giovedì, 21 Novembre 2024
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INDIVIDUATO CASTRUM DI V SECOLO D.C. NELLA FORESTA SPAGNOLA GRAZIE ALLA TECNOLOGIA LiDAR

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Un team di archeologi spagnoli ha individuato le rovine di un castrum del V secolo d.C. e un potente sistema murario difensivo in una fitta foresta grazie alla tecnologia LiDAR (acronimo dall’inglese Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection and Ranging, la moderna tecnologia che sta rivoluzionando l’archeologia consentendo agli archeologi di rilevare, misurare e mappare strutture nascoste sotto una fitta vegetazione che, in alcuni casi, è cresciuta per secoli).

Il team ha trovato i resti della fortezza su una collina nel nord-ovest della Spagna utilizzando il LiDAR. Questa tecnica, che fa rimbalzare centinaia di migliaia di impulsi laser ogni secondo sul paesaggio da un aereo che vola sopra il territorio, ha rivelato una fortezza altomedievale che copre circa 10 ettari, con 30 torri e un sistema murario difensivo di quasi un chilometro e mezzo di lunghezza. Il castrum sembra sia stato edificato nella prima metà del V secolo d.C., forse in cima a una precedente stuttura collinare ascrivibile all’Età del Ferro, quella gli arhceologi stavano effettivamente cercando, per difendersi dagli invasori germanici dopo che il controllo romano della regione era crollato.

Lo studio è stato condotto da Mário Fernández- Pereiro, archeologo dell’University College di Londra e dell’Università di Santiago de Compostela (USC). Il sito, chiamato Castro Valente, si trova nel distretto di Padrón, nella regione della Galizia, a circa 20 km a sud-ovest della città di Santiago de Compostela.

Secondo gli abitanti del luogo, Castro Valente sarebbe stato costruito dopo il IX secolo a.C. circa da un popolo celtico, chiamato Callaeci in latino, che viveva in Galizia in quel periodo. Un’altra tribù celtica, chiamata Astures , viveva a est in quella che oggi è la regione spagnola delle Asturie, mentre altre, chiamate Lusitani, vivevano a sud in quello che oggi è il Portogallo.

Fino a quando non furono incorporati dall’espansione dell’Impero Romano nel I secolo a.C., i Callaeci e gli Astures formarono la “cultura castrense” degli insediamenti fortificati in cima alle colline e l’odierna Galizia è piena delle loro rovine, secondo lo studio del dicembre 2022, pubblicato in Cuadernos de Arqueología de la Universidad de Navarras, rivista Archeologica dell’Università di Navarra.

Quando Fernández-Pereiro e José Carlos Sánchez-Pardo, archeologo dell’USC e coautore dello studio, hanno iniziato a ricercare il sito, pensavano anche che Castro Valente fosse un insediamento celtico fortificato. Presto trovarono le evidenze archeologiche che confermavano quanto la struttura sepolta fosse molto più grande di quanto si aspettassero e che parti di essa erano state costruