venerdì, 22 Novembre 2024
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NUOVO APPROCCIO ITALIANO SULLO STUDIO DELLA LINEARE A

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Un recente studio di un team dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Journal of Archaeological Science, ha gettato nuova luce sulla Lineare A e sul sistema minoico delle frazioni, uno degli enigmi eccezionali legati all’antica scrittura cretese.

Circa 3.500 anni fa, la Civiltà minoica sull’isola di Creta sviluppò un sistema di scrittura composto da segni sillabici, chiamato Lineare A, adoperato per iscrivere offerte nei santuari, per adornare gioielli con iscrizioni particolari e, principalmente, per amministrare i celebri centri palaziali.

Oggi, questa scrittura rimane ancora in gran parte indecifrata, incluso un complesso sistema di notazioni numeriche con segni che indicavano non solo numeri interi, ma anche frazioni. Sebbene i numeri interi siano stati decifrati da decenni, gli studiosi hanno dibattuto sugli esatti valori matematici dei segni frazionari.

Silvia Ferrara, docente presso il Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna, conferma che hanno usato un sistema che combina diversi filoni di ricerca, molto raramente legati tra loro, affinché si potesse accedere alle informazioni da una nuova prospettiva: un’attenta analisi paleografica dei segni con quella dei metodi computazionali.

I membri del progetto INSCRIBE (Invention of Scripts and their Beginnings) dell’ERC (European Research Council), Michele Corazza, Barbara Montecchi, Miguel Valerio e Fabio Tamburini, guidati dalla Ferrara, hanno applicato un metodo che unisce l’analisi delle forme dei segni e la loro utilizzazione nelle iscrizioni insieme a strategie statistiche, computazionali e tipologiche, per assegnare valori matematici ai segni per le frazioni nella Lineare A.

Il team ha prima studiato le regole che i segni seguivano sulle tavolette di argilla e altri documenti contabili. Fino ad oggi due problemi avevano complicato la decifrazione delle frazioni della Lineare A. In primo luogo, tutti i documenti contenenti somme di valori frazionari con un totale registrato erano danneggiati o di difficile interpretazione e, in secondo luogo, contraddicevano l’uso di determinati segni, suggerendo che il sistema potesse essere cambiato nel tempo.

La premessa di partenza, dunque, doveva fare affidamento su documenti concentrati solo in un periodo specifico (circa 1600-1450 a.C.), quando il sistema numerico era coerentemente adoperato in tutta Creta.

Per studiare i possibili valori di ciascun segno frazionario, il team ha escluso risultati impossibili con l’aiuto di metodi computazionali. Poi tutte le possibili soluzioni, quasi quattro milioni, sono state ridotte al minimo anche confrontando frazioni comuni nella storia utilizzando test statistici. Infine, il team ha applicato altre strategie che consideravano la completezza e la coerenza delle frazioni come sistema: in questo modo sono stati individuati i valori migliori, con le ridondanze minime.

Il risultato, in questo caso, è stato un sistema la cui frazione più bassa è 1/60 che mostra la capacità di rappresentare la maggior parte dei valori del tipo n/60. Il sistema di valori suggerito dalla squadra bolognese ha prodotto anche ulteriori importanti risvolti.

La ricerca spiega come la scrittura Lineare B, adottata dalla tarda cultura micenea (1450-1200 a.C. circa), abbia riutilizzato alcune di queste frazioni per esprimere unità di misura. I nuovi risultati suggeriscono che, ad esempio, il segno di Lineare A per 1/10 è stato adattato per rappresentare un’unità di capacità per la misurazione dei prodotti non liquidi che era, a sua volta, 1/10 di un’unità prestabilita.

Una continuità storica di utilizzo, dunque, dalle frazioni alle unità di misura in due culture forse diverse ma assai simili, mira a dimostrare, grazie alla ricerca, che i metodi tradizionali e i modelli computazionali, se usati in sinergia, possono aiutarci a compiere notevoli progressi nello spiegare alcune questioni irrisolte legate ad antiche scritture ancora indecifrabili.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Elsevier

 

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