DAL TEATRO GRECO DI MESSENE, GRECIA, NUOVE “TRAGICHE” SCOPERTE
Messene, nel Peloponneso, già sito Patrimonio mondiale dell’UNESCO, è famosa anche per il suo teatro: una missione archeologica giapponese ha pubblicato sull’Archaologischen Anzeigers, una prestigiosa pubblicazione del DAI, il Deutsches Archaologisches Instituts, il risultato di una importate ricerca archeologica che avrebbe risolto un interrogativo sull’architettura classica teatrale greca.
Gli archeologi, infatti, ritengono di aver scoperto il ruolo che hanno nei teatri di 2000 anni fa quei filari di regolari conci in pietra posti nei pressi degli antichi teatri.
La “tragedia greca” è sempre stata parte integrante della vita delle popolazioni della penisola ellenica e i teatri ne sono sempre stati il luogo di rappresentazione. I teatri, semplici strutture a cielo aperto, erano abbastanza comuni a partire dal IV secolo a.C., si svilupparono gradualmente in strutture più elaborate ed enormi nei secoli successivi. Sotto l’influenza romana, gli edifici teatrali divennero gradualmente edifici permanenti, con scenae frons, il proscenio, un podium, un auditorium, solitamente costruito in materiali edilizi, vomitoria, velarium.
I regolari conci litici del Teatro di Messene sono larghi dai 9 ai 12 cm e profondi dai 3,8 a 5,4 cm e posti in ortòstati per lungo. Simili filari di pietre sono stati trovati anche nei coevi teatri di Sparta e Megalopolis. Una nuova interpretazione da parte dei ricercatori dell’Università di Kumamoto, in Giappone, ha suggerito che le due diverse strutture sceniche si muovessero separatamente adoperando le cortine murarie rinvenute (ne sono state rinvenute solo tre, ndr), ipotizzando che un quarto filare di ortòstati sia andato completamente perduto.
Secondo l’archeologo Ryuichi Yoshitake la presenta della quarta cortina è certa, anche se non non rimangono resti visibili: lo studioso è certo che il proscenio e la scena avevano ognuno un dispositivo a ruote retto da un singolo albero. I dispositivi mobili utilizzati tra questi muri componevano la scena vera e propria o un semplice sfondo dipinto, posto dietro gli attori; una elemento a forma di tunnel, il proscenio, invece, era posto di fronte all’auditorium.
Una grande forza sarebbe stata necessaria per spostare le grandi apparecchiature di palco come il proscenio e la scena, ecco perché, confutando studi precedenti in cui secondo una teoria proscenio e scena si posizionavano solo su tre filari di conci, secondo Yoshitake sembra sia più logico che le due strutture avessero ciascuno un proprio set di due file di pietra per muoversi! Non sarebbero state facili da manovrare, afferma Yoshitake, se fosse stato impiegato un unico asse con ruote in legno: erano entrambe lunghe circa 30 metri per diversi metri di altezza.
Queste antiche invenzioni hanno ulteriormente contribuito allo sviluppo dell’adattamento romano dei teatri greci e hanno ancora un’influenza sul design dei palcoscenici odierni: nel teatro moderno, la struttura sopra i palcoscenici tradizionali è conosciuta come l’arco del proscenio.
Ma il “mistero” del numero dei filari di conci non è un libro interamente chiuso. C’è ancora il problema della quarta linea, che manca in tutti e tre i teatri citati: potrebbero non essere semplicemente sopravvissute agli oltre 2000 anni da quando sono state usate l’ultima volta; oppure potrebbero aver avuto uno scopo completamente diverso che non è ancora stato scoperto. Ulteriori ricerche saranno necessarie per rivelare i dettagli di come questi antichi teatri hanno effettivamente portato in scena le loro “tragedie”.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: Archaologischen Anzeigers