DA UNO STUDIO, ALTRA CAUSA DELLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO!
Vomito, dissenteria e danni al fegato sarebbero stati i frequenti sintomi che avrebbero colpito gli abitanti di Pompei, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Toxicology Letters, condotto da Kaare Lund della University of Southern Denmark, di Odense, sulla vita quotidiana dei cittadini di Pompei.
Livelli tossici di antimonio sono stati scoperti in un tubo della rete idrica di Pompei, sepolto sotto la cenere liberata dall’eruzione fatale del Vesuvio nell’anno 79 d.C. e i tubi avvelenati possono aver contribuito alla cattiva salute pubblica.
Oltre alle tracce di antimonio, si ricorda che i tubi erano fatti di piombo, un metallo pesante estremamente velenoso e molti storici hanno sostenuto che l’uso diffuso del tossico piombo nell’Impero Romano è stato quello che avrebbe portato alla sua caduta.
Secondo Kaare Lund già i Greci sapevano che il piombo era velenoso, ma in qualche modo questa conoscenza fu persa nel periodo romano, tanto che i romani non si comportavano certamente come se fosse un materiale velenoso. Anzi lo utilizzavano quali tubi di lavoro, per l’addolcimento del vino, per riempire piccoli fori negli acquedotti e, ovviamente, per la rete idrica pubblica e privata.
Lund e i suoi colleghi hanno quindi proposto una teoria alternativa che conduca l’avvelenamento da metalli pesanti alla scomparsa dell’impero. Se il calcare ha parzialmente attenuato gli effetti del piombo grazie alla calcificazione delle tubature, l’antimonio, invece, molto più tossico del piombo, avrebbe potuto condurre a gravi problemi di salute, anche se assunto in piccole quantità diluite nell’acqua potabile. L’antimonio irrita il tratto digestivo, causando vomito intenso e dissenteria. Inoltre danneggia il fegato e i reni e, in dosi abbastanza elevate, può causare anche l’arresto cardiaco.
Il team di studiosi danese ha analizzato un frammento di tubo in piombo delle condotte idriche di Pompei, rinvenendo consistenti livelli tossici di antimonio. Secondo gli studiosi, il piombo utilizzato per le tubature potrebbe essere stato indurito da maggiori o minori quantità di antimonio che rendono il metallo più consistente e resistente.
La forza della teoria esposta dipenderà da quanto diffuso l’uso di piombo con antimonio sia riscontrabile durante il periodo romano. Per testare questa deduzione ulteriore, la squadra dovrà analizzare altri campioni di tubi provenienti da altre fonti e altri luoghi. Ma questo non sarà un compito facile. Il patrimonio culturale romano in Italia è altamente protetto e il campionamento dei tubi è un processo invasivo che comporta la distruzione di una quantità, seppur minima, di circa 40 mg, di metallo.
Le moderne tecniche di analisi dei metalli antichi relativi a manufatti culturali sono sempre auto-limitanti perché si cerca di lasciare quanto più materiale possibile per studi futuri con migliori tecnologie e, soprattutto, per ottenere nuovi campioni Lund dovrà richiedere nuovi permessi, sempre difficili dall’essere concessi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: ScieceDirect/Toxicology Letters