ANNIBALE CONTRO LA REPUBBLICA ROMANA
Il mio interesse per la storia è quasi uguale a quello per l’archeologia e, per questo, mi prendo la licenza di raccontarvi delle gesta di uno dei più grandi strateghi militari dell’umanità, Annibale.
Buona lettura.
Uno dei pericoli più grandi occorsi a Roma ha avuto inizio a 4572 metri sul livello del mare, su uno dei terreni più impervi del mondo. 50.000 guerrieri barbari del mondo antico si sono riuniti contro un solo nemico e alla loro guida si è posto un generale che, per legami di sangue, ha desiderio di vendicare l’onore della sua famiglia e distruggere Roma, prima che essa travolga ogni cosa sul suo cammino.
La storia potrebbe considerare la Repubblica prima e l’Impero romano poi, come inevitabili ma la loro ascesa non è stata né rapida né scontata e per raggiungere il suo scopo Roma ha coperto il continente di sangue e di tirannia, saccheggiando le risorse dei territori e dalla gente del luogo, dividendo il mondo antico in due: i Romani e i barbari!
Nel III sec. a.C. Cartagine è lo stato più potente del mondo occidentale e basa la sua ricchezza sul commercio e usa la sua superiore forza navale per dominare il Mediterraneo. Cartagine è stata la prima vera concorrente di Roma nel Mediterraneo centrale e occidentale: Roma è una repubblica piccola ma in crescita con smisurate ambizioni e sa che sconfiggere Cartagine, le permetterebbe di controllare il mondo antico. Il conflitto tra Roma e Cartagine si intensifica fino a una lotta mortale soprattutto quando le due parti si abbattono sulla Sicilia: Roma è la potenza emergente e anche duttile perché riesce a costruire una forza navale da cima a fondo per infliggere a Cartagine la prima vera sconfitta scioccante (I guerra punica, 264 a.C.-241 a.C.).
Roma ha obbligato Cartagine a firmare un rovinoso trattato di pace nel tentativo di stroncarla. Le implicazioni per Cartagine sono durissime: completa smilitarizzazione delle navi, obligo al pagamento di sostanziosa indennità di guerra. Il pericolo di cercare di imporre una pace punitiva su un popolo comporta che il popolo che viene punito può aver voglia di vendicarsi…
La sconfitta è stata un’umiliazione personale per il generale cartaginese Amilcare Barca: suo figlio maggiore Annibale, a soli 9 anni, è precocemente obbligato dal padre a dedicare la sua vita a un solo scopo: la distruzione di Roma. Intorno al 200 a.C. Annibale ha compiuto un importante giuramento di fronte al padre, impegnandosi a sconfiggere completamente la nemica Roma.
Annibale ha atteso per circa due decenni un’occasione di vendetta e lo spunta si presenta nel 219 a.C. quando Roma ha stretto un’alleanza con Sagunto, una città fortificata al confine settentrionale dell’impero cartaginese, in Hispania, che Annibale ha considerato come un vero e proprio atto di guerra, un deliberato insulto. Annibale ha assediato la città di Sagunto per 8 mesi. Quando la città è finalmente caduta, lancia il suo grande piano: unire i barbari del mondo antico contro Roma.
Al di fuori dei due grandi imperi, i popoli d’Europa sono organizzati in piccoli gruppi tribali e non hanno una vera identità globale nazionale o etnica, trascorrendo molto tempo a combattersi tra loro. Annibale ha deciso di affrontare una sfida di grande difficoltà: creare un’alleanza tra gruppi disperati di barbari che parlano lingue diverse che, però, non vedono alcuna distinzione tra Roma e Cartagine e che odiano in egual misura
Roma, invece, ha continuato ad andare avanti come una macchina inarrestabile,. espandendosi in continuazione: da potenza regionale avrebbe occupato tutta l’Europa. Annibale ha tentato di portare i barbari dalla sua parte insistendo su una grande argomentazione comune nel mondo antico, l’idea che il nemico del mio nemico è mio amico. Annibale ha chiamto alle armi tutte le tribù, dalla Penisola iberica alla Gallia, dal Nord Africa ai Lusitani dell’Hispania occidentale. Popoli di questo genere hanno sempre rappresentato una minaccia per un grande Stato territoriale come la Repubblica Romana, dimostrandosi un disturbo infestante da sterminare.
