I GIOVANI HERIUS E PLEMINIUS – TEATE SI RACCONTA…
Carissime Lettrici e Carissimi Lettori del blog,
è veramente un periodo infausto ma dobbiamo tener duro e, nell’ambito della campagna di sensibilizzazione “#iorestoacasa“, ho deciso di scrivere un nuovo racconto della mia personalissima collana “Teate si racconta“, forse da portare in scena, i cui protagonisti sono Herius e Pleminius, gli eroi teatini dell’antichità. Spero vi tenga compagnia per qualche minuto e vi faccia sognare di tempi passati e rivivere sensazioni e mentalità antiche.
Ho già scritto di loro nel racconto Herius e Pleminius: due veri eroi teatini! e delle vicende che li hanno portati a perire gloriosamente durante la Battaglia di Zama (18 ottobre del 202 a.C., la fonte che cita i Marrucini e i nostri eroi, lo ricordo, è Silio Italico, XVII, 451-471).
Questo racconto è più privato, più intrinseco, racconterà della vita di due ragazzi teatini alla fine del III secolo a.C. che vivevano nella capitale di un popolo italico che dopo poco più di cento anni si ribellerà a Roma per la propria indipendenza.
Buona lettura!
Di buon mattino. Haralio il giovane, giovane àugure di Teate Marrucinorum e figlio di quell’Haralio che predisse la sconfitta della Battaglia di Canne (agosto del 216 a.C.), affaccendato nella preparazione dei suoi rituali giornalieri presso il Tempio del Pozzo sacro, intravide, da una delle finestre del tempio, i due adolescenti gemelli teatini Herius e Pleminius, sorrise e pensò che il maestro Nikandros di Sparta aveva fatto proprio un ottimo lavoro di insegnamento con quei due ragazzi e ora che il padre Marcios li aveva affidati a lui, sarebbe stato tutto molto semplice per farli diventare sacerdoti dei templi dell’Acropoli.
Nel momento stesso di quel pensiero, il braccio destro di terracotta della statua di Herakle recentemente riparato, cadde a terra, generando un rumore sordo, quasi nefasto. Haralio urlò e correndo verso la statua inciampò nelle vesti: lasciando immediatamente tutto a terra, si recò presso l’altare, accese il braciere, prelevo un tordo da una gabbia e gli infilò un coltello al collo, prese il sangue versato in un piatto di bronzo e lo gettò sul braciere acclamando, contemporaneamente, la seguente litania: Herakle divino, tu che hai l’eccelsa forza per sempre indistruttibile di Zeus, Herakle d’animo vigoroso, di grande forza, prode Titano, dalle mani potenti, indomito, ricco di fatiche gagliarde, dalle forme cangianti, padre del tempo, eterno e benevolo, indicibile, d’animo selvaggio, vieni a me e dimmi cosa accade. Cadde in ginocchio, come in trance.
Nel frattempo, i due gemelli teatini, ignari del futuro sacerdotale che l’àugure Haralio il giovane e il padre Marcios stavano riservando loro, si diressero presso il locale gymnasium per l’allenamento quotidiano, prima di riprendere, nelle ore pomeridiane, le noiose lezioni con il paternale giovane maestro.
L’istruttore del gymnasium non ha mai gradito i giovani saccenti e non ha mai concesso loro alcun vantaggio o opportunità: il suo nome, Theokoles, greco, anche lui fuggito da Sparta, oggi al servizio dei magistrati teatini. Albino, quindi caratterizzato dalla sua carnagione chiarissima, capelli lunghi e di colore giallo avorio tendente al bianco, iride degli occhi di colore rosso e denti storti e anneriti. Tutto questo, unito alla statura imponente, ma con corpo grasso e flaccido e ricoperto da lunghe e profonde cicatrici per le ferite riportate durante le battaglie in Grecia, incuteva timore solo allo sguardo. Herius e Pleminius riuscirono ad ottenere il rispetto del loro istruttore solo dopo settimane di duri allenamenti e combattimenti tra loro e dopo un episodio particolare.
