ANCORA RINVENIMENTI DAL SITO DI RAHAT, ISRAELE
Un imponente edificio del primo periodo islamico, costruito tra l’VIII e il IX secolo, impiantato su una precedente costruzione romano-bizantina, è stata identificato nel sud di Israele, nel sito di Rahat, nel Negev settentrionale, già protagonista di numerosi recenti rinvenimenti tra cui due importanti moschee.
Gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority hanno scoperto che le pareti dell’edificio erano adornate da affreschi dai colori vivaci realizzati su intonaco bianco ma la cosa veramente notevole è stato il rinvenimento di questo diversi ambienti ipogei a ben 6 metri di profondità, casualmente identificato durante i lavori di consolidamento e restauro di un nuovo quartiere nella città beduina di Rahat. Dell’antico edificio proto islamico, che misurava circa 30 metri per 30, resta un muro di soli 50 cm di altezza, a sua volta poggiato su un sistema di ambienti ipogei sorretti da volte alte 2,5 metri, costruite con blocchi di calcare locale. Gli ambienti voltati erano collegati da tunnel anch’essi realizzati con blocchi di pietra. Il team ha anche rinvenuto una grande cisterna profonda almeno 3,5 metri, scavata nella roccia.
Secondo , direttore dei lavori di scavo per conto dell’IAA insieme a Oren Shmueli e a Elena Kogan-Zehavi, edifici simili sono stati trovati in Giordania ma non in queste terre. Nei pressi di questo edificio, gli archeologi hanno identificato una fattoria che sembrerebbe essere stata costruita per prima.
I ricercatori ritengono che la fattoria e il grande edificio/villa epigeo avrebbero potuto appartenere al medesimo proprietario ma, rispetto ad altri complessi presenti nel Negev con camere ipogee, se quelli di Rahat sono stati costruiti magnificamente usando blocchi di pietra, gli altri sono stati scavati grossolanamente nel loess, la tenera roccia sedimentaria tipica di questa zona. La costruzione di questi ambienti camere sotto un’abitazione sarebbe stata costosa e avrebbe richiesto ingenti investimenti, non solo nei materiali ma anche in architetti competenti.
Michael osserva che i costruttori hanno scavato sei metri fino al substrato roccioso e hanno eretto archi e tunnel in tutte le direzioni e nel substrato roccioso stesso hanno scavato la cisterna che scendeva di altri 3,5 metri, realizzando un’impresa tecnologica molto importante. In uno dei tunnel è stato trovato anche anche un Sigillo di Salomone, oggi noto come Stella di David, che non indica la presenza di gruppi ebrei che lì ci fossero ebrei: il Sigillo di Salomone adornava molte moschee del periodo e anche diverse chiese. L’Islam riconosce Salomone come un potente profeta e il simbolo serviva a scoraggiare il malocchio.
Gli archeologi ritengono che l’edificio di Rahat fuori terra sia stato realizzato in tipico stile mediorientale, con quattro ali che davano su un cortile centrale. Alcuni edifici avevano anche due cortili, osserva Michael.
Un’ala aveva una sala pavimentata in marmo che Michael ritiene sia un riutilizzo da un più antico edificio sacro cristiano, chiesa o monastero, della zona. Il riutilizzo del marmo prezioso è molto comune ma una cosa che non era affatto usuale nel Negev del primo periodo islamico, erano gli affreschi in colori blu, rosso, giallo e nero. Purtroppo sono pochi i frammenti, poco riconoscibili e richiederanno un notevole sforzo di ricerca ma è certo che siano stato oggetto di una sistematica rimozione.
Altri ambienti dell’edificio avevano pavimenti in gesso, che era certamente la norma; gli archeologi hanno identificato anche forni molto grandi, probabilmente per cucinare, senza rinvenire alcun materiale che indicasse l’uso non culinario del manufatto: nessuna scoria dalla produzione di vetro o metallo, nessuna argilla frantumata dai forni.
Nell’angolo sud-occidentale del complesso sono presenti i resti di una torre che avrebbe potuto servire alle guardie di sicurezza o semplicemente per monitorare i campi dei raccolti, controllando che i lavoratori stessero lavorando e che nessuno stesse rubando animali o prodotti della terra.
Infine, bisogna ipotizzare a cosa servissero queste belle stanze sotterranee. Almeno alcuni erano probabilmente destinati a essere immagazzinati, dice Michael, ma non esclude la possibilità che anche le persone trascorressero del tempo lì – avevano l’acqua proprio lì nella cisterna, sottolinea: l’apertura di quella camera di stoccaggio dell’acqua è sotto il stanze a volta.
Il rinvenimento di lucerne in argilla conferma, infine, il carattere benestante degli individui proprietari del complesso, anche se, a un certo punto, hanno deciso di rimuovere gli affreschi dalle loro pareti…
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: IAA