Mentre Annibale lotta per unire i suoi alleati, Roma ha riunito il suo esercito affidandone il comando a Publio Cornelio Scipione (padre di Scipione l’Africano, ndr) che comanda un grande esercito di soldati allenati alla disciplina e al sacrificio. Scipione è stato il più grande dei generali romani di quel periodo e ha avuto il pieno sostegno del Senato che gli ha affidato il compito di affrontare e distruggere l’esercito di Annibale. La macchina da guerra romana è un corpo incredibilmente disciplinato e organizzato, con gli uomini, sistematicamente addestrati, suddivisi in coorti.
In sette mesi l’esercito barbaro di Annibale ha raggiunto i 30000 uomini ma egli attende ancora i Lusitani senza i quali non potrebbe competere contro le potenti legioni romane per il tipo di guerra da lui preferito, quella in movimento. I Lusitani incarnano la guerra in movimento, sono veloci, hanno una cavalleria leggera e sono bravi nelle imboscate e con il resto dell’esercito delle tribù unite da Annibale avrebbero un vantaggio, la libertà di improvvisare sul campo di battaglia.
Annibale ha azzardato un audace piano strategico mai tentato prima e, con il suo esercito, si è messo in viaggio per Roma; ma dopo circa 1000 km il suo piano ha subito un duro colpo: Scipione ha deciso di andare incontro al nemico e intercettare i barbari in Hispania settentrionale. Annibale ha deciso, quindi, di aggirare i romani ma non sfuggire, quasi sembrando un pazzo di fronte ai suoi uomini. Roma ha sempre ritenuto le montagne settentrionali della penisola come una fortezza impenetrabile, una barriera naturale che l’avrebbe protetta dagli attacchi: anche se il piano di Annibale di invadere da terra è avventato, l’attraversamento delle Alpi è una mossa calcolata per intimidire il nemico.
Le Alpi, in quel periodo, sono abitate da popolazioni indigene molto gelose della loro libertà, della loro indipendenza e del loro territorio ma molto scarse di numero. Una di queste tribù erano i Boi, già fortemente vessata dai Romani, che on esitarono a unirsi ad Annibale. Con queste formidabili guide Annibale ha deciso di decisero di attraversare le Alpi prima che la neve le ricoprisse. Sembra che Annibale abbia anticipato e superato Scipione con la velocità della sua avanzata, ma le insidie non sono mancate. Le possenti Alpi, pareti di calcare estese per 240 chilometri e alte 4800 metri, ritagliate nel paesaggio da più di 2 milioni di anni, sono la porta per Roma, una vera e propria barriera impenetrabile e stupefacente, che ha sorpreso non poco la vista degli uomini del Nord Africa.
L’esercito di Annibale inizia la sua ascesa nell’ottobre del 218 a.C. con 38000 guerrieri barbari, 12000 cavalleggeri africani con i loro cavalli e 36 elefanti da guerra, considerati come armi di attacco esclusive di Annibale. Ma quella che inizia come una grandiosa e gloriosa campagna, presto diviene un incubo: giunti sui passi alpini, al contatto con un ambiente mai affrontato prima, hanno trovato ghiaccio, neve, vento, valanghe, congelamento.
Per Annibale è il momento più buio della sua carriera militare e sembra che abbia condotto il suo esercito verso il disastro più assoluto. Ha perso 25000 uomini in un solo mese e 7 mesi dopo aver lasciato l’Hispania, Annibale è uscito dalle Alpi arrivando in Italia con la metà dell’esercito e solo quattro dei suoi possenti elefanti sono sopravvissuti. Ha necessità di reclutare nuovi alleati. Ma l’attraversamento delle Alpi ha un effetto sulla psiche deiRromani che ora devono affrontare un esercito ostile che si muove alla conquista di Roma e lascia una scia di morte.