Il padre dei gemelli, Marcius, ha sempre ritenuto importante la forma fisica, nonostante avesse destinato il loro futuro a una missione più pacifica. Quindi condusse, circa tre mesi prima, i due ragazzi presso il gymnasium di Theokoles. Questi testò personalmente la spavalderia dei ragazzi che, pensando di fare un sol boccone del gelatinoso istruttore, si sono dovuti ricredere e, con la coda fra le gambe, tornarono a casa pieni di lividi e dolori. Fine prima lezione.
I giorni successivi ritentarono e, a dispetto del grasso che gli ricopriva il ventre molle, Theokoles era agile e scattante come un ragazzino e la forza dei suoi colpi devastante. Instancabile, prontissimo di riflessi: i segni della lotta impari sui due gemelli erano ormai sempre più visibili sul corpo dei ragazzi. Fino a quel giorno…
Dopo aver attraversato il Tempio del Pozzo sacro, dopo essere stati momentaneamente attirati nella loro attenzione dal rumore sordo della caduta del braccio della statua senza sapere esattamente cosa fosse, proseguirono ignari verso il gymnsasium.
L’istruttore li attendeva, tronfio, all’ingresso, con il suo bastone da lotta in mano: ma prima che i ragazzi riuscissero a mettersi in guardia, una doppia bastonata in pieno volto li colpì mandandoli a terra tra una nuvola di polvere e schizzi di sangue. Herius urlò immediatamente a Pleminius di mantenere la calma: si ricomposero e a una velocità mai vista fino a oggi, attaccarono contemporaneamente Theokoles che riuscì a parare l’attacco del primo ma subì un grave colpo ai polpacci dall’altro. Cadde pesantemente a terra. I gemelli puntarono immediatamente i bastoni verso il viso dell’uomo che, con un movimento inusitatamente fulmineo, tentò di far cadere i ragazzi che, invece, fecero un enorme balzo e colpirono il flaccido stomaco dell’uomo che lasciò cadere, finalmente, il suo bastone.
Theokoles si rialzò a fatica e con un ghigno misto a dolore e soddisfazione, mandò a casa, per quel giorno, i due fratelli dai volti pieni di lividi. Il suo compito era quasi completo.
Il giorno successivo, sempre di buonora, Haralio tentò di leggere le viscere di un capretto appena sgozzato e sacrificato a Herakle ed Herentas. Le interiora avevano un aspetto singolare: il fegato, particolarmente gonfio, erano sintomo di continuo benessere e crescita sociale; gli intestini, intrecciati sul finire della loro lunghezza, significavano il prospettarsi di un duro impegno di qualcuno posto a capo di un compito per venire a capo di una situazione… Cosa vorrà significare?
In quell’istante, davanti al Tempio, passarono i due gemelli, diretti verso il gymnasium e Haralio comprese che i vaticini erano diretti a Teate e ai due giovani, al futuro di quella città. Per il momento, tenne tutto per se!
La preparazione mattutina con Theokoles proseguì come non mai negli ultimi mesi: non più scontri con il grasso gigante ma perfezionamenti della tecnica di combattimento tra i due gemelli. Mel pomeriggio, invece, Haralio fece tenere le lezioni da un nuovo maestro di origine greca che risiedeva ad Alba Fucens da anni, Lìsandros.
Lìsandros, al posto delle interminabili lezioni ed esercitazioni di artimetica e ortografia, iniziò a raccontare loro le gesta di antichi eroi, lasciando i gemelli incantati da quei racconti: uomini straordinari, come Herakle, chiamati ad affrontare prove impossibili, armati solo del proprio coraggio e della propria arguzia. Herius, più curioso, era un fiume in piena di domande e curiosità per carpire segreti e motivi che avevano spinto quegli uomini, lontano dalle proprie famiglie e dalle proprie case, ad affrontare pericoli e ignoto.
