giovedì, 21 Novembre 2024
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IL MUSEO EGIZIO DEL CAIRO – seconda parte

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In IL MUSEO EGIZIO DEL CAIRO – prima parte ho affrontato, in generale, la storia che ha portato alla nascita di uno dei più belli musei del mondo. Oggi, vi lascerò addentrare nella sua visita, sebbene, vi ricordo, molti dei reperti della collezione originaria sono già stati disposti nel nuovo GEM, sempre al Cario.

Di fronte all’ingresso, l’ampia sala è dedicata al Perioro Pre (dal 4000 a.C. alla Dinastia “0”) e Proto Dinastico (I e II Dinastia), i due periodi che  gli studiosi identificano, convenzionalmente, come le fasi di formazione dello stato egizio. Uno dei fiori all’occhiello del Museo egizio e è la Tavolozza o Paletta di Narmer, realizzata in scisto, che celebra proprio l’unificazione dello stato egizio sotto un unico sovrano.

Alta 64 cm e larga 42 cm, la Tavolozza di Narmer è riferibile alla cosiddetta Dinastia “0” (secondo una verosimile cronologia bassa corrisponderebbe al 2950 a.C. circa). La ricca decorazione della Tavolozza, ritrovata nel Tempio di Horus a Hierakonpolis, nel 1894, dagli archeologi Quibell e Green, presenta il trionfo del sovrano su entrambi i lati. In particolare, il verso presenta il re, nel registro principale, con la corona bianca dell’Alto Egitto (il sud del paese), raffigurato nell’atto di abbattere con una mazza levata un nemico vinto, tenuto per i capelli e inginocchiato, secondo uno schema figurativo che diverrà canonico e avrà grandissima fortuna per tutta la durata della civiltà egizia. Sul recto, nel registro superiore, Nermer, con la corona del Basso Egitto (il nord del paese), è incedente con in pugno una mazza, nell’atto di avanzare verso quattro portatori di stendardi che lo precedono con gli emblemi probabilmente di regioni o nòmoi vinti, al di là dei quali sono disposti, su due file, i corpi dei nemici suppliziati con le teste tagliate collocate tra le gambe.

A sinistra dell’ingresso del Museo egizio, si avvia il percorso dedicato all’Antico Regno dove è ancora alloggiata, in una teca, la statua del farone Djoser (III Dinastia) proveniente dal serdab (una camera destinata a conservare lo spirito del defunto) del suo complesso funerario. Proseguendo nella sala successiva, le tre triadi del farone Micerino (IV Dinastia) sono quelle che attirano i turisti: alte dai 92 ai 95 cm, realizzate in scisto grigio-verde, le statue, ritrovate da Reisner, nel 1908, nel tempio a valle di Micerino, a Giza, mostrano il faraone, sempre al centro, in cui in una stringe la mano della dea Hator, come una sposa, accompagnato dalla dea del nòmo di Diospolis Parva; in un’altra il sovrano non ha alcun contatto fisico con Hator né con il dio del nòmo tebano che incede alla sua sinistra; nella terza, il re è abbracciato da Hator e dalla dea del nòmo di Cinopoli, ricevendone la protezione. Il significato di questi gruppi statuari può essere identificato in offerte del sovrano alla dea Hator o materializzazioni dei nòmi d’Egitto che avrebbero garantito al re un potere imperituro anche dopo la morte.

Tra i reperti di rilievo ancora conservati nelle sale, troneggia la splendida statua in diorite del faraone Chefren (IV Dinastia). Alta 160 cm, larga 57 cm, questa superba statua è stata rinvenute nel 1860 da Mariette, insieme ad altre statue, nella sala a pilastri del tempio a valle di fronte alla sua piramide. Scolpita magistralmente nella diorite, la statua cela il mistero della regalità egizia mostrandolo come Horus vivente sulla terra. Frontalmente il re appare in tutta la sua maestà, assiso su alto trono, mentre nella visione laterale appare, incarnato in lui, il mistero divino sotto forma del falco celeste Horus, posato sul capo.

La rivoluzionata esposizione del museo conduce il visitatore a incontrare la pregevole statua in legno di sicomoro, alta 112 cm, del sacerdote-lettore Kaaper (V Dinastia, Regno di Userkaf), detto anche “sindaco del villaggio”: incede con un lungo bastone, originariamente ricoperta di gesso, è stata rinvenuta da Mariette all’interno della mastaba del sacertote, a Saqqara, nel 1860. Notevole è anche la statua di scriba in calcare dipinto, alta 51 cm della prima metà della V Dinastia. Scoperta a Saqqara, questa statua di anonimo è stereotipata nella posa di scriba, con stilo, perduto, nella mano destra e un rotolo di papiro nella mano sinistra.

Anche le statue in calcare dipinto di Rahotep e Nofret, alte rispettivamente 121 e 122 cm, ritrovate da Mariette, mel 1871, nella mastaba di Rahotep a Maidum, sono un capolavoro dell’inizio dell’Antico Regno (IV Dinastia, Regno di Snefru). La classica rigidità delle figure dei due personaggi è vivacizzata dalle incrostazioni in quarzo e cristallo degli occhi. Singolare è anche la statua in calcare dipinto del nano Seneb con famiglia. alta 34 cm, larga 22,5 cm, profonda 25 cm, è riferibile al periodo tra V e VI Dinastia; è stata scoperta da Junker, nel 1926-1927, nella mastaba di Seneb, a Giza, rivela una certa dinamicità grazie alle diverse posizioni assunte dai membri della famiglia, in cui il nanismo di Seneb è mascherato dalla posa seduta.

Il viaggio nell’Antico Regno si conclude con due manufatti altrettanto magnifici ma esposti, come gli altri, in modo abbastanza dozzinale. La statua di Ti, in calcare dipinto, alta 198 cm, riferibile al Regno di Niuserra (V Dinastia), rinvenuta presso il complesso funerario di Djoser, a Saqqara, è una delle più spettacolari dell’Antico Regno e mostra il dignitario in posa incedente. Di notevole pregio è anche la Portantina di Hetepheres, in legno ricoperto da lamine d’oro, alta 52 cm e lunga 99 cm, databile al Regno di Snefru (IV Dinastia). La portantina è decorata, alle estremità da rosette dorate.

Alla prossima passeggiata al Museo Egizio del Cairo…

— CONTINUA —

Daniele Mancini

 

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