domenica, 24 Novembre 2024
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LA RESILIENZA DELLE POPOLAZIONI NORDICHE DELL’ETA’ DEL FERRO

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Un gruppo di ricerca multidisciplinare coordinato dall’Università di Helsinki, in uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE, ha datato le ossa di dozzine di un gruppo umano della cosiddetta Età del Ferro germanica o periodo delle invasioni rinvenute nel sito di Levanluhta, in Finlandia, e ha studiato i rapporti isotopici stabili di carbonio e azoto. I risultati forniscono una panoramica delle abitudini alimentari basate sugli ecosistemi terrestri, marini e di acqua dolce, nonché delle fonti di sostentamento durante il periodo di Levanluhta.

Levanluhta è tra i siti archeologici più singolari, anche su scala globale. Le ossa appartenenti a circa un centinaio di individui deceduti nell’Età del Ferro germanica sono state scoperte nel mezzo delle pianure dell’Ostrobotnia meridionale, nella Finlandia occidentale, già dal XVII secolo. I defunti furono sepolti all’incirca tra il IV e il IX secolo d.C. in un lago situato trasformato in zona paludosa a causa del rimbalzo post-glaciale e, successivamente, in terra bonificata e arabile dall’attività umana. Oggi, sono visibili tre sorgenti con la loro acqua rossa ferrosa, nei pressi delle quali è posta l’antica necropoli.

I segreti di questi resti dell’Età del Ferro germanica stanno iniziando a rivelarsi attraverso la misurazione degli isotopi di nuclei atomici. Lo studio pubblicato di recente offre una panoramica di una comunità diversificata che si basava su una gamma estremamente ampia di mezzi di sussistenza, che si abbina bene alla comprensione fornita dalle scoperte archeologiche.

Il carbonio e l’azoto negli alimenti umani finiscono nel sistema scheletrico e nei tessuti molli del corpo umano. Esistono tre isotopi di carbonio e due di azoto le cui informazioni relative agli eventi passati sono registrate nei contenuti e nei rapporti di questi isotopi.

Markku Oinonen, direttore del Laboratory of Chronology dell’Università di Helsinki, presenta la ricerca in cui i dati isotopici dei resti umani a Levanluhta sono divisi in tre gruppi distinti ma racchiusi in un evento unico nell’area del Mar Baltico.

Esiste una variazione tra i rapporti isotopici delle fonti alimentari terrestri, marine e di acqua dolce inclusi nei dati di base utilizzati nello studio. Grazie a questa variazione, la modellizzazione dietetica basata su analisi isotopiche genera informazioni sulle relative quote di questi diversi gruppi alimentari. Sembra che la maggior parte delle persone deposte a Levanluhta abbiano sfruttato tutte e tre le fonti di cibo a loro disposizione: il Golfo di Bothnia, le pianure e la natura selvaggia che li circondava e il fiume Kyronjoki, che scorre nelle vicinanze.

Nella maggior parte dei resti, la percentuale di fonti alimentari terrestri era all’incirca dell’85%, con un’enfasi sui prodotti alimentari ricchi di proteine. Questa è una tendenza che prevale nella popolazione di base per tutto il periodo.

In alcuni resti, si riscontra che circa la metà del cibo era stata catturata in mare, indicando la caccia alle foche o la pesca nel Golfo di Bothnia. Inoltre, dai dati risulta che un gruppo non abbia utilizzato risorse alimentari di acqua dolce. I ricercatori ritengono che potrebbe esserci una possibile connessione a collegamenti commerciali archeologicamente osservati con luoghi più lontani nell’area del Mar Baltico.

Nel mezzo del periodo di Levanluhta, si verificò anche il più grave disastro climatico degli ultimi 2000 anni. Eruzioni vulcaniche, forse di origine islandese, provocarono un periodo freddo e oscuro che durò diversi anni, forse riflesso nelle fiabe popolari dell’emisfero settentrionale. Recentemente i ricercatori che hanno lavorato al progetto guidato da Oinonen hanno trovato un legame tra il disastro e una riduzione della quantità di luce osservata negli isotopi di carbonio trovati negli anelli di crescita annuali degli alberi in Lapponia tra 541 e 544.

Alcune fonti nordiche narrano che il Fimbulwinter (letteralmente, “terribile inverno”) abbia causato un crollo dell’agricoltura nelle aree circostanti Svezia ed Estonia.

Il rapporto tra cibo consumato, proveniente da fonti terrestri, dalla popolazione Levanluhta non diminuisce dopo questo periodo. Il gruppo umano che invece si affida principalmente alle risorse marine inizia a scomparire. Il più grande gruppo della popolazione ha continuato a integrare la propria dieta con cibo marino, aumentandone la propria presenza nei resti umani sepolti a metà del VII secolo.

Gli alimenti ricchi di proteine ​​indicano prodotti derivati ​​dagli animali e sembra che, al posto dell’agricoltura, la maggior parte della popolazione, probabilmente, abbia basato il proprio sostentamento sulla zootecnia e sulla caccia. In effetti, il commercio di pellicce è stato tradizionalmente considerato la fonte di ricchezza durante l’Età del Ferro germanica in queste zone meridionali della divisione idrica di Suomenselka.

Precedenti ricerche genetiche indicano una connessione tra la popolazione di Levanluhta e il Sami (Lapponi). Segni dei diversi mezzi di sussistenza dell’Età del Ferro Sami sono stati precedentemente osservati in Svezia alle stesse latitudini. Ora i ricercatori stanno valutando se il sito di sepoltura dei laghi di Levanluhta potrebbe essere una manifestazione dei laghi sacri della mitologia Sami.

La quantità di radiocarbonio, l’isotopo radioattivo del carbonio, serve come prova cronologica, mentre i rapporti di isotopi stabili si riferiscono alle fonti alimentari utilizzate. Combinando i metodi, i ricercatori possono costruire serie temporali sui cambiamenti delle diete umane e dei mezzi di sussistenza nel tempo.

I ricercatori dell’Università di Helsinki hanno effettuato quasi 40 analisi al radiocarbonio e agli isotopi di carbonio e azoto con il materiale osseo rinvenuto a Levanluhta. La combinazione di questi risultati ha permesso di condurre modelli di dieta e analisi di serie temporali durante tutto il periodo Levanluhta.

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Scandinavia

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