giovedì, 19 Settembre 2024
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CENNI SUL PENSIERO FILOSOFICO DEGLI ANTICHI EGIZI

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“Soldati, dall’alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano.” E’ la storica frase che Napoleone I rivolse la mattina del 21 luglio 1789 ai soldati dell’armata di Egitto prima della famosa Battaglia delle Piramidi e, nonostante, le immense ricchezze archeologiche, storiche e artistiche che ci sono state tramandate, anche gli Egizi mettevano in discussione il mondo e quindi producevano un loro pensiero filosofico.

Tomba di Merenptah, KV8, il faraone rende grazie a Ra-Horakhty

Lungi da me propugnare una lezione di filosofia, non è affatto nelle mie corde, ma alcuni elementi basilari non sono da disdegnare. Per iniziare, si può agevolmente affermare che la filosofia dell’antico Egitto possa  essere considerata la prima forma documentata di pensiero filosofico africano.

Théophile Obenga, nel suo articolo del 2004, “Egypt: Ancient History of African Philosophy”, in (a cura di) Kwasi Wiredu, A companion to African philosophy, pp. 31-49, Oxford, Blackwell,  afferma che gli egiziani avevano sviluppato concetti che mostravano come mettere in discussione quanto girasse attorno alla loro vita e avevano persino raggiunto concetti filosofici avanzati.

Questi sono “rekhet” (‘scienza”, nel senso di “filosofia”, cioè indagine sulla natura delle cose), “upi” (giudizio dopo la dissezione), “sat” (saggezza) e “tep-heseb“. Il primo si verificò nonostante l’Egitto fosse una società autorevole, con il faraone come monarca divino assoluto!

E’ stata tramandata anche una tradizione di registrazione di contenuti filosofici, sotto forma di insegnamenti (“sebayit“) di diversi saggi, vissuti già nel 2700 a.C. Uno di questi saggi era Imhotep, tradizionalmente l’architetto della piramide a gradoni di Saqqara, che fu adorato nel tempo come un uomo saggio e anche un medico. Queste procedure sono state ampiamente da Jan Assmann, “The mind of Egypt : history and meaning in the time of the Pharaohs”, Cambridge, Harvard University Press,  nel 2003.

Assmann, illustre egittologo il cui lavoro univa diverse discipline teoriche, è scomparso il 19 febbraio 2024. La sua eredità accademica risiede nel modo in cui il suo lavoro è stato innovativo e interdisciplinare. Il suo punto di interesse era esplorare la religione, la letteratura e la storia dell’antico Egitto, attraverso il prisma della teoria e della memoria culturale, degli studi sulla ricezione, dell’antropologia storica e persino della teologia. Le sue opere sono state fondamentali per la nostra comprensione di come gli egiziani pensavano e del modo in cui la loro visione del mondo faceva parte della ricerca umana di verità universali.

Attraverso i testi tramandati e anche quelli della letteratura religiosa, è noto che gli egiziani avevano sviluppato una forma di fenomenologia. Utilizzavano concetti come “wnn” (esistere, essere), “kheper” (diventare), “maa” (qualcosa di visibilmente reale/vero) e per estensione “maat” (ordine cosmico) e diverse versioni delle qualità invisibili di tutte le persone, o dell’anima , (ka, ba, akh, ha, shut).

Questi concetti sono visti, in pieno sviluppo, nei testi funerari (Testi delle Piramidi, Testi dei Sarcofagi, Libro dei Morti o Libro per uscire al giorno e Libri dell’Aldilà), ma anche nella letteratura. In un testo noto come “La Disputa tra un Uomo e il Suo Ba”, l’eroe della storia discute con il suo spirito se togliersi la vita o venire a patti con le difficoltà della vita (Escolano-Poveda, Marina, “New Fragments of Papyrus Berlin 3024”. De Gruyter: 16–54, 2017).

Infine, “last but not least“, vale la pena menzionare il loro concetto di tempo lineare e circolare (djet / neheh), concetti ampiamente ripresi dagli importanti filosofi della nostra epoca, in cui il primo era simbolo di ritualità, miti e tradizioni, il secondo, invece, una sequenza di eventi unici e irripetibili.

Se mediti, amiche e amici, si mediti…

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: University of Michigan

Nella foto di copertina, il Ka del Faraone Ay. Il Ka reale sembra aver incorporato gli antenati reali, così come il Ka del re vivente;  come tale rappresentava un aspetto della divinità del re defunto, affresco dalla KV25, tomba del faraone Ay. Foto di Daniele Mancini

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