All’uscita dalla lezione, i gemelli erano estasiati e in preda a desiderio di primeggiare, come dei e semi-dei, per emularne le gesta. Tra sorrisi e battute, attraversarono le vie ormai buie di Teate quando, prima di giungere nei pressi della grande necropoli orientale (nei pressi dell’odierna Mater Domini, ndr) sentirono urla e schiamazzi di voci maschili che sovrastavano una richiesta di aiuto femminile.
Si guardarono in viso e corsero verso le voci dietro il vicolo: nei pressi di un’abitazione fatiscente, un gruppo di loro coetanei di cui non riconoscevano nessuno, aveva appena iniziato a strappare le vesti di due splendide ragazza dalla carnagione olivastra e dai capelli corvini. Se per un istante le giunoniche forme delle donne, anche loro gemelle paralizzarono i movimenti dei gemelli teatini, l’istante dopo Pleminius rinsavì e diede una gomitata al fratello: immediatamente si gettarono contro gli altri 6 o 7 individui, che notarono essere ben vestiti.
Nonostante i dolori e i lividi dei giorni precedenti, Herius e Pleminius, come se fossero ancora un corpo solo, si gettarono contro quei giovinastri coetanei, un paio dei quali erano già semi nudi per approfittare di una delle ragazze e inermi: quanto insegnato loro da Theokoles fu messo in opera. Pugni, calci, mosse di lotta, denti che volavano via, arti che si piegavano in modo inconsueto, vesti che si tingevano di rosso… Dopo qualche istante, la masnada di bulli raccolse i residui dei propri stracci e scappò via, urlando di vendette e rappresaglie.
Herius e Pleminius, dopo un istante di pura gioia, estasiati dai racconti del pomeriggio, si avvicinarono alle ragazze; Herius porse loro i brandelli degli abiti, aiutandole a coprirsi. Dopo un comprensibile attimo di smarrimento, Naevia e Laetitia, questi erano i loro nomi, abbracciano Herius, prima, e Pleminius, poi, ringraziandoli per l’intervento. Raccontarono loro di essere uscite per consegnare una cesta di viveri a uno enigmatico straniero, che viveva oltre la necropoli, da parte della loro padrona, moglie di uno dei magistrati locali. Sulla strada del ritorno da quella commissione si imbatterono in questi ragazzi che le avevano infastidite già qualche giorno prima, al mercato, senza conseguenze. Ma stasera…
I due gemelli si offrirono di riaccompagnarle a casa, dall’altra parte del borgo, nel quartiere dell’acropoli. Giunti alla casa del magistrato, le guardie tentarono di aggredire i gemelli, vedendo le condizioni di Naevia e Laetitia. Ma furono immediatamente bloccate dall’intervento del loro padrone, Cassius Longinus Calvo, uno dei magistrati di Teate, di chiara origine latina.
Questi comprese la situazione e accolse i giovani in casa che si i presentarono come figli di Marcius Glabro e il magistrato disse di conoscere; offrì loro un rifocillamento e un compenso economico, che i ragazzi elegantemente rifiutarono.
Nel frattempo, gli sguardi furtivi delle due schiave spiavano, da dietro una tenda, la conversazione tra il loro padrone e i loro due salvatori. I loro occhi, ormai, li guardavano con sguardi particolari e sognatori, però si rendevano conto che nulla sarebbe potuto accadere con quegli uomini di quel rango sociale.
Tornando a casa, i due gemelli ripercorsero la giornata e anche dai lori discorsi trapelò, senza che nessuno dei due lo espresse esplicitamente, un interesse per le due ragazze.
Si sarebbero potuti incontrare nuovamente? Studi e prove atletiche verso quale destino li avrebbe condotti? Questi gli interrogativi che accompagnarono il sonno di quella notte.
Nel frattempo, l’àugure Haralio era sempre più in preda a visioni e vaticini che lo rendevano, anche in quell’ora notturna, preoccupato per la sorte dei suoi giovani allievi. Veglierà su di loro, ne era certo!
Daniele Mancini