mercoledì, 27 Novembre 2024
NuoveTecnologie

LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE PARTE DALLE NUOVE TECNOLOGIE

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Come possiamo proteggere e preservare il patrimonio culturale? I ricercatori di 16 dei circa 60 Istituti Fraunhofer per la ricerca applicata stanno collaborando a un ambizioso progetto per la salvaguardia del patrimonio culturale sviluppando le tecnologie necessarie per questa impresa.

La tutela e la conservazione dei tesori dell’arte non sono solo responsabilità di restauratori, archeologi, studiosi e ricercato, enti pubblici preposti: questo compito richiede un impegno che, a oggi, necessità di ricerca e soluzioni high-tech messe a disposizione da nuovi approcci scientifici.

In alcuni dei laboratori Fraunhofer numerosi ricercatori lavorano proprio su questo tipo di soluzioni, collaborando al progetto di ricerca sul patrimonio culturale, insieme alla Dresden State Art Collections e alla
Saxon State and University Library Dresden (SLUB). Il consiglio esecutivo di Fraunhofer sostiene il progetto con un finanziamento di 1,5 milioni di euro!

Vi descrivo le tecnologie che il progetto ha preso in considerazione.

Digitalizzazione tridimensionale su un nastro trasportatore. Un modo per salvare il nostro patrimonio culturale e renderlo disponibile ai futuri fruitori è quello di digitalizzare le opere d’arte in 3-D e permettere ai visitatori dei musei di tutto il mondo, per iniziare, di passeggiare virtualmente attraverso l’antichi edifici adornati delle proprie decorazioni.

Pedro Santos, responsabile dell’Institute for Computer Graphics Research IGD presso l’Istituto Fraunhofe a Darmstadt, ritiene che se fino a oggi le digitalizzazioni tridimensionali erano un’impresa che richiedeva molto tempo e denaro, per la prima volta, la struttura di scansione automatizzata CultLab3D realizzata consente di trasferire intere collezioni museali nel mondo digitale e reale.

Il progetto prevede, infatti, che sarebbe sufficiente scansire il codice QR di un oggetto e il resto avviene automaticamente. Il risultato è una replica tridimensionale, prodotto ad una velocità piuttosto elevata: un nuovo manufatto può essere scansito ogni cinque minuti grazie a nove fotocamere che fotografano l’oggetto da più lati.

Il software speciale elabora queste immagini per generare la replica tridimensionale. Questo metodo funziona, oggi, anche con statue di grandi dimensioni, sebbene debba essere eseguito attentamente con sistemi gestiti manualmente, anziché automaticamente. È così che i ricercatori di Fraunhofer IGD hanno digitalizzato l’Altare di Pergamo utilizzando uno scanner laser leggero. 

Gli studi prevedono un ulteriore passo in avanti: in futuro, afferma Constanze Fuhrmann, coordinatrice del progetto “Sculptures: Novel damage and material analysis in 3-D” al Fraunhofer IGD, non sarà possibile riprodurre il manufatto dal punto di vista geometrico e delle proprietà del materiale, ma sarà possibile ottenere anche le caratteristiche interne dell’opera d’arte.

Saranno, dunque, combinate varie tecnologie, in modo uniforme, per formare un modello 3D tecnologicamente identico all’originale, sia esternamente che internamente, consentendo di ottenere anche analisi del materiale di composizione ed eventuali danni subiti.

La digitalizzazione tridimensionale incontra gli ultrasuoni. Gli studiosi esperti hanno ampliato l’approccio CultLab3D includendo un’analisi ecografica. Peter-Karl Weber, ingegnere biomedico all’Istituto Fraunhofer, ritiene che nella rappresentazione digitale, i restauratori possono osservare immediatamente se ci sono instabilità nascoste nel materiale di composizione, corrosione o mancanze in pochi secondi.

L’analisi ecografica è resa possibile da una particolare cintura elastica fissata all’oggetto. Un vero e proprio trasduttore a ultrasuoni è collegato a ciascuna cinghia, mentre speciali circuiti consentono a questi trasduttori di passare tra trasmettitore e ricevitore; senza dover riposizionare costantemente il trasduttore a ultrasuoni, basta posizionare la cintura sull’opera d’arte. Sui trasduttori, inoltre, una telecamera può identificare la posizione in cui è stato registrato il tomogramma ultrasonico e il software inserisce le immagini ad ultrasuoni nella scansione digitale.

Per gli esami ad ultrasuoni, i medici applicano un gel sulla pelle dei pazienti per trasmettere le onde ultrasoniche nel corpo, ma questo gel danneggerebbe le opere d’arte. I ricercatori dell’Istituto Fraunhofer, sezione Applied Polymer Research IAP, stanno sviluppando un materiale che consenta di eseguire test ultrasonici a secco con un materiale che ha le stesse proprietà del gel e può essere rimosso senza lasciare residui. 

Oro smaltato nelle Volte Verdi. Le Volte Verdi nel Castello di Dresda sono uno dei musei più famosi della Sassonia. Ospita, tra l’altro, i gioielli realizzati dall’orafo Johann Melchior Dinglinger, tra cui una miniatura settecentesca composta da oltre 150 figure tra persone e animali che rappresenta l’immaginario europeo circa i palazzi arabi dell’India, il famoso “Palazzo di Delhi durante il compleanno del Mogul Aurangzeb“.

Per decenni, i gioielli sono stati esposti in vetrine che hanno assorbito molte sostanze nocive. Di conseguenza, il prezioso esmalto ha iniziato gradualmente a staccarsi. I frammenti sono stati meticolosamente raccolti, ma era necessario trovare un metodo affinché i restauratori potessero riattaccarli.

Gerhard Schottner, capo del dipartimento della ricerca sui silicati presso l’Istituto Fraunhofer di Wurzburg, ha sviluppato un materiale adatto già venti anni fa: lo smalto ORMOCER. Oltre alla sua idoneità per la conservazione duratura dei manufatti smaltati, può anche legare in modo permanente l’avorio e il cristallo di rocca, come è stato scoperto nel laboratorio di restauro delle collezioni d’arte di Dresda.

Qualsiasi materiale di protezione e restauro avrebbe dovuto soddisfare alcuni requisiti estremamente rigidi: la trasparenza, essere altamente durevole, avere proprietà simili al vetro, capacità di fissaggio tra lo smalto e il metallo.

Sfortunatamente, nel corso degli anni, le materie prime fornite da fonti industriali sono divenute non disponibili nella qualità richiesta e anche le più piccole impurità possono portare a differenze nella sintesi di questi composti silicio-organici.

Per preservare il patrimonio culturale è necessario il materiale della miglior qualità ,a le quantità necessarie sono esigue, non redditizie per le aziende produttrici indirizzate al mero profitto. Il progetto del consiglio esecutivo dell’istituto e i finanziamenti della German Federal Environmental Foundation hanno offerto una via d’uscita a questo dilemma. 

Il team di Wurzburg ha analizzato le materie prime e le singole fasi della produzione dell’ORMOCER fino all’ultimo dettaglio delle reazioni chimiche, compresi i livelli di umidità e temperatura, esaminando l’impatto dei vari solventi sul prodotto finale. Ora il processo è quasi completo: il materiale è in fase di test finale e i restauratori e i produttori sono estremamente soddisfatti.

Qualche raggio di sole nella tempesta è ancora visibile…

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Fraunhofer-Gesellschaft 

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