L’ALDILÀ NELLE ANTICHE TOMBE REALI EGIZIE – seconda parte
E’ il racconto di un viaggio, quello che la divinità in terra degli Egizi, il Faraone, compiva nell’aldilà per rinascere a nuova vita. Per la prima parte, clicca qui.
Buona lettura.
Si giunge alla quarta ora che riceve il sole dal mondo acquatico della seconda e della terza ora per condurlo nell’inospitale paesaggio desertico del Rostau, regno del dio funerario menfita Sokar, il quale era strettamente associato a Osiride. Il testo ci dice che questa ora è una guida per le caverne segrete e le porte nascoste della necropoli menfita. Il viaggio termina con una grande ricompensa che consiste nel cibarsi di pane nel palazzo del dio Atum.
L’egittolo Erik Hornung ritiene che questa ora, come la successiva, derivasse da un testo religioso composto a Menfi e noto come Teologia menfita. I registri sono intersecati da un “sentiero di fuoco” che scende in una serie di gradoni; questo percorso è ostruito a intervalli da porte. Il regno di Sokar è dominato da immagini di serpenti sotto molte forme. La stessa barca solare, che non può più navigare sull’acqua, si trasforma in un serpente che viene trascinato sulla sabbia.
Durante questa ora l’occhio ferito del dio sole viene guarito da Thot e da Sokar. Alla fine si vede una porta custodita da una figura della dea Maat. La quarta ora è popolata da numerosi e insoliti abitanti nell’Aldilà. Ad esempio, da una figura che al posto della testa presenta un oggetto, identificato con una benda di mummia, che germoglia dal suo collo, e da un serpente a due teste chiamato Nehebkau, guardiano di questo deserto[1].
Durante la quinta ora, sempre caratterizzata da un paesaggio desertico, la barca solare si avvicina alla “Caverna di Sokar“, una zona ovale in cui appare Sokar che afferra le ali di un serpente a quattro teste. Sotto la spelonca si estende il lago di fuoco, in cui le anime maledette patiscono eterna tortura, mentre quelle beate possono trovarvi acqua.
La striscia desertica posta sopra la caverna culmina in una testa umana, personificazione del deserto; nel registro superiore si vede il tumulo sepolcrale di Osiride, ai cui lati vegliano Iside e Nefti sotto forma di volatili appollaiati. Il dio sole rinasce da questo tumulo, ancora sotto forma di scarabeo, aiutandosi con la fune di traino della barca solare[2].
Nella sesta ora, corrispondente alla metà della notte, la barca solare raggiunge le acque del Nun. Secondo i miti egizi della creazione, l’illimitato Nun, avvolto nell’oscurità, esisteva fin dall’inizio del tempo e l’universo venne generato dalle sue acque; dopo la creazione, il Nun, personificazione del caos, avvolgeva il mondo e i suoi abitanti, che continuamente ne erano minacciati e nutriti.
Il dio sole è visibile due volte: la prima nella sua barca e la seconda come un cadavere supino all’interno delle spire di un serpente a cinque teste. Osiride è ora raffigurato come un leone, il cui il nome è “Toro dalla voce di tuono“. E’ il momento in cui Ra e Osiride si uniscono, fornendo al dio sole l’energia magica di cui ha bisogno per continuare il suo viaggio e rinascere all’alba.
Osiride è la divinità più importante in questa ora, in quanto era colui che aveva il compito di prendersi cura delle anime nella Duat, colui che poteva chiamarle con i loro nomi. Senza la sua sapienza e il suo potere, Ra non sarebbe stato in grado di risorgere all’alba. Per questo la sesta ora è cruciale per la riuscita del viaggio[3].
La settima ora si svolge nella caverna di Osiride. Non vi è acqua perché un grande serpente l’ha bevuta tutta. La barca solare, tuttavia, conserva la forma originaria ed è azionata dalla magia di Iside. Dopo l’unione riuscita di Ra e Osiride, questo è il momento di maggior pericolo. Prima che il dio sole inizi la sua ascesa all’orizzonte orientale, deve affrontare il suo nemico ancestrale, Apopi.
Questo grande serpente giace sul suo banco di sabbia direttamente davanti alla barca solare, tentando di inghiottire il sole e riportare il mondo alla prima oscurità. Apopi è il simbolo del caos, l’impersonificazione delle forze dell’entropia e il nemico della creazione. Gli dei che proteggono Ra e combattono per lui catturano e smembrano Apopi: così il dio sole può continuare, trionfante, il suo viaggio[4].
Nell’ottava ora la barca del dio raggiunge la necropoli in cui risiedono i morti mummificati. Nessun nemico di Ra sta in agguato in questa terra, vi sono solo i beati che attendono ardentemente l’arrivo del dio sole. Gli esseri indicati siedono su segni geroglifici che significano “tela di lino“, all’interno di caverne chiuse da porte che possono essere aperte soltanto dall’evocazione del dio sole.
Questo dà risalto a uno scopo importante di questa ora: fornire al defunto vestiti e gioielli quali componenti della celebrazione del culto. Il testo di accompagnamento rivela che il discorso dei ba, delle divinità e dei defunti, mentre esultano in risposta al dio sole, è distorto in modo che sia udito dai viventi attraverso i vari suoni della natura.[5]
Durante la nona ora, Ra e il suo equipaggio hanno un momento di sosta. Il paesaggio è ancora desertico, c’è solo un piccolo stagno d’acqua sul quale la barca solare può viaggiare. La regione in cui l’imbarcazione approda è segreta, nascosta ai suoi nemici: è un luogo quieto, popolato da divinità che porgono il benvenuto. Il tema dell’approvvigionamento del defunto continua a essere importante[6].
Nella decima ora, dove non compare più nessun nemico di Ra, il paesaggio, caratterizzato da acque profonde e alte rive, è ricco di divinità protettrici. Risalta un lungo rettangolo d’acqua pieno di corpi di annegati, a nessuno dei quali è stata data adeguata sepoltura. Tuttavia, l’acqua primaria ringiovanisce e gli annegati sono preservati dalla decomposizione per la presenza di Horus il Vecchio (presente all’estremità sinistra con un disco solare in testa, appoggiato al suo bastone), in modo da essere in grado più tardi di ricongiungersi ai beati.
L’oscurità è dissolta da quattro dee con serpenti che emettono fuoco dalla fronte, poste dietro uno scettro sulla cui sommità vi è la testa di Seth. Oltre a processioni di divinità, nella decima ora compaiono alcune scene interessanti. Davanti alla barca solare è la figura di un falco, il ba di Sokar, ritto su un serpente a due teste coronate e con quattro zampe; questa immagine è fiancheggiata da dee che indossano le corone del nord e del sud.
Nelle vicinanze vi è la rappresentazione di un serpente a testa di falco, un’ulteriore forma di Osiride. Il registro superiore s’incentra sulla guarigione dell’occhio solare, sotto forma di due dischi rossi.
Più a sinistra compare Khepri come scarabeo, che solleva una sfera ovale chiamata “Khepri vivente“. La parte rimanente del registro è riempita con otto Sekhmet, quattro con teste di leonessa e quattro con testa umana, alle quali è offerto l’udjat (l’occhio di Horus) da Thot rappresentato come babbuino assiso in trono. Alle Sekhmet è affidato l’occhio affinché lo proteggano al sicuro da Seth[7].
Lo scopo principale dell’undicesima ora è quello di prepararsi al sorgere del sole, “l’emersione dalla montagna orientale del cielo“. La barca solare con il suo equipaggio reca un disco solare a prua per illuminare la via ed è condotta da dodici uomini che trasportano sulla testa le spire del serpente che “circonda il mondo”. Il ringiovanimento finale avverrà all’interno di questo serpente, destinato, secondo Hornung, a non toccare la terra fino all’ultima ora della notte.
Gli uomini sono preceduti da Iside e da Nefti con aspetto di cobra, che trasportano le corone dell’Alto e del Basso Egitto alla Porta Orientale di Sais, e dalla dea Neith (patrona di Sais). Il registro superiore segnala il momento dell’alba e della nascita delle ore. All’estrema sinistra vi è una figura umana a due teste, il “Signore del Tempo” e, accanto a lui, una scena simile a quella visibile nella quinta ora all’interno della caverna di Sokar.
Alla sua destra sono posizionati Osiride, posto su un serpente ritto sulla coda e circondato da stelle, dodici divinità in varie forme e quattro dee su cobra a due teste. A sinistra, Horus a testa di falco, appoggiato al suo bastone, afferra un serpente, mentre un gruppo di quattro dee e un dio osservano l’azione da destra. Così è sventata anche l’ultima minaccia contro l’ancora vulnerabile dio sole, che può procedere sicuro verso l’ora finale della notte[8].
La dodicesima ora rappresenta il completo successo dell’arduo viaggio, quando il dio sole, e con lui il re defunto, rinascono. Si immagina che l’azione avvenga all’interno del serpente che circonda il mondo, visto nell’undicesima ora, che può essere associato sia alla terra sotterranea sia al cielo soprastante, o entrambi simultaneamente.
Secondo i testi, il movimento all’interno di tale serpente procede dalla coda, in cui l’anziano sole entra, verso la testa, dove emerge quale piccolo infante e ciò indica che nella Duat il tempo è invertito[9].
–CONTINUA–
[1] HAWASS, Z., LeTombe Reali di Tebe, NOVARA, 2006, pp. 110-115
[2] ABITZ, 1984, pp. 99-106
[3] HORNUNG, E., La Valle dei Re, MONACO, 2002 pp. 78-79
[4] HORNUNG, 1997, pp. 45-52
[5] HAWASS, 2006, pp. 121-124
[6] HORNUNG, 2002, pp. 80-82
[7] HORNUNG, 1997, pp. 55-56
[8] HORNUNG, 2002, pp. 83-85
[9] HAWASS, 2006, pp. 139-145