giovedì, 21 Novembre 2024
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“QUESTA E’ SPARTA!” – seconda parte

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Prosegua la disamina archeo-storica della storia di Sparta. Per la prima parte, clicca qui.

Buona lettura.


Un evento fondamentale sulla strada di Sparta per diventare una società più militaristica è stata la conquista della terra di Messenia, situata a ovest di Sparta, e la trasformazione della sua popolazione in Iloti, gli schiavi della polis! Secondo alcuni storici, questa conquista sembra sia avvenuta nell’VIII sec. a.C., confermata da testimonianze archeologiche provenienti dalla città di Messene che mostrano che l’ultimo insediamento ci sia stato tra la fine dell’VIII e linizio del VII sec. a.C., prima dell’inizio di un periodo di totale e definitivo abbandono.

L’incorporazione della gente di Messenia nella popolazione schiava di Sparta è stata importante poiché ha fornito alla polis i mezzi “umani” per mantenere un esercito, permanente in Grecia, di origine locale con tutti i propri cittadini maschi adulti, delegando gli schiavi al pesante lavoro manuale. Ma mantenere questa popolazione di schiavi è stato un problema che gli Spartani riacutizzatosi nei secoli successivi, a causa dell’eccessivo abuso di metodi crudeli e repressivi. Plutarco, scrittore greco vissuto tra il 46 e il 120 d.C. ha sostenuto che gli Spartani abbiano usato ciò che oggi potremmo definire “squadroni della morte”.

Infatti scrive, attingendo ad Aristotele, che i magistrati spartani avrebbero mandato i giovani più svegli e intelligenti nel territorio degli Iloti, armati di pugnali e forniti di viveri. Di giorno, spargendosi per luoghi occulti, si sarebbero nascosti e si sarebbero riposati; di notte, scendendo nei sentieri frequentati dagl’Iloti, avrebbero ucciso quelli che capitavano loro davanti. Questa specie di servizio militare e le squadre di giovani addette a questo, si chiamavano criptie.

La poesia spartana scritta nel VII secolo a.C., invece, suggerisce atteggiamenti verso una società più marziale. Tirteo scrive di esortazioni al coraggio e la sua morale è quella della guerra
e la sua poesia è la continua, sfrenata esaltazione della potenza guerriera degli Spartani.

La presenza di un gran numero di schiavi ha reso, quindi, possibile gli uomini spartani si affrancassero dal lavoro manuale e ha permesso a Sparta di costruire un sistema di formazione dei cittadini che preparasse i bambini della città alla durezza della guerra.

A sette anni, un ragazzo spartano sarebbe stato portato via dalla madre e cresciuto in caserme, sotto gli occhi dei ragazzi più anziani. Durante il periodo di “addestramento”, i ragazzi sarebbero stati sconfitti per incoraggiarne il rispetto (aidos) e l’obbedienza, sarebbero stati vestiti in malo modo per renderli duri e sarebbero stati affamati per renderli resistenti alla fame. Se avessero avuto troppa fame, i ragazzi sarebbero stati incoraggiati a tentare di rubare, ma puniti qualora fossero stati catturati o colti sul fatto. Gli Spartani si sarebbero addestrati rigorosamente e avrebbero progredito attraverso questo sistema di formazione che avrebbe coinvolto i cittadini della polis fino all’età di 20 anni; poi sarebbero stati ammessi a unirsi al comune ideale spartano e, quindi, diventare cittadino pieno della comunità.

Coloro che non avrebbero potuto combattere a causa di disabilità, sarebbero stati derisi e allontanati dagli altri membri della società: a causa delle loro estreme norme di superiorità maschile, gli Spartani si sarebbero mostrati duri nei confronti di coloro che non sarebbero stati capaci, mentre avrebbero premiato coloro che sarebbero stati in grado di superare le difficoltà, nonostante le loro disfunzioni o disabilità.

I neonati che sarebbero stati giudicati disagiati dagli anziani di Sparta, avrebbero subito l’estrema punizione della morte.

Ricorda Plutarco, sempre nel I sec. d.C.: “I genitori non avevano diritto di allevare i figli, ma dovevano portarli in un luogo chiamato lesche, dove gli anziani esaminavano il bambino: se lo vedevano sano e robusto ne disponevano l’allevamento e gli assegnavano in anticipo una porzione di terreno demaniale; se invece lo trovavano gracile e malfatto, ordinavano che fosse gettato in una voragine del monte Taigeto, detta Apotete. Non conveniva infatti né alla polis né al bambino stesso che fosse lasciato crescere per restare sempre debole e dal fisico infelice. […]

— CONTINUA–

 

Daniele Mancini 

Per ulteriori info:

  • E. Lendon, Soldiers and Ghosts. A History of Battle in Classical Antiquity, Yale University Press 2005
  • Plutarco, Le vite, Torino 1992

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