POMPEI: LA CITTÀ SOSPESA NEL TEMPO
Pompei è una delle testimonianze simboliche del mondo romano antico e ogni anno milioni di turisti accorrono a visitare la città conservata nel tempo grazie alla tragica eruzione del Vesuvio; ma ciò che rende speciale Pompei non sono solo le incredibili vestigia, ma i resti delle persone immortalate negli ultimi attimi della loro vita: non esiste niente di simile al mondo, sono “reperti” unici!
Il livello di conservazione è tale da poter risalire quasi a ogni dettaglio di ciò che è accaduto in quei giorni di agosto, secondo alcuni, o ottobre, secondo altri, del 79 d.C.; il terremoto, la gigantesca eruzione, la pioggia di cenere roccia e pietre, le storie dei suoi abitanti. Ma spiegare il motivo secondo cui i soggetti siano rimasti fermi in quelle posizioni è stato un mistero per secoli, trascurando, spesso, indizi fondamentali. Oggi grazie a nuove tecnologie e a esperimenti innovativi, si riesce a comprendere perché gli abitanti di Pompeii siano rimasti pietrificati così come oggi è possibile ammirarli!
Negli ultimi tre secoli, questa affascinante città sepolta sotto sei metri di cenere vulcanica, è stata lentamente riportata alla luce: gli archeologi hanno riscoperto un mondo che si è fermato a quasi duemila anni fa e, con esso, la storia dei suoi abitanti!
Nei pressi delle mura della città, in un ambiente che si pensa sia stata una scuderia, sono stati rinvenuti i resti di tre persone: è probabile che queste stavano dormendo. La figura centrale è un uomo, il soggetto più alto trovato a Pompei, dalla corporatura robusta e più grande rispetto a quella di un romano medio. Si è pensato che fosse un gladiatore di origine africana. Ai suoi lati, un uomo adulto e un ragazzino, forse padre e figlio, i gestori della stessa scuderia. La vita per i bambini di Pompei era dura perché costretti a lavorare con i genitori: solo i figli delle famiglie abbienti potevano permettersi di frequentare le scuole.
Ma torniamo per un istante al giorno dell’eruzione: al mattino un forte terremoto scuote la terra; solo interno alle 13 il Vesuvio inizia a eruttare. Il tappo di terra e roccia che ostruisce la bocca del vulcano viene scaraventato in aria e sopra di esso si forma una gigantesca nuvola di cenere e terra che si spinge a quasi 14 km di altezza, alimentata da una colonna di gas e detriti. Si diffonde nel cielo ed è così densa che oscura il sole e sopra Pompei scende la notte. Poi arriva la pioggia, una pioggia di cenere, roccia e lapilli di lava solidificata noti come pomici, In meno di un’ora la colonna eruttiva raggiunge i 32 km di altezza e, ogni secondo, un milione e mezzo di tonnellate di detriti viene sospinto nella stratosfera per poi ricadere sulla città sottostante.
Pompei resta sepolta sotto una coltre di cenere vulcanica e in preda al panico, la gente cerca di fuggire. Ma il peggio deve ancora arrivare!
Oggi Pompei è diversa dalle altre rovine romane, è una città congelata nel tempo e ci regala una visione incomparabile della vita del mondo antico e delle persone che un tempo la vivevano. I resti umani hanno ampiamente aiutato gli archeologi forensi a comprendere come siano morti gli abitanti della città. E’ acclarato che non è stata la lava: alla temperatura di 1200 gradi la lava fusa non lascia resti umani.
Uomini seduti, addormentati, stesi e rannicchiati, come se paralizzati! Per decenni si è pensato che la cenere caduta come pioggia su Pompei fosse responsabile delle vittime, morte per soffocamento; ma il motivo principale è legato a uno dei calchi più famosi di Pompei: i resti di un uomo seduto con le mani in faccia, denominato il “mulattiere”, trovati vicino al corpo di un mulo.
I mulattieri, anche se occupavano una posizione sociale bassa, erano importanti perché trasportavano le merci per tutti i vicoli di Pompei, che conoscevano come le loro tasche. La figura accovacciata è stata presa come esempio per dimostrare he la gente di Pompei sia stata soffocata dalla cenere ma gli studi dell’Università di Cambridge ritengono che la sua posa sia stata fraintesa. E’ probabile che il soggetto si proteggesse la bocca con le mani ma gli studi comparati con i soggetti rinvenuti a Ercolano hanno confutato la teoria.
Fino agli inizi del XVIII secolo la città di Ercolano è rimasta sepolta sotto 20 metri di detriti vulcanici ed è stata casualmente scoperta solo quando un contadino, scavando un pozzo nel terreno, si è imbattuto nei resti di un edificio di marmo. Ercolano aveva un estensione minore rispetto a Pompei ma i suoi 5000 abitanti erano mediamente più benestanti.
Ercolano era un luogo di villeggiatura esclusivo dove i romani, ricchi e potenti, si rilassavano indisturbati serviti e riveriti da un esercito di schiavi. Ma ricchezza e potere non li hanno protetti dal disastro del Vesuvio. Ercolano è più vicina al vulcano rispetto a Pompei e le persone hanno avvertito più intensamente la forza del terreno e l’eruzione. Hanno visto con orrore la nube di detriti che si alzava in cielo e poi sono fuggite.
