giovedì, 21 Novembre 2024
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TERREMOTO POTREBBE AVER DISTRUTTO PALAZZO CANANEO DI 3700 ANNI FA

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Un team di ricercatori israeliani e americani, finanziati dalla National Geographic Society e della Israel Science Foundation, ha scoperto nuove evidenze archeologiche che attestano che un terremoto potrebbe aver causato la distruzione e l’abbandono, circa 3700 anni or sono, del fiorente sito palaziale cananeo di Tel Kabri, in Israele.

Il sito ha preservato i resti delle rovine di una città cananea e del suo palazzo del Bronzo Medio I palestinese (tra il 1900 e il 1700 a.C. circa). Gli scavi, situati su un terreno appartenente al Kibbutz Kabri nella Galilea occidentale, sono diretti da Assaf Yasur-Landau, docente  di archeologia mediterranea all’Università di Haifa, ed Eric Cline, docente di archeologia classica e antropologia alla George Washington University.

I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLOS ONE .

Yasur-Landau, dopo diversi anni di studio, è riuscito a dare una risposta a cosa abbia causato l’improvvisa distruzione e l’abbandono del palazzo e del sito, dopo secoli di fiorente occupazione. Da qualche stagione è stata rinvenuta una trincea che attraversa parte del palazzo cananeo, ma le prime indicazioni suggerivano che fosse moderna, forse scavata negli ultimi decenni. Nel 2019, però, gli archeologi hanno aperto nuovi saggi scoprendo che la trincea continuava per altri 30 metri, con un’intera sezione di un muro che vi era caduto all’interno già nell’antichità e con altri muri e pavimenti che vi si inclinavano su entrambi i lati.

Secondo Michael Lazar, altro autore dello studio, riconoscere i terremoti del passato può essere estremamente impegnativo solo attraverso la documentazione archeologica, specialmente in siti dove non sono più presenti alzati di muri o resti consistenti, dove sono stati utilizzati materiali da costruzione degradabili, come mattoni di fango essiccati al sole e graticcio. A Tel Kabri, tuttavia, il team è riuscito a trovare sia le fondamenta in pietra, sia le sovrastrutture in mattoni di fango.

Lazar afferma che gli studi effettuati mostrano l’importanza di combinare metodi macro e micro-archeologici per l’identificazione gli antichi terremoti, valutando scenari alternativi, incluso il collasso climatico, ambientale ed economico, così come le guerra, prima di essere fermamente conviti nel proporre uno scenario sismico causa delle distruzioni rinvenute.

I ricercatori hanno potuto verificare nelle aree in cui i pavimenti apparivano deformati, i muri si erano inclinati o si erano spostati e i mattoni di fango dalle pareti e dai soffitti erano crollati, hanno seppellito dozzine di grandi contenitori ceramici.

Secondo Cline, è veramente improbabile che la distruzione sia stata causata da violente attività umane perché non ci sono segni visibili di fuoco, di armi che indicherebbero una battaglia, né di tracce corpi umani insepolti legati al combattimento.

Nel 2013, il team ha rinvenuto 40 contenitori ceramici all’interno di un unico ambiente/ripostiglio del palazzo: da un’analisi dei residui organici condotta, i manufatti contenevano vino ed è stata descritta, all’epoca, come la più antica e la più grande “cantina” mai scoperta nel Vicino Oriente. Da allora, in successive indagini, il team ha rinvenuto altri quattro magazzini di questo tipo e almeno altre 70 anfore vinarie, tutte sepolte dal crollo dei rispettivi edifici di conservazione.

Ruth Shahack-Gross, docente di geoarcheologia presso l’Università di Haifa, ritiene, dunque, che i depositi sui pavimenti implicano un rapido collasso piuttosto che un lento accumulo di elementi costruttivi di fango degradati e provenienti da muri o soffitti di una struttura abbandonata. Il crollo e la rapida sepoltura dei manufatti contenuti nell’edificio, combinati con l’ambiente geologico di Tel Kabri, sollevano  la possibilità che uno o più terremoti possano aver rovinosamente abbattuto il palazzo e l’intero centro urbano cananeo.

Gli studiosi intendono replicare il loro approccio metodologico ad altri siti archeologici, che  possa servire a testare o rafforzare ipotesi di possibili danni e distruzioni da terremoti.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Smithsonian Magazine

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