IMPORTANTI TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DELL’INVASIONE DI GIULIO CESARE DELLA BRITANNIA
Le invasioni di Giulio Cesare della Gran Bretagna, tra il 55 e il 54 a.C., sono state autentiche prodezze militari, secondo le narrazioni sugli eventi di Cesare stesso ma, fino a oggi, mai corroborate da prove archeologiche sufficienti per sostenere in modo veritiero questi fatti storici di rilievo.
I risultati della ricerca archeologica degli studiosi Università di Leicester hanno confermato, invece, l’autenticità di un fossato difensivo, realizzato come parte di un antico castrum romano costruito dalle forze di Cesare, rinvenuto in prossimità del villaggio di Ebbsfleet, sull’isola di Thanet nel Kent, che a sua volta si affaccia sul Canale della Manica.
Già nel 2010 tracce del fossato erano venute alla luce grazie al lavoro degli archeologi che già “sospettavano” che questo elemento strutturale fosse probabilmente collegato all’invasione della Gran Bretagna da parte di Cesare. Oggi, dopo i recenti scavi condotti sia nel 2016 che nel 2017, gli studiosi hanno confermato la loro ipotesi.
Gli scavi confermano, inoltre, che il castrum sia stato progettato e costruito in modo simile a quelli costruiti, sempre dalle legioni di Cesare, sia in Francia che in Germania. Infine, i dintorni del sito dello sbarco, con la sua spiaggia sabbiosa e le sue scogliere a nord della baia, si abbinano piuttosto bene alla descrizione fornita dallo stesso Cesare nei sui resoconti.
Secondo lo storico-archeologo, Andrew Fitzpatrick, i britanni si sono riuniti per opporsi allo sbarco romano del 54 a.C. ma, nel vedere l’imponente flotta romana di 800 navi, si sono nascosti in alto, su un terreno più impervio. Quindi quelle affermazioni che sembrerebbero solo secondarie rispetto alla narrazione che Cesare ha fornito, offrono numerosi indizi su come fosse il posto, indizi coerenti con il paesaggio intorno a Ebbsfleet.
L’imponente invasione del 54 a.C., con cinque legioni di fanteria, il supporto di 2000 cavalleggeri, per un totale di oltre 20000 uomini, è stata preceduta da una sorta di piccola invasione avvenuta nel 55 a.C. che ha coinvolto una forza molto più piccola, ma dall’enorme significato politico per Roma stessa.
Dopo che nel 55 a.C. i Romani sono riusciti a soggiogare molte tribù galliche, dopo aver attraversato il Reno e sconfitto alcune tribù germaniche, l’atto che ha spinto Cesare nel punto massimo dell’immaginazione pubblica romana è stato l’invasione della Gran Bretagna, impresa mai provata prima da nessun generale romano. Cesare ha avuto dalla sua persino il casus belli: tribù celtiche britanniche hanno aiutato militarmente i loro fratelli continentali.
Ma la prima campagna britannica è stata più una mossa calcolata da Cesare per rafforzare la sua notorietà, che un vero e proprio atto militare doviziosamente preparato. Due sole legioni, senza cavalleria, non riuscita a sbarcare nel Kent a causa delle alte maree, un accampamento difensivo malamente realizzato e tagliato fuori dai rifornimenti, non hanno prodotto un risultato militare sperato. Una battaglia di breve durata, servita ai legionari solo a mantenere le posizioni, ha preceduto il ritiro dei Romani dopo soli venti giorni di permanenza sul suolo britannico.
Nel 54 a.C. Cesare è tornato a condurre i suoi affari incompiuti in Gran Bretagna, come abbiamo visto, molto meglio attrezzato! Nonostante avesse incontrato altre difficoltà durante lo sbarco di fronte alla resistenza da parte degli sfuggenti britannici, è riuscito a ottenere la sua prima grande vittoria, sconfiggendo una grande alleanza di tribù.
Immediatamente dopo ha preso d’assedio il villaggio dei Catuvellauni, una sorta di fortezza della tribù più potente del sud della Gran Bretagna (probabilmente situata nell’Hertfordshire moderno) che ha portato alla conseguente resa della maggior parte delle tribù vicine ai Romani. Grazie a questo, Cesare ha soggiogato il suolo britannico conferendo una struttura politica che ha aperto la strada alla romanizzazione della regione avvenuta durante i secoli successivi.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: The University of Leicester