venerdì, 22 Novembre 2024
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L’UNIVERSITÀ D’ANNUNZIO A TEBE, EGITTO

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L’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti – Pescara è titolare di numerose e prestigiose missioni archeologiche all’estero, da Cirene, in Libia, l’MPM Project a Cipro, a Bliesbruck Reinheim, in Francia (diretto da Sonia Antonelli, docente della cattedra di Archeologia Cristiana e Medievale), a Durazzo, in Albania, (diretto da Sonia Antonelli e Marco Moderato, assegnista DiSPuTer), a Maday, in India (diretto da Vasco La Salvia, docente della cattedra di Metodologie della Ricerca archeologica e Marco Moderato) e a Tebe, nella Valle dei Notabili, in Egitto.

Mario Verin all'opera e l'archeologa Ilaria Zelante
Mario Verin all’opera e la restauratrice Ilaria Zelante – Foto di Daniele Mancini

La recente missione di gennaio febbraio 2020, l’ultima missione archeologica prima dei blocchi imposti dall’emergenza sanitaria, si è tenuta proprio a Tebe, missione che ho avuto la fortuna di visitare durante il mio ultimo viaggio in Egitto e che è stata seguita anche da un team EuroTeCH-Erasmus+, il progetto europeo  che mira ad aumentare il livello delle qualifiche e potenziare le possibilità di carriera professionale degli archeologi, coordinato da Oliva Menozzi, docente di Archeologia Classica della D’Annunzio.

Del team, che ha partecipato a meeting in situ con lezioni agli studenti intervenuti per un diretto coinvolgimento sul campo, erano presenti Francis Tasseaux, archeologo e professore emerito dell’Università di Bordeaux, Piotr Dyczek, Janusz Recław,
Wojciech Ejsmond, Krzysztof Narloch
, dell’Università di Varsavia, la giornalista Giulia Castelli Gattinara e il fotografo Mario Verin, che hanno pubblicato un articolo su Il Giornale dell’Arte, n.407, Aprile 2020 (pp. 30-32). Dal Ministry of Antiquities egiziano, un dovuto ringraziamento, per cortesia, gentilezze e disponibilità, è doveroso farlo a Dr. Fathi Yasin, General Manger of the Archaeology in the West Bank, Dr. Bahaa Abd el Gaber, General Manager, Dr. Ramadan Ahmed, Director of the Missions, Dr. Ezz  el Noby, Director of the Archaeology of the Middle area of the West Bank, Dr. Ahmed Boghdady, Chief inspector of the Middle area of the West Bank, Mohamed Ahmed Selim Abo el Hagag, Ispector, Manal Nasif, Conservator, Mohamed Basry, restorer.

The group of EuroTeCH Project thanks greatefully the Dir. of Missions Ramadan Ahmed, the Dir. of Middle area of WB Ezz  el Noby, the Chief of Insp. Ahmed Boghdady,  and the Inspector Mohamed Ahmed Selim Abo el Hagag FOR THEIR KIND WELLCOME IN THE SITE AND FOR THEIR LECTURES AND EXPLANATIONS in occasion of the meeting in the TT49 context. THANKS A LOT

La missione archeologica, diretta da Oliva Menozzi, coadiuvata dai borsisti Giorgia Di Antonio ed Eugenio di Valerio, da quasi dieci anni si occupa dalle Tomba di Neferhotep, la TT49 (acronimo di Theban Tombs n. 49), non così spettacolare, ma scientificamente completa e densa di spunti storico archeologici di rilievo. Secondo la Menozzi «Ciò che rende speciale questa tomba è il palinsesto di culture e fasi storiche che si susseguono in un arco di tempo che va dalla XVIII dinastia (1300 a.C. circa) all’epoca tolemaica, e più oltre al periodo copto. Con il riutilizzo degli stessi ambienti e la loro trasformazione secondo le necessità del momento».

