IL TEATRO ROMANO DI TEATE MARRUCINORUM
Il teatro è un edificio pubblico che ha assunto l’importante funzione di narrare commedia, tragedie e, nel periodo romano, composizioni sempre più accessibili e vicine al gusto di tutti come le farse, l’atellana (un genere di commedia, ndr), le oscenità e persino la satira politica.
Nonostante i Romani utilizzarono il modello architettonico del teatro greco con modifiche legate al loro mondo culturale più moderno, il teatro ha sempre rappresentato un mezzo per mostrare la capacità di evergetismo di un singolo o di una famiglia.
Teate aveva una importante struttura teatrale che, come l’altro edificio per spettacolo di cui era dotata, l’Anfiteatro (si legga L’Anfiteartro di Teate), trova posto nella fascia collinare occidentale. E’ molto interessante capire la dislocazione di particolari edifici, come il teatro e l’anfiteatro, dedicati allo spettacolo: solitamente questi non erano situati al centro della città e, come nel caso di Teate, il teatro si trova a ridosso delle mura per questioni di sicurezza (per coloro che raggiungevano la struttura dall’esterno), di comodità di cantiere (che avrebbe congestionato le attività di città) e per questioni finanziarie (il terreno scosceso era sicuramente meno costoso per effettuarne l’esproprio). Da attente analisi storiche è plausibile affermare che moderni edifici per spettacoli fossero posizionati nei pressi dell’acropoli cittadina dove già esistevano luoghi deputati a pubblici ludi, dove santuari e particolari luoghi di culto fossero il culmine di un percorso cultuale significativo.
Un’altra considerazione. Per indicare il numero di abitanti di un’antica città romana, si potrebbe partire da diverse aree di lettura: una di queste è il numero di posti del teatro della città ma non sempre lo schema è rispettato. Lo studioso Giovanni Forni, scrivendo della voce enciclopedica Teatro nell’Enciclopedia dell’Arte Antica, ha precisato che il teatro di Saepinum, centro romano oggi in provincia di Campobasso, aveva la cavea inglobata nel circuito murario, con un ingresso che dava sull’esterno delle mura stesse, oltre ai due ingressi classici ai lati dell’edificio scenico.
Questo particolare dell’ingresso oltre le mura urbiche indicherebbe che il teatro di Saepinum sarebbe stato utilizzato anche dalle popolazioni del territorio come luogo di riunioni e assemblee, contravvenendo allo schema classico indicato sul rapporto tra numero dei posti a sedere del teatro/abitanti del centro demico.
Come è possibile notare dalla cartografia proposta, anche il teatro romano di Teate Marrucinorum era disposto in modo da consentire l’afflusso da popolazioni esterne alla città, presso le mura della città; di converso, il numero plausibile di spettatori che l’edificio avrebbe potuto contenere, è conforme alla ricettività del municipio marrucino.
Ma veniamo al sito che ospita il teatro romano. Lo studio dei materiali archeologici, rinvenuti nel corso degli scavi degli anni ’30 e degli anni ’70, ha permesso di comprendere che nella terra di riporto proveniente dallo sbancamento della collina per la costruzione dell’edificio pubblico erano presenti materiali ceramici relativi a una occupazione preistorica ma anche pertinenti ad abitati di tipo residenziali di I secolo a.C., chiaramente rasi al suolo prima dell’edificazione del teatro.
Nel momento di massima espansione monumentale della Teate Marrucinorum ormai divenuta municipium, l’evergetismo monumentale di personaggi di ranghi magistrali provenienti da Roma ha conseguentemente investito anche la città. Una comune tecnica costruttiva diffusa a Chieti, un’opera mista di reticolato bicromo e laterizio, è riproposta anche per il teatro. La tecnica muraria apparentemente uniforme in tutto l’edificio non indica, però, un unico momento costruttivo: da un’accurata analisi è possibile distinguere modifiche, variazioni in corso d’opera, ripensamenti costruttivi (come l’aggiunta della summa cavea), importanti adeguamenti nel quartiere circostante. La cavea rivolta, verso Nord-Ovest, è sorretta da un sistema strutturale in parte appoggiato al terreno ed in parte sostenuto artificialmente da un complesso di murature radiali ed archi tamponati ancora visibili.
Le tre fasi costruttive sono riassumibili nella costruzione di una cavea di ridotte dimensioni, seguita dall’ampliamento della parte alta dell’edificio destinato a soddisfare la necessità di aumentare il numero dei posti degli spettatori. Nel volgere di pochi anni si realizza un ulteriore allargamento verso la collina con l’innalzamento di un loggiato e la conseguente ristrutturazione di tutto il sistema degli accessi negli ambienti sottostanti la zona settentrionale (verso la Civitella, ndr). L’impianto scenico è alquanto poco conosciuto a causa, in parte, delle moderne costruzioni realizzate. Solo gli scavi del 2003 hanno permesso di identificare in modo significativo l’esatto orientamento del teatro, la cui immagine era fossilizzata a una vetusta idea confutata solo con i precisi lavori di indagine. Si può agevolmente affermare che lo sfondo paesaggistico offerto dalla vallata del Pescara e dalle montagne doveva essere assolutamente suggestivo!
Alcuni resti di imponenti muri controterra posti nei pressi del muro perimetrale curvilineo, a est, fanno pensare che sul terrazzamento posto all’esterno del teatro si ponesse una struttura riferibile ad un ingresso diretto dalla viabilità urbana parallela al diverticolo urbano della Tiburtina Valeria, oggi coincidente con Corso Marrucino.
I cambiamenti urbanistici relativi al passaggio dell’eta romana a quella medioevale pongono un aspetto particolare alle problematiche legate al riuso in generale degli edifici e in particolare al riuso degli edifici per spettacolo. Oltre al riuso funzionale, bisogna tener conto che, come per molti monumenti antichi, essi furono in primo luogo delle cave di materiali da costruzione, utilizzati nell’edilizia religiosa, pubblica e privata. Dalle fonti strettamente archeologiche, nell’alto medioevo si assiste alla fortificazione di entrambi gli edifici per spettacolo teatini che divengono parte di una cinta muraria di cui è stato rinvenuto un unico tratto presso l’anfiteatro. Più tardi, quando viene eretta la cinta muraria duecentesca, l’anfiteatro rimane in una zona extra moenia, mentre al settore settentrionale del teatro viene addossata Porta Napoli; tale accesso potrebbe essersi reimpostato su uno degli ingressi della cinta alto medievale. Nelle vicinanze della Porta vi era anche una torre quadrangolare ancora visibile nel seicento, quando veniva indicata col toponimo Torre del Bottino. I lavori successivi di ulteriore riuso degli spazi hanno ulteriormente celato queste interessanti presenze monumentali.
Daniele Mancini
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