I primi archeologi che hanno portato, col tempo, alla luce Ercolano sono rimasti sorpresi dalla scarsezza di resti umani rispetto a Pompei e hanno ipotizzato che la popolazione fosse fuggita: gli scavi degli anni ’80 si sono incentrati su una serie di rimesse per barche poste lungo la spiaggia. Gli antropologi che si sono occupati degli scavi hanno rivelato una situazione orrenda: oltre 300 scheletri di corpi ammassati, i corpi degli abitanti di Ercolano scappati alle prime scosse di terremoto e rifugiatisi nelle rimesse, il luogo peggiore per sfuggire all’eruzione. Pensando che le arcate li avrebbero protetti, hanno trovato una morte desolante.
Alcuni crani presentano fratture nette e annerimenti all’interno e all’esterno: sembra chiaro che questi soggetti siano stati esposti ad altissime temperature al punto da far fondere il cervello ed esplodere il cranio. Il resto del corpo ha subito la potenze del calore dell’eruzione ma, come a Pompei, la lava non è stata trovata a Ercolano!
L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata anomala e mai registrata prima: anziché eruttare lava ha creato un’intensa ondata di calore da uccidere gente a 11 km di distanza. Plinio il Giovane fu uno dei testimoni oculari dell’eruzione: si trovava nella baia di Napoli al momento delle esplosioni e ha descritto quello che ha visto, aiutandoci a comprendere l’accaduto. Pomici e ceneri, che sono le normali componenti del magma lavico, sono stati espulsi violentemente dalla presenza dei gas vulcanici, polverizzati in una eruzione esplosiva.
Dai dati raccolti in altre eruzioni, anche recenti, è possibile ricostruire con minuziosa attendibilità, quanto accaduto dal Vesuvio: 12 ore dopo la prima eruzione, il vulcano continuava a scaraventare in aria milioni di tonnellate di detriti vulcanici e Pompei ed Ercolano erano sommerse da ceneri e pomici. La colonna eruttiva di 32 km iniziava a cedere sotto il suo stesso peso e intorno alle 2 del mattino, una parte della colonna è collassata riversando una colata piroclastica sui fianchi del vulcano, una valanga di gas roventi e polveri che viaggiava ad altissima velocità, con una temperatura interna di oltre 500 gradi centigradi. L’ondata di gas incandescenti e ceneri ha impiagato meno di 5 minuti a colpire Ercolano e le persone all’interno delle rimesse delle barche sono state uccise all’istante dall’intensa ondata di calore che ha vaporizzato la carne, mentre la pressione interna ha provocato la rottura del cranio.
La colata piroclastica aveva esaurito l’energia prima di raggiungere Pompei , dopo aver travolto Ercolano. Col trascorrere del tempo ce ne sono state altre due: gli abitanti di Pompei, ignari del pericolo, forti della diminuzione della pioggia di cenere e detriti, alle prime ore del mattino si riversarono nelle loro case e raccattare beni personali e preziosi.
Ma analizziamo alcuni dettagli. Il Macellum, luogo di mercato affollato e maleodorante, punto di incontro giornaliero di parte dei 20 mila abitanti di Pompei, oggi è il luogo di riposo di due vittime del Vesuvio: una donna con le braccia alzate, nella cosiddetta “posa del pugile”, recentemente studiata dagli archeologi forensi, e un uomo. La posizione della donna, ritengono gli studiosi, sia quella di una persona che si protegge da calore intenso prima di morire: i muscoli si induriscono e si accorciano, gli arti si piegano e assumono quella particolare postura.
I 5 km che separano le due città hanno raffreddato l’ondata di calore dai 500 ai 300 gradi circa ma ancora calda da uccidere le persone in tempo molto minimo, non abbastanza da vaporizzarne la carne! E’ una teoria che solleva anche la questione degli abiti ancora visibili sui calchi di Pompei: all’Università di Edimburgo, con moderne attrezzature che generano una violenta propagazione del fuoco, hanno ricreato la colata piroclastica. Hanno avvolto della carne di maiale in una lana cotta simile agli abiti dei pompeiani esponendola a un’ondata di calore di circa 300 gradi, simile alla colata piroclastica scesa dai fianchi del vulcano a 65 km orari. I Pompeiani sono stati esposti alla colata per circa 150 secondi e il campione ha subito il medesimo trattamento: il tessuto si è leggermente carbonizzato, la carne si è ovviamente cotta, dimostrando che i Pompeiani non sono morti per soffocamento ma a causa dell’ondata di calore!
Alle 7.30 del mattino, con la quarta colata piroclastica, i gas e i detriti sono precipitati a terra, fino a raggiungere Pompei e i suoi abitanti, investiti da un’intensa ondata di calore. L’eruzione del Vesuvio ha contato ben sei colate piroclastiche e la cenere che ha sepolto i corpi, col trascorrere del tempo, si è indurita chiudendoli in un guscio compatto. La carne all’interno si è decomposta lasciando posto a una cavità , creando il calco perfetto di ogni vittima nella sua posizione finale!
Grazie all’intuizione di Giuseppe Fiorelli, archeologo e direttore degli Scavi di Pompei di fine ‘800, colando gesso liquido nel vuoto lasciato nei corpi, si ottennero gli splendidi calchi oggi ancora ammirabili e unici al mondo! La cenere era talmente sottile che ha addirittura conservato i tratti dei volti e i particolari dei vestiti a quel tempo, permettendone anche moderne ricostruzioni facciali.
Questa visita a Pompei ed Ercolano volge al termine e presto tornerò con altri avvincenti e nuovi argomenti sulla città sospesa nel tempo…
Daniele Mancini
Per ulteriori informazioni e bibliografia:
- Soprintendenza Pompei
- A- De Vos, M. De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma 1982
- E. Cantarella, L. Jacobelli, Pompei è viva, Milano 2013