzati nello studio sono stati ottenuti dal Museo di Storia Naturale di Parigi, garantendo metodi di campionamento minimamente invasivi per rispetto del significato culturale dei resti. Inoltre, quando i risultati in corso sono stati presentati ai rappresentanti della comunità di Rapa Nui, la necessità di rimpatriare i loro antenati è stata discussa come obiettivo centrale per gli sforzi futuri più immediati.

Attraverso la loro analisi genetica, il team di ricercatori non solo ha fornito prove contro la teoria del collasso, ma ha anche sottolineato la stabilità della società dell’sola per diversi secoli fino alle interruzioni causate dal contatto europeo nel 1722. La teoria del “collasso” è stata messa in dubbio da studi precedenti basati su dati archeologici e argomenti di dinamica della popolazione. Questa è la prima volta, tuttavia, che la genetica è stata utilizzata per affrontare la questione.

Secondo la Malaspinas, sebbene sia ampiamente dimostrato che l’ambiente di Rapa Nuii sia stato influenzato dall’attività antropica, come la deforestazione, non vi era certezza di come questi cambiamenti abbiano portato a un crollo della popolazione e lo studio è servito a questo!

Ora i ricercatori ritengono che gli individui di Rapa Nui si siano adattati alle sfide ambientali che si sono effettivamente verificate sull’isola tra il XIII e il XVIII secolo, smentendo le teorie secondo cui la cattiva gestione delle risorse avrebbe portato al collasso sociale nel XVI o XVII secolo.

Sousa da Mota ritiene che il paesaggio di Rapa Nui sia cambiato tra il popolamento dell’isola, che risale al 1200 circa, e il contatto con gli europei 500 anni dopo. Tuttavia, la stabilità della popolazione, durante questo periodo, dimostra che si trattava di una popolazione resiliente, in grado di adattarsi alle sfide ambientali.

Oltre a mettere in discussione la teoria del “collasso”, il nuovo studio, attraversa l’analisi genetica, ha anche trovato tracce di contatto con i nativi americani prima che gli europei arrivassero sull’isola, sebbene 3.700 km di oceano separino Rapa Nui dal Sud America.

Il team ha scoperto che circa il dieci percento del pool genetico degli isolani di Rapa Nui ha un’origine indigena americana, dimostrando che entrambe le popolazioni si siano incontrate prima che gli europei arrivassero sull’isola e nelle Americhe, tra il XIII e il XV secolo.

Questo risultato porrebbe fine a un dibattito di lunga data sull’esistenza o meno di interazioni pre-europee tra polinesiani e nativi americani e, secondo Moreno-Mayar, l’idea del suicidio ecologico sia messa parte di una narrazione coloniale. Le informazioni genetiche mostrano il contrario e, non solo mancano tracce  di un crollo della popolazione prima che gli europei arrivassero sull’isola, ma i dati mostrano anche che gli individui di Rapa Nui erano capaci di viaggi ancora formidabili attraverso il Pacifico di quanto fosse stato precedentemente stabilito, raggiungendo infine le Americhe.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di Copenaghen

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