CAMBIAMENTI CLIMATICI NEL DEGRADO DEI CONTESTI ARCHEOLOGICI, ISOLE SVALBARD, NORVEGIA
I siti di sepoltura dell’era della caccia alle balene del XVII e XVIII secolo costituiscono uno degli ambienti culturali archeologici più antichi e vulnerabili delle Isole Svalbard, uno “stato non incorporato” nel Regno di Norvegia. Finora, le tombe sono state eccezionalmente ben conservate grazie al clima freddo e al permafrost. Tuttavia, i ricercatori hanno dimostrato che questo patrimonio archeologico unico si sta deteriorando più rapidamente a causa del cambiamento climatico.
Il progetto di ricerca è la prima parte di un piano a lungo termine organizzato dal Norwegian Institute for Cultural Heritage Research (NIKU) denominato CLIMARCH: Studies on Climate Change and the Degradation of Archaeological Environments in Svalbard (RIS-id 12194). Il progetto mira a identificare i collegamenti tra il cambiamento climatico e il crescente degrado dei contesti archeologici a Svalbard e a evidenziare i valori culturali e storici unici che si stanno perdendo di conseguenza.
Il progetto ha ricevuto una sovvenzione dal Fondo per la Protezione ambientale delle Svalbard per riesaminare i siti di sepoltura dei balenieri scavati nello Smeerenburgfjorden, nel Parco nazionale di Spitsbergen nord-occidentale, tra il 1985 e il 1990.
Gli studi includono scheletri e tessuti conservati dai grandi siti di sepoltura di Likneset, Jensenvatnet, Smeerenburg e Ytre Norskøya, che insieme contengono circa 600 tombe. Si tratta di un ampio e ben conservato record archeologico che raramente si trova in altri contesti.
L’obiettivo del progetto è confrontare le condizioni e il grado di conservazione di queste tombe con le tombe appena scavate nella stessa area nel 2016/2019. Ciò consentirà di valutare se le condizioni di conservazione siano cambiate negli ultimi decenni a causa del cambiamento climatico. I ricercatori stanno anche documentando tracce sugli scheletri che potrebbero fornire loro nuove informazioni sulla salute e sulle condizioni di vita dei balenieri. Inoltre, stanno mappando aspetti dei tessuti che possono fornire loro informazioni sullo stato sociale degli individui e sul loro ruolo nell’industria della caccia alle balene.
I ricercatori hanno recentemente completato la prima parte del progetto, che include nuove analisi osteologiche degli scheletri di Likneset e hanno pubblicato i loro risultati sul loro sito.
I risultati mostrano che i rapidi cambiamenti climatici documentati a Svalbard negli ultimi 30-40 anni hanno avuto un impatto importante sull’ambiente culturale. Un clima più caldo porta a condizioni meteorologiche più estreme con più precipitazioni, frane e infiltrazioni del suolo (solifluzione), che modificano il paesaggio.
L’estensione del permafrost sta diminuendo e lo strato attivo si sta scongelando sempre più in profondità. In combinazione con meno ghiaccio marino e più onde verso la costa, ciò contribuisce a un aumento della lisciviazione dei sedimenti verso l’ambiente culturale costiero.
A Likneset i ricercatori hanno documentato che molte tombe vengono distrutte da tali eventi di erosione, tra cui infiltrazioni di terreno, frane e crepe nel sottosuolo. Le casse crollano, esponendo il materiale scheletrico e tessile all’ingresso di sedimenti, acqua e ossigeno.
Tutti insieme, questi processi contribuiscono all’escalation della degradazione microbica del materiale archeologico. Le valutazioni in corso mostrano anche che i tessili in particolare si stanno deteriorando più rapidamente rispetto a quelli trovati negli anni ’80.
L’esame degli scheletri ha anche rivelato un numero considerevole di dettagli sulla salute e le condizioni di vita dei balenieri. Gli scheletri di Likneset mostrano che i balenieri hanno vissuto una vita dura con periodi di malnutrizione e malattia. Lo scorbuto è la probabile causa di morte per la maggior parte di loro, una malattia che è fatale dopo un breve periodo senza accesso alla vitamina C.
Le tracce negli scheletri mostrano che la maggior parte di loro ha vissuto una vita di duro e intenso lavoro fin da un’età molto giovane. Molti mostrano anche segni di usura, che indicano un uso intenso della parte superiore del corpo. Potrebbero aver avuto compiti specifici nella caccia alle balene, come remare, pagaiare, arpionare o simili.
Sebbene fossero persone umili, ci sono segni di differenziazione sociale tra i balenieri sepolti a Svalbard. Ad esempio, la statura media a Likneset è significativamente più alta rispetto ad altri siti di sepoltura della zona, indicando che avevano migliori condizioni sociali ed economiche durante la crescita.
I ricercatori ritengono anche che ciò si rifletta nella quantità e nel tipo di vestiti che portavano nella loro deposizione funebre, poiché gli abiti del defunto potevano essere messi all’asta per raccogliere fondi per i parenti rimasti a casa.
Le analisi in corso delle tombe a Jensenvatnet e Ytre Norskøya mostrano variazioni nel materiale scheletrico e tessile che potrebbero indicare che i siti di sepoltura a Smeerenburgfjorden erano utilizzati da gruppi diversi, che i ricercatori esamineranno ulteriormente in studi futuri.
Questo dato potrebbe essere dovuto a diversi periodi di utilizzo, ma anche allo status sociale/professione/ruolo degli individui o all’affiliazione nazionale del datore di lavoro (flotta/nave).
Va notato che un’analisi del DNA e degli isotopi di una selezione di scheletri di Smeerenburgfjorden indica diversità nazionale tra i balenieri partecipanti. Potrebbe quindi essere inappropriato trattare le sepolture in base all’affiliazione nazionale, anche se i balenieri rappresentavano nazioni diverse attraverso i loro datori di lavoro.
I ricercatori suggeriscono che il materiale dovrebbe essere trattato come un comune patrimonio culturale europeo, indipendentemente dalla nazionalità.
I prossimi report del progetto (analisi osteologiche da Jensenvatnet e analisi tessili da Likneset/Jensenvatnet) saranno completati nel 2025, quando i ricercatori inizieranno anche a preparare i dati per la pubblicazione scientifica.
Continueranno il loro lavoro di mappatura sistematica delle condizioni dei reperti archeologici, sperando di ispirare altri ricercatori a contribuire.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: NIKU