venerdì, 22 Novembre 2024
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L’inquinamento da piombo rivela la storia antica di Napoli

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Quasi duemila anni dopo l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano, sono appena stati ricostruiti alcuni periodi della storia di Napoli. Fino ad oggi, gli storici e gli archeologi si erano domandati quale impatto avesse avuto questa eruzione vulcanica sull’acquedotto Aqua Augusta che forniva Napoli e le città vicine con l’acqua. Le analisi geochimiche recenti hanno permesso di collegare direttamente il piombo dei tubi di acqua del periodo con quello intrappolata nei sedimenti del vecchio porto di Napoli. I risultati mostrano chiaramente che la rete idraulica era stata distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e che ci sono voluti circa quindici anni per sostituirlo.

Questi risultati sono oggetto di un articolo pubblicato sulla rivista PNAS lo scorso 16 maggio dal laboratorio Archéorient – Environnements et sociétés de l’Orient ancien (CNRS / Université Lumière Lyon 2; questo laboratorio fa parte della Maison de l’Orient et de la Méditerranée Jean Pouilloux, una centro di ricerca sulle società antiche) e dal Laboratoire de Géologie de Lyon: Terre , planètes et environnement (CNRS / ENS Lyon / Université Claude Bernard Lyon), in collaborazione con l’Università di Glasgow, l’Università di Southampton e l’Università degli Studi di Napoli Federico II (questo progetto ha ricevuto il sostegno logistico della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei e il sostegno finanziario attraverso il programma ANR Jeune Chercheur program and the European Research Council,  “Rome’s Mediterranean Ports”, program — 339123).

Il sito archeologico dell'antico porto di Napoli, a pochi metri sotto l'attuale livello del mare. Credit: © Hugo Delile
Il sito archeologico dell’antico porto di Napoli, a pochi metri sotto l’attuale livello del mare.
Credit: © Hugo Delile

Durante la costruzione di una nuova linea della metropolitana, scavi archeologici sono stati effettuati vicino all’antico porto di Napoli. Questi scavi hanno reso possibile lo studio di un deposito di ben sei metri di strati di sedimenti accumulati nel porto nel corso dei secoli. Le analisi geochimiche di questi depositi sedimentari hanno dimostrato che l’acqua del porto era stata contaminata, all’inizio del I sec. d.C.,  dal piombo proveniente dal sistema di circolazione dell’acqua di Napoli e dei comuni limitrofi. Il piombo, che era il principale componente dei tubi dell’acqua, ha comportato che si disciogliesse nell’acqua con ampia diffusione nelle fontane e nei punti di rifornimento, prima di gettarsi nei pressi del porto. Studiando la composizione isotopica di questo elemento, vale a dire la proporzione dei diversi isotopi di piombo nei sedimenti (un elemento chimico può esistere in differenti forme note come isotopi, che differiscono nella loro massa nucleare),  è possibile ripercorrere gli eventi che hanno avuto luogo duemila anni fa.

Le analisi hanno rivelato principalmente due isotopi di piombo distinti, prima e dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Essi dimostrano che la maggior parte del sistema di approvvigionamento idrico della baia di Napoli è stata distrutta dall’eruzione vulcanica e ricostruita utilizzando piombo proveniente da diverse aree minerarie. Questo  cambiamento derivante dal diverso uso del piombo, avvenuto circa quindici anni dopo l’eruzione, suggerisce che i romani hanno riparato i tubi dell’acquedotto e l’acqua ha ripreso a scorrere in un periodo relativamente breve di tempo.Questo studio aiuta anche a ricostruire le diverse fasi di sviluppo urbano di Napoli tra il I e il V sec. d.C. Il piombo è sempre presente nei sedimenti, suggerendo un ampliamento della rete idrica e la sua intensificazione nelle aree già fornite. Dall’inizio del V secolo, tuttavia, i sedimenti sono meno contaminati, rivelando che la fornitura di acqua ha subito ulteriori danni derivanti alle invasioni barbariche, a nuove eruzioni del Vesuvio del 472 e del 512, a epidemie o al collasso economico e amministrativo della città.

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Un esempio di una sezione stratigrafica campionata come parte dello studio. Essa è costituita da sedimenti fangosi portuali i cui isotopi di piombo rivelare parte della storia romana della città. © Hugo Delile

Questa interpretazione dell’inquinamento da metalli negli antichi sedimenti portuali, che permette di ripercorrere la storia di una regione, potrebbe essere applicata ad altre civiltà e aree geografiche.

Nei dibattiti in corso sull’Antropocene (l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato, su scala sia locale che globale, dagli effetti dell’azione umana, ndr), questo approccio potrebbe fornire nuove prospettive sulle dinamiche di antropizzazione dell’uomo sull’ambiente.

Per maggiori informazioni, cliccare qui: PNAS – Journal Reference: Hugo Delile, Duncan Keenan-Jones, Janne Blichert-Toft, Jean-Philippe Goiran, Florent Arnaud-Godet, Paola Romano, Francis Albarède. A lead isotope perspective on urban development in ancient NaplesPNAS, 16 May 2016

Le analisi pubblicate: Supporting information

Questo articolo è stato pubblicato su sciencedaily.com

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