Scipione non è riuscito a fermarlo e Annibale ha sbaragliato i Romani battaglia dopo battaglia sul Ticino, sulla Trebbia, sul lago Trasimeno e a ogni vittoria è a un passo più vicino a Roma. Annibale è determinato a consolidare il suo vantaggio e ha assediato un vitale deposito di grano, a Canne (nell’odierna Puglia, ndr) per sottomettere la Repubblica romana con la fame. La mossa obbliga a una resa dei conti e sulle pianure fuori dalla città gli eserciti giungono a uno scontro apocalittico.
Al comando dei consoli Gaio Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo, con 85000 uomini, i Romani hanno un vantaggio di quasi 2 a 1 ma Annibale confida nella sua strategia di battaglia e nel desiderio di combattere per la libertà da Roma. Annibale ha preparato una trappola e il suo piano è assolutamente geniale. Oggi strateghi e tecnici militari moderni si sono sforzati di copiare il suo piano di battaglia, basato su tre mosse chiave: per prima cosa, ammassare la sua fanteria al centro per attirare l’avanzata romana e spingerla dentro le linee dei barbari per i quali è fondamentale che la prima linea regga; poi, due gruppi di truppe scelte avanzano dai fianchi intrappolando dentro i Romani; per finire, un attacco a sorpresa della cavalleria che dal fondo circonda ogni lato, tagliando loro la fuga.
L’esercito romano è, invece, ideato per sbaragliare in avanti ma se un nemico conosce come rivolgerti contro la tua forza trasformandola in tua debolezza, perde tutta la sua efficacia ed è quello che Annibale ha saputo fare. Il risultato è stato una carneficina senza precedenti: mentre solo 6000 barbari sono caduti in battaglia, Roma ha perso lo strabiliante numero di 70000 uomini in un solo giorno. La battaglia di Canne è stato un bagno di sangue e la raccapricciante natura di questa battaglia non ha avuto riscontri nella storia dell’umanità.
Una tale sconfitta sul campo di battaglia avrebbe dovuto portare i Romani a cercare condizioni di resa e ai Cartaginesi a imporli. Se il Senato invia messaggi ad Annibale in cerca di negoziati, ma Publio Cornelio Scipione, meglio noto come Scipione l’Africano, figlio dell’altro Scipione che ha tentato invano di fermare Annibale, ha altri progetti, intende portare la guerra in Africa. Dopo numerose imprese militari, il nuovo proconsole, intende riscattare l’onta di Canne.
Durante i lunghi anni che hanno separato la battaglia di Canne dalla fine della II guerra punica, Scipione è riuscito a tenere costantemente a bada i barbari, ma, soprattutto, ha imparato a conoscere il proprio nemico analizzandone le tattiche, le formazioni e le truppe, assimilando tutto questo nelle pratiche militari del proprio esercito, trasformando i punti di forza del nemico in propri punti di forza.
Scipione ha rotto gli indugi nel 204 a.C. invadendo il Nord Africa: le resa dei conti finale a luogo a Zama, nell’ottobre, dove Scipione ha sconfitto la sua nemesi usando la manovra che Annibale ha usato a Canne 14 anni prima. È stato doloroso e frustrante per Annibale vedere come Scipione sia stato capace di usare la sua tattica contro di lui, infliggendogli la sua prima e unica sconfitta. Dopo Zama, il grande generale africano si è ritirato ma Roma ha continuato a vederlo come una minaccia, nonostante avesse depoosto la sua spada. La Repubblica romana, nel 195 a.C., ha preteso che Cartagine gli consegni il suo vecchio nemico ma Annibale si è rifiutato di arrendersi e ha preferito essere esiliato. Da poco sessantenne, il più grande soldato del mondo conosciuto, ha offerto al suo mortale nemico la sconfitta finale, ponendo fine alla sua vita.
Rielaborato da Daniele Mancini
Liberamente tratto da Barbarians-Roma sotto attacco, trasmissione SKY