ARCHEOLOGIA CRIMINALE: LA TOMBAROLI & CO.
Ho il dovere di affrontare un argomento scottante: sarà utile per risvegliare qualche sopita coscienza? Il nostro patrimonio archeologico è in pericolo? Come combattere la poco emerita Archeologia Criminale?
L’Italia ha un patrimonio archeologico immenso e il numero di reperti ancora sotto il suolo è incalcolabile: nonostante le leggi italiane vietino espressamente gli scavi e la vendita dei beni culturali, a farlo sono in molti! Negli anni, nonostante gli sforzi di musei e soprintendenze, si è creato uno dei mercati neri più attivi del mondo. Solo nel 2014 le forze dell’ordine preposte per il recupero, hanno sequestrato beni per un valore di oltre 80 milioni di euro!
Ma chi guadagna oggi dal mercato nero dell’arte? In una intervista, Giovanni Evangelisti, un ex boscaiolo e ex tombarolo viterbese che ha scavato nella sua zona per oltre 40 anni, vendendo opere d’arte trafugate fino agli inizi del 2000, afferma: “La zona che ho battuto era un’immensa necropoli etrusca: se non trovavi qualcosa alla prima buca, sicuramente la seconda avrebbe prodotto ricco bottino! I tombaroli sono tombaroli, sono saccheggiatori. A me interessava trovare quella roba per il piacere di possederla, magari per un giorno soltanto e poi poterla rivendere. Uno che ha fatto questo “lavoro” per 40/45 anni, non lo fa solo per passione o solo per lucro, lo fa per la combinazione delle cose”.
Mi permetto di aggiungere: INCREDIBILE!
Il sottosuolo italiano è ancora pieno di “tesori” nascosti e molti scavano illegalmente. Solo nel 2014 sono state denunciate circa 1300 persone e sono circa 60 gli scavi clandestini scoperti rendendo l’Italia uno degli epicentri di un mercato nero che globalmente frutta oltre 8 miliardi di euro l’anno! Nonostante gli sforzi da parte dello Stato e alcuni sequestri importanti, contrastare il fenomeno sembra una battaglia persa-
La regione italiana a cui vengono rubate più opere è il Lazio e la Provincia di Viterbo, un tempo al centro dell’Etruria, è la zona più colpita. Sotto la città di Viterbo si snoda un reticolo di gallerie etrusche pesantemente oggetto di scavi clandestini senza sosta. Ad ogni metro sono visibili palesi manomissioni delle pareti e del terreno delle gallerie, dove sono presenti ancora “cocci” non portati via… Ma gli scavi ancora oggi proseguono, certi di giungere all’agognato tesoro di sculture, monili, ori, vasellame.
I destinatari degli oggetti rinvenuti dai tombaroli sono solitamente dei collezionisti che arriverebbe a pagare anche 30/40 mila euro per un oinochoe del periodo orientalizzante… Spesso la sensibilità patriottica del tombarolo lo induce a scegliere collezionisti del mercato italiano… I tombaroli sono solo il primo anello della catena al cui vertice ci sono sempre stati i grandi trafficanti che fanno da tramite tra i tombaroli sul territorio e i musei o i grandi collezionisti.
Gianfranco Becchina, ex mercante d’arte, coinvolto nel primo grande processo sul traffico internazionale di beni archeologici, accusato di avere rapporti con esponenti di Cosa Nostra, è stato uno dei grandi protagonisti del business di reperti archeologici per decenni. Nel 2001 è stato accusato di associazione a delinquere, falso e ricettazione di beni archeologici per diversi milioni di euro. Ma dopo diversi anni il processo si è chiuso con una prescrizione, Oggi lavoro nel mondo della produzione dell’olio di oliva.
Becchina afferma di ritenere “crudele” l’attuale legge italiana di protezione dei beni culturali secondo la quale se un cittadino dovesse imbattersi nel rinvenimento di un reperto archeologico, deve consegnarlo allo Stato e non venderglielo! Secondo l’accusa, Becchina avrebbe acquistato in modo illegale migliaia di opere per rivenderle ai più grandi musei del mondo attraverso la sua galleria di antichità in Svizzera. Quelle opere venivano restaurate e provviste dei documenti necessari per essere inserite nel circuito legale, fornendo l’opportunità, ai mercanti stranieri, di trasferire le opere all’estero.
Nei magazzini del Nucleo Tutela del Patrimonio dei Carabinieri sono presenti opere esportate illecitamente fuori dall’Italia e molte di queste, presenti in aste di grandi città straniere, sono tornate in Italia grazie al pronto intervento del Nucleo. Il rischio penale per un tombarolo varia dai 4 ai 6 anni di carcere ma il danno prodotto al patrimonio artistico italiano è immenso! Ma pene così basse hanno incentivato il traffico internazionale e i reperti rubati giungono negli Stati Uniti e in Giappone passando per l’Europa, dove molti di essi sono ancora esposti in musei come il Louvre o la Carlsberg Glyptotek di Copenaghen.
Maurizio Pellegrini, responsabile della Sezione Contrasto agli Scavi clandestini della Soprintendenza dell’Etruria, afferma che i tombaroli producono un danno incalcolabile perché quanto trafugato dalle tombe non ha più nulla da raccontare, si perdono le interrelazioni tra i materiali e i corredi con cui erano sepolti, il bene è decontestualizzato!
Un altro problema è far rientrare le opere in Itali: poi, però, una volta recuperate, rimangono impacchettate nei magazzini dei musei! La cronica mancanza di denari per restauri, per ampliare le esposizioni o per una semplice mostra, blocca ogni possibilità di fruizione del bene recuperato. Nonostante l’Italia sia la nazione con il maggior numero di siti inclusi nella del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, non sembra essere in grado di proteggerli. Si è creata una situazione paradossale per cui, per mancanza di fondi, migliaia di reperti sequestrati rimangono nei magazzini, pesando ancor di più sulle casse dello Stato, mentre una parte del Patrimonio resta ancora sotto terra esposta ai danni incalcolabili prodotti da coloro che vedono in questi beni solo un mezzo per realizzare “vil” denaro.
Affinché i rischi rimarranno minimi e le possibilità di guadagno saranno altissime, chi gravita nel mercato nero dei beni culturali continuerà a farlo, dai trafficanti ai tombaroli!
Si mediti!
Daniele Mancini