Oltre al team di Chieti, nel complesso funerario di Neferhotep lavorano altri tre gruppi: quello dell’egittologa argentina Maria Violeta Pereyra, direttrice del progetto, che da anni conduce studi minuziosi sulle decorazioni della cappella funeraria principale; a lei si affianca il team di Antonio Brancaglion, egittologo e curatore della sezione egizia del Museo Nazionale di Rio de Janeiro, salito alla ribalta delle cronache per il doloroso incendio del 2018; l’équipe tedesca di restauratori guidata da Christine Verbeek conduce i lavori all’interno dell’ipogeo.

Illustri studiosi, dai nomi altisonanti, hanno preceduto l’attuale team internazionale in preliminari studi sulla tomba e le sue decorazioni: Edward William Lane, Jean-François Champollion, Ippolito Rosellini, Theodore Davies e John Gardner Wilkinson.

Decorazione amarniana nella TT49
Decorazione amarniana nella TT49 – Foto di Daniele Mancini

Per ripulire le decorazione da una pesante patina nera provocata da falò accesi nella tomba, la Verbeek ha usato per la prima volta il laser: «Ero davvero spaventata dal lavoro, le pitture erano quasi invisibili. Inizialmente abbiamo provato le tecniche conosciute che si usano in questi casi, ma nessuna sembrava efficace. La copertura nera era grassa e resistente a causa degli oli bruciati e dei bendaggi delle mummie. Allora abbiamo pensato al laser e siamo rimasti sbalorditi dal risultato»

Le iconografie delle decorazioni rimandano a un periodo particolare della storia egiziana, l’Epoca amarniana (secondo quarto del XIV secolo a.C.) quando è salito sul trono del regno egiziano il faraone Amenhotep IV, ancor meglio conosciuto come Akhenaton!

Akhenaton è noto per essere definito il faraone eretico, colui che avrebbe condotto la religione egizia verso uno pseudo-monoteismo. Quanto di più errato: la riforma del faraone, in estremo contrasto con il ricco e potente clero tebano, viaggiava verso una religione di stampo enoteistica monolatrica che prevede la preminenza di un dio su tutti gli altri, accentrandone il culto e senza escludere le altre divinità!

Nelle decorazioni della TT49, tomba di questo influente notabile reale, appare, unica nella valle, l’unica rappresentazione esistente del Tempio di Karnak, nella sua configurazione prima delle evoluzioni architettoniche ramessidi e quelle successive.

Di una scena particolare, in cui il faraone porge una preziosa collana a Neferhotep e alla sua consorte, la Pereyra ne spiega il significato: «Credo che questa immagine del re che ricompensa i nobili sia l’espressione di una costruzione teologica realizzata per sostenere il potere politico del momento, a beneficio dei nobili, nella mediazione con il faraone».

Dal cortile antistante la TT49, si aprono gli ingressi ad altri ipogei funerari, di cui si occupa precipuamente la missione italiana. TT187, TT362, TT363, TT347 e TT348 sono le tombe che conducono a nuovi ambienti tutti nella classica conformazione architettonica della Necropli tebana, a T rovesciata, che abbracciano diversi periodi storici perché, spesso, riutilizzate.

La Menozzi: «La camera funeraria (TT362) è di epoca ramesside. Il soffitto stellato è da restaurare, ma si riconosce il disegno della barca funeraria, la preparazione della mummia con il dio Anubi e il trasporto del sarcofago. Poi nel Terzo Periodo Intermedio hanno scavato un pozzo e aggiunto una figura maschile, un nubiano che fa il saluto al sole. Il cartiglio del nome però va
a coprire la barca ramesside precedente».

Anche alcune di queste tombe sono state depredate da tombroli antichi e moderni ma, quest’anno, un deposito di circa 50 minuscoli «ushabti» in faïence integri e meno integri ha arricchito il tesoro archeologico di questo settore della necropoli, già parzialmente aperta ai turisti. Si auspica, a fine scavi, che anche la TT49 subisca la stessa lieta sorte.

Daniele Mancini

Foto gentilmente concesse da Mohamed Ahmed Selim Abo el Hagag

 

 

 

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