I SISTEMATICI BOMBARDAMENTI SUL PATRIMONIO CULTURALE DI GAZA
Il fuoco dei carri armati, il bombardamento aereo o la demolizione di edifici con esplosivi non sono così chirurgici come gli organi ufficiali degli stati lascino credere e, in Palestina, secondo il sito web del Middle East Monitor, l’esercito di Israele ha deliberatamente distrutto dozzine di siti archeologici e di antichità in tutta la Striscia di Gaza, descrivendo dettagliatamente i danni intenzionali causati a otto musei, tra cui quelli di Rafah e Khan Younis, nel sud di Gaza. Inoltre, il sito web ha evidenziato i danni causati a dozzine di moschee, chiese e siti storici e culturali nella città di Gaza e 21 centri culturali sarebbero stati danneggiati.
Il chiaro appello, una volta considerato ovvio, a proteggere e preservare i beni del patrimonio culturale potrebbe suonare come una predica, anche fuori luogo, ma in molti mancano di quella “delicatezza culturale” nei confronti dei beni archeologici e storico-artistici. Tuttavia, Israele, forse per mancanza di scelta, per mancanza di attenzione, forse anche deliberatamente, sta distruggendo antichi tesori culturali e millenari e l’impatto di tale distruzione occuperà ricercatori e studiosi per molti anni a venire.
Ogni elenco che riassume i danni ai siti del patrimonio culturale di Gaza inizia con la Grande Moschea, conosciuta anche come la Grande Moschea Omari, che, secondo storici e archeologi era un simbolo che rappresentava la lunga storia di Gaza. All’inizio di dicembre, la struttura della moschea più antica di Gaza è stata distrutta da un attacco aereo delle forze di difesa israeliane. L’IDF ha affermato, in un comunicato, che la moschea, la cui torretta è ancora in piedi, è stata utilizzata come infrastruttura terroristica e al suo interno è stato scoperto un tunnel. Sembra che anche il mercato coperto adiacente alla moschea, una struttura del XIII secolo, sia stato danneggiato.
In un articolo degli archeologi Alon Arad e Talya Ezrahi di Emek Shaveh, una ONG israeliana composta da archeologi e attivisti sociali che lavorano per preservare i diritti del patrimonio e i siti di antichità come bene pubblico, sul sito web Local Call, hanno affermato che, senza accuse specifiche, il danno massiccio alla stessa Moschea Omari è un danno tragico per un sito storico di valore internazionale.
Per quanto riguarda la Grande Moschea Omari, la preoccupazione non riguarda solo i danni alla struttura stessa, ma anche alla biblioteca che operava al suo interno: la moschea ospita una delle più grandi biblioteche palestinesi di manoscritti islamici, raccolti nel corso di molti anni. Aveva subito danni già nelle guerre precedenti.
Un altro sito importante è la Chiesa di San Porfirio, che apparentemente è stata danneggiata, ma non completamente distrutta. La chiesa greco-ortodossa del V secolo si trova nel quartiere Zeitun di Gaza City. È la chiesa ancora operativa più antica della città ed è considerata una delle più antiche di tutta la Cristianità. Secondo quanto riferito, due sale della struttura sono state danneggiate il 20 ottobre da un attacco aereo israeliano e i vertici della Chiesa greco-ortodossa hanno definito il danno alla struttura “un crimine di guerra”.
Molti punti interrogativi aleggiano su un’altra struttura: Tell Umm Amer a Nuseirat: è il Monastero di Sant’Ilarione (foto a sinistra) che prende il nome da uno dei primi monaci cristiani del deserto nel III secolo. Il monastero bizantino è considerato uno dei siti cristiani centrali nella Striscia di Gaza e il monumento è stato ristrutturato negli ultimi anni: nelle ultime settimane l’Autorità Palestinese ha chiesto all’UNESCO di riconoscerlo, in un processo di emergenza, come Sito Patrimonio dell’Umanità.
