mercoledì, 5 Febbraio 2025
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DECIFRATO ROTOLO DI PAPIRO SU UN CASO GIUDIZIARIO DELLA GIUDEA ROMANA

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I ricercatori hanno finalmente decifrato un rotolo di 1.900 anni fa che descrive un caso giudiziario discusso durante l’occupazione romana della Giudea. La scoperta rivela interessanti informazioni sui processi dei casi criminali dell’epoca, rispondendo a un vecchio quesito sulla proprietà degli schiavi nella regione.

Nel 2014, un ricercatore impegnato nell’organizzazione dei papiri dei Rotoli del Mar Morto del magazzino dell’Israel Antiquities Authority  fece una scoperta sorprendente: il papiro greco più lungo mai trovato nel deserto della Giudea.

Il documento era stato classificato come scritto in nabateo, una variante locale dell’aramaico, poi sfociato nella lingua araba. Secondo Hannah Cotton dell’Università Ebraica di Gerusalemme in una recente dichiarazione, avrebbe subito identificato come greca la lingua del papiro e non il  ‘nabateo’.

Nel decennio successivo, la Cotton ha riunito un team di esperti per decifrare il testo di 133 righe che descrive i procedimenti legali quando la regione era una provincia dell’Impero romano. Il lavoro del team sul documento è stato recentemente pubblicato sulla rivista Tyche.

I ricercatori hanno scoperto che il papiro conteneva una serie di appunti che un pubblico ministero potrebbe aver utilizzato per preparare un processo di fronte a funzionari romani durante il regno dell’imperatore Adriano (117-138 d.C.) e prima che iniziasse la rivolta di Bar Kokhba nel 132 d.C., una grande rivolta ebraica contro il dominio romano.

Secondo Avner Ecker, coautore dello studio ed epigrafista presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, il papiro potrebbe configurarsi come il caso giudiziario romano meglio documentato della Giudea, a parte il processo a Gesù riportato nelle fonti del nuovo Testamento.

Il caso giudiziario a cui si fa riferimento nel testo del papiro era incentrato su due persone, Gadalia e Saulo, che falsificarono documenti relativi alla vendita e alla liberazione degli schiavi per eludere il pagamento delle tasse romane.

Anna Dolganov, coautrice dello studio ed esperta di papiri presso l’Austrian Academy of Sciences, osserva che la contraffazione e la frode fiscale comportavano pene severe, secondo il diritto romano, tra cui i lavori forzati o addirittura la pena di morte.

Secondo lo studio, il documento conteneva anche una trascrizione frettolosa del processo e appunti scambiati da un procuratore all’altro in cui si discuteva della strategia da adottare. Parti significative del papiro, purtroppo, sono mancanti, vanificando gli sforzi dei ricercatori di comprendere appieno il significato del testo, hanno affermato i ricercatori nello studio. I dettagli mancanti includono il luogo in cui si è svolto il processo, il luogo in cui vivevano gli imputati e se erano cittadini romani.

Tuttavia, il papiro appena decifrato, fornisce prove per una questione molto dibattuta: se gli antichi ebrei possedessero o meno schiavi. Il papiro afferma che almeno una famiglia ebrea, quella di Saulos e di suo padre, possedeva più schiavi, secondo lo studio, ma non è chiaro se quegli schiavi fossero essi stessi ebrei.

Il documento non fornisce una chiara risoluzione al caso giudiziario, che potrebbe essere stato interrotto dalla rivolta di Bar Kokhba, secondo lo studio. La rivolta potrebbe aver spinto il proprietario del rotolo a gettarlo frettolosamente nelle grotte del deserto della Giudea, dove è rimasto per quasi due millenni insieme ad altri Rotoli del Mar Morto.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

per ulteriori info: Austrian Academy of Sciences

 

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