PANTHEON, IL TEMPIO DI TUTTI GLI DEI
Il Pantheon è uno degli edifici più grandi e, certamente, uno dei più importanti nella storia dell’architettura romana: la versione visitabile oggi è stata iniziata nel 118 d.C., grazie alla committenza dell’Imperatore Adriano, inaugurata quasi dieci anni dopo.
La sua costruzione è stata in parte ispirata dalla necessità di erigere nuovamente uno dei templi più antichi di Roma. Una precedente struttura denominata ugualmente Pantheon era stata costruita sullo stesso sito nel Campo Marzio da Marco Agrippa, intorno al 27 a.C. L’edificio di Agrippa era stato restaurato e nuovamente inaugurato da Domiziano, dopo un vasto incendio che ha colpito Roma nell’80 d.C.; dopo un ennesimo incendio a causa di un fulmine del 110 d.C., al tempio era stato dato nuovo lustro.
La necessità di restaurare il Pantheon, comunque, dette ad Adriano e ai suoi architetti anche la possibilità di sfruttare nuove forme architettoniche e tecniche edilizie, per esprimere sia la sofisticata sensibilità religiosa dell’imperatore, sia un senso di ordine cosmico che rispecchiava la visione dell’impero romano al suo culmine.
I dettagli dell’edificio riflettono l’abilità e la preparazione di architetti e ingegneri altamente praparati, ma è probabile che Adriano, che sappiamo essere stato un artista dilettante, abbia avuto opinioni molto decise rivestendo un ruolo primario nel progetto.
La struttura si compone di due parti distinte: un pronao dall’aspetto tradizionale, con le colonne corinzie sormontate dalla trabeazione e da un alto timpano; un ampia rotonda coperta da una cupola, misurante mt 43,2 sia di diametro che in altezza. La congiunzione di queste due unità, oggi, appare poco armoniosa, ma nell’antichità sarebbe stata in gran parte mascherata da un portico su tre lati che circondava il grande cortile anteriore rettangolare dell’edificio.
La sofisticata ammirazione di Adriano per il passato è ben documentata e, sebbene le colonne di granito egizio prive di scanalature (alte mt 12,5) e altri dettagli architettonici siano in modo inconfondibile prodotti della sua era, è evidente che egli si sforzò di riecheggiare l’architettura di un’epoca anteriore nelle forme rettilinee del portico colonnato.
Questo interesse per l’evocazione nostalgica ha portato alla conservazione o alla nuova creazione dell’iscrizione dedicatoria di Marco Agrippa per il Pantheon originario.
Il muro cilindrico di calcestruzzo, che forma le pareti di questa enorme camera è spesso 20 piedi romani (circa mt 6) e si estende in alto per metà dell’altezza totale. Un gruppo di vani semicircolari e rettangolari aperti in questo muro aveva il vantaggio pratico di permettere al calcestruzzo di asciugarsi in modo più regolare e veloce; questi vani, presumibilmente, fungevano da cappelle, o per lo meno da nicchie, che avrebbero dovuto ospitare delle sculture una volta che il Pantheon fosse stato completato e fosse entrato in funzione.
La grande volta a cassettoni che si eleva sulla sommità del tamburo, e che costituisce la metà superiore dell’edificio, è stata colata in un calcestruzzo che diventava sempre più leggero, diminuendo in spessore, terminando in una grande apertura circolare (chiamata oculus), dal diametro di 30 piedi romani (quasi mt 9).
Il significato religioso e la funzione del Pantheon non sono del tutto chiari, e al riguardo continuano a fiorire le ipotesi.
«Pantheon» è una parola di origine greca, ma non si sa con certezza se il termine latino derivi dal genitivo plurale greco («di tutti gli dèi») o da un nominativo neutro singolare («l’interamente sacro»). Forse deriva da entrambi.
L’antico storico Cassio Dione riferisce che il precedente Pantheon di Agrippa conteneva le statue di molte divinità e ciò, probabilmente, valeva anche per l’edificio di Adriano, ma ignoriamo quali particolari divinità avessero al suo interno i loro luoghi di culto e in che ordine questi fossero disposti. In ogni caso, la fusione della regolare geometria nel Pantheon e del senso dell’infinito, trasmesso dall’ampia cupola e dal cielo sovrastante, può essere stata più significativa dei poteri distinti e determinabili dei singoli dei.
Lo sguardo dei devoti, dunque, si elevava dalle nicchie con le statue, ornate da marmi colorati e da dorature, alla cupola con il disegno geometrico dei cassettoni, che vanno rastremandosi man mano che si innalzano verso la sommità arrivando infine alla pura luce bianca dell’oculus.
La concezione trascendentale e sincretistica generata dalla visione all’interno del monumento è in armonia con l’atmosfera religiosa del pieno impero romano e, sicuramente, con le personali inclinazioni religiose di Adriano.
Con l’avanzare delle stagioni, il grande fascio di luce entrava dall’apertura centrale e illuminava, nelle diverse ore del giorno e nei vari periodi dell’anno, i piccoli santuari all’interno, incarnando l’essenza della natura divina romana in simbiosi con l’architettura del monumento.
Il Pantheon, per il livello dell’epoca, era una spettacolare opera d’ingegneria tipicamente romana nell’uso delle forme curvilinee, colate in calcestruzzo, che dovevano creare uno spazio interiore che era un mondo a sé stante, con il potere di toccare l’animo del devoto visitatore.
Daniele Mancini
Bibliografia consultata:
- J. Boardman (a cura di), Storia Oxford, L’arte classica, Oxford 1993
- J. B. Ward-Perkins, Architettura romana, Milano 1974
- R. Bianchi Bandinelli, Roma. L’arte romana nel centro del potere, Milano 1999