IL PANTHEON DEI GRECI, DEE E DEI – ultima parte
Si conclude il viaggio tra le divinità venerate dagli antichi Greci. Chi avesse perso le altre parti, clicchi qui.
Buona lettura.
18) Artemide. La sorella gemella di Apollo, nella narrazione mitologica si racconte che dopo essere nata, aiutò sua madre a partorire il fratello gemello, incarnando così gli aspetti del travaglio e del parto. Eternamente casta e vergine, ha un paradossale collegamento con la gestazione e il parto.
Tra gli dei e le divinità greche dell’Olimpo, Artemide era associata alla caccia, alle foreste e alla luna, che forse le permetteva di sostituire Selene , la titana riconosciuta divinità della luna. Il filosofo stoico di V secolo a.C., Quinto Lucilio Balbo, menzionato da Cicerone nel suo De Natura Deorum, ha associato la romana Diana con la greca Artemide.
È interessante notare che, oltre alla paradossale connessione della vergine Artemide al parto, la dea greca incarnava anche altri aspetti apparentemente in conflitto, che vanno dalla purezza e serenità dei boschi e delle terre selvagge alla natura imprevedibile e in continua evoluzione della luna.
Le origini religiose di Artemis sono ancora dibattute, con ipotesi della sua etimologia frigia, ma non c’è dubbio che la divinità fosse tenuta in grande considerazione.Infatti, il Tempio di Artemide a Efeso, dedicato a una variante locale della dea della caccia, era annoverato tra una delle Sette antiche Meraviglie del mondo.
19) Hermes. Nella mitologia greca, Ermete, figlio di Zeus e Maia, una delle figlie del titano Atlante, è stato inserito nel rango esclusivo dei dodici dei dell’Olimpo dopo aver dimostrato la sua intrinseca astuzia, anche da bambino. Secondo un episodio in particolare, fu in grado di rubare il bestiame di Apollo e anche di creare una lira con il guscio di tartaruga, appena uscito dalla sua culla. Impressionato da questi sforzi intelligenti, Zeus fece personalmente di Hermes il suo araldo e messaggero.
Rispecchiando la natura astuta e talvolta accorta delle sue imprese, Hermes era considerato il dio greco di vari aspetti che spaziavano dalle greggi, ai viaggiatori, all’ospitalità, alle strade, al commercio, alla diplomazia, alla lingua e alla scrittura, alle gare atletiche e, persino, ai furti.
In virtù delle sue speciali calzature alate (talaria) e di un cappello alato (petaso), poteva rapidamente viaggiare tra i mondi, servendo così come un messaggero di dei per i mortali. Ha anche adempiuto al suo ruolo di “curatore” delle anime nell’Ade.
La prima menzione di Ermes, come di altri dei greci, è stata identificata in un frammento di tavoletta inscritto in Lineare B, alludendo alle sue origini micenee, mentre il suo santuario più antico corrisponde al Monte Cillene in Arcadia. Ermete era raffigurato come un uomo barbuto o un giovane non barbuto, che viaggiava con la sua attrezzatura alata e la bacchetta di un araldo.
20) Dioniso. Incluso tra i Dodici dei dell’Olimpo, Dioniso era l’unica divinità ad avere una madre mortale. Figlio di Zeus e Semele, figlia di Cadmo (re di Tebe), nella mitologia, la sua nascita prese una piega tragica.
Hera, accecata dalla gelosia, ingannò l’incinta Semele per convincere Zeus a comparire nella sua forma divina originale di fronte a lei. Ma il potere del re degli dei era troppo grande per la mortale che perì colpita dai fulmini che contornavano Zeus. Questi, però, riuscì a salvare il bambino cucendolo nella sua coscia, facendo ricordare Dioniso come “nato due volte” perché partorito da Zeus al raggiungimento della maturità.
Nella mitologia Dioniso era il dio della vegetazione e della vinificazione, ma i suoi aspetti cominciarono a prendere una più ‘più selvaggia’ quando furono associati a festività, baldoria, piacere ed estasi. Il sottotono della frenesia e la sua natura incontrollabile si riflettono spesso nella narrativa mitologica, con i seguaci di Dioniso, principalmente donne, chiamati baccanti , spesso raffigurati come aventi la capacità di possedere il potere occulto per incantare gli animali e una forza straordinaria. In sostanza, Dioniso, rappresentava l’incontrollabile, potente forza vitale (“linfa”) della natura.
Anche le origini di Dioniso è menzionato in una tavoletta di lineare B, risalente al periodo tardo miceneo, (circa XIII secolo a.C.). I suoi culti successivi, probabilmente di origine straniera, dai tempi dei romani, in qualche parte rimasero misteriosi e furono piuttosto scandalosi, come attestato da Livio. Questi narra di come alcune sette praticassero la violenza alimentata dal vino e la sfrenata promiscuità sessuale, accompagnate da musica cacofonica, costituendo il termine “baccanale”, che significa “festa degli ubriachi”.
Daniele Mancini