Tra gli altri siti apparentemente danneggiati spicca quello degli scavi di Anthedon, l’antico porto di Gaza (foto di copertina). È stato riferito che il sito è stato danneggiato, ma è difficile trovare prove per confermarlo. L’area aveva già subito gravi danni alle sue antichità da parte di Hamas, mentre espandeva la sua zona di addestramento militare.
Anche Tell es-Sakan, uno dei primi insediamenti cananei, fu apparentemente danneggiato prima della guerra, distrutto da Hamas per espandere una base militare: la distruzione suscitò grande sdegno tra gli archeologi francesi e palestinesi.
Tra gli edifici moderni di valore storico danneggiati, il Centro Culturale Rashad Shawa (dal nome del sindaco di Gaza negli anni ’70). La struttura brutalista in cemento a vista è stata costruita dall’architetto Saad Mohaffel e completata 30 anni fa, raggiungendo lo status di icona a Gaza. Questa struttura è stata progettata per essere la sede del parlamento palestinese dopo la fondazione di uno stato.
Secondo Dotan Halevy, storico e ricercatore presso il Van Leer Institute, conferma il senso di profonda tristezza per il patrimonio che è stato distrutto, ma anche per il fatto che la gente di Gaza ha cercato di denunciare questi crimini perpetrati già da anni da Israele contro tutto ciò che è bello, contrariamente alle operazioni militari del passato in cui c’erano professionisti che segnalavano ciò che non doveva essere distrutto.
L’archeologo Alon Arad, direttore esecutivo della ONG Emek Shaveh, ha spiegato che ci sono circa 300 siti archeologici a Gaza, alcuni dei quali risalgono al periodo del dominio israeliano. Arad conferma che esiste una comprensione generale di ciò che accade in questi siti, ma una sorveglianza dettagliata è molto difficile. Un vero lavoro archeologico è stato quasi impossibile a Gaza negli ultimi 50 anni e soprattutto nei 15 anni trascorsi dall’inizio del governo di Hamas. L’unica ricerca è stata condotta dall’École Biblique, la scuola archeologica francese di Gerusalemme che, secondo Arad, ha portato a termine diversi progetti di salvataggio dei siti archeologici di Gaza.
Secondo Reuven Amitai, docente di Storia musulmana orientale presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, esperto di Gaza nel periodo mamelucco (circa 700 anni fa), Gaza era una delle città più importanti della Terra d’Israele durante il periodo mamelucco, insieme a Safed e Gerusalemme. La città all’epoca fungeva da capoluogo di provincia e da importante stazione di passaggio su un’arteria commerciale interregionale ed era senza dubbio parte integrante della Terra d’Israele. La separazione tra Gaza e Israele a cui assistiamo oggi è dunque una nuova invenzione, vecchia solo di pochi decenni.
Grazie all’importanza strategica di Gaza, nella regione furono costruiti diversi ponti importanti, per esempio ad Ashdod, vicino a Yavne e sul torrente Shikma. Gaza è inoltre circondata da un importante entroterra agricolo, e nei suoi dintorni si coltivavano cereali, uva, fichi, meloni e altri frutti. Secondo Amitai non sono molti i resti di quel periodo in città ma esistevano diverse moschee in città, prima fra tutte la Grande Moschea Omari, di cui sopra.
Fino al 1948 esisteva una serie di insediamenti tra Gaza e Ashkelon, anche una comunità ebraica, sia nel V secolo che successivamente nel XIV secolo. Durante il periodo crociato apparentemente non vi era alcuna presenza ebraica a Gaza e solo successivamente vi fu una fiorente comunità ebraica che attesta stabilità e prosperità. Alla fine del periodo mamelucco vi vivevano circa 80 famiglie ebree, mentre durante il periodo mamelucco Israele divenne una terra di musulmani, con il paesaggio di Gaza che divenne interamente islamico.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini