ANALISI SUI PRIMI MANUFATTI VILLANOVIANI PROVENIENTI DALLA SARDEGNA
La piccola isola di Tavolara, al largo della costa della Sardegna, potrebbe essere stata un luogo di scambio commerciale già nella prima Età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) dove gli abitanti originari della Sardegna, il popolo nuragico, scambiavano merci con le popolazioni dell’Italia centrale continentale, i membri della cultura villanoviana. Le analisi archeometriche realizzate sui manufatti ceramici villanoviani risalenti a 3000 anni fa provenienti dal sito archeologico di Spalmatore di Terra, a Tavolara, rivelano che provengono da vari siti produttivi della regione dell’Etruria (oggi Toscana e Lazio).
I risultati gettano nuova luce sui collegamenti culturali tra il popolo nuragico e i proto-etruschi, altrimenti noti come Villanoviani, durante il IX secolo a.C.: i risultati dell’indagine archeometrica, condotta da Silvia Amicone, del Competence Center Archaeometry – Baden-Wuerttemberg (CCA-BW) presso l’Università di Tubinga, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Archaeological Science: Reports.
L’area dell’odierna Toscana e del Lazio settentrionale cadeva nel più ampio territorio di influenza della cultura villanoviana, tra il IX e l’VIII secolo a.C., dove si sviluppò la successiva cultura etrusca. I Villanoviani controllavano le ricche miniere di rame e ferro della Toscana ed erano abili nelle lavorazioni dei metalli.
Il termine “nuragico“, invece, si riferisce a una vasta cultura condivisa che si è sviluppata in Sardegna durante l’Età del Bronzo, nella prima metà del II millennio a.C., ed è continuata almeno fino alla prima Età del Ferro. Le società della cultura nuragica condividevano un tipo distintivo di costruzione architettonica costituito da torri megalitiche in pietra chiamate, appunto, nuraghi, di cui, oggi, circa ottomila strutture ancora costituiscono solidi punti di riferimento in tutta la Sardegna.
I legami tra popolazioni nuragiche e proto-etruschi sono ben documentati da oggetti in metallo e ceramica originari della Sardegna e spesso rinvenuti nelle tombe villanoviane. Meno frequente e diversificata, invece, la presenza di manufatti villanoviani in Sardegna, che assumono la forma di oggetti metallici come le fibule. Complessivamente le testimonianze archeologiche sin qui scoperte indicano che l’Etruria settentrionale, l’odierna Toscana, era l’area privilegiata di collegamento commerciale tra la civiltà proto-etrusca e quella sarda.
Le ceramiche di Tavolara sono state, dunque, recuperate durante gli scavi effettuati nel 2011 e 2013 dalla ricercatrice italiana Paola Mancini e sono state riconosciute da Francesco di Gennaro, Ex Soprintendente archeologico abruzzese, come le prime testimonianze documentate di ceramiche proto-etrusche in Sardegna!
L’analisi archeometrica è stata eseguita presso il CCA-BW dell’Università di Tubinga da Silvia Amicone, da Christoph Berthold e da Kyle Freund, della Far Western Anthropological Research Group all’Indian River State College, in Florida.
I frammenti dei manufatti ceramici sono stati analizzati petrograficamente e chimicamente per indagare sull’origine e la composizione del materiale e la tecnica di produzione. I risultati non solo hanno confermato la provenienza non locale di questi materiali, ma hanno anche rivelato che provengono da una varietà di centri di produzione che coprono l’intera costa tirrenica centrale, suggerendo così forti collegamenti con l’intera regione dell’Etruria.
Secondo gli studiosi, potrebbe essere stato realizzato un accordo tra il popolo nuragico e il popolo villanoviano in cui l’isola di Tavolara avrebbe potuto fungere da empòrion per accogliere scambi commerciali e culturali. Anche altri luoghi della Sardegna avrebbero potuto agire come luogo di scambio commerciale tra villanoviani e nuragici, ma il sito di Tavolare è il primo di questo tipo scoperto in Sardegna.
Ricerche future nell’isola di Tavolara e sui materiali archeologici rinvenuti a Spalmatore di Terra chiariranno la sua collocazione all’interno della più ampia rete di interazione trans-marina dell’Età del Ferro nel Mediterraneo centrale.
Daniele Mancini
Per ulteriori info: Università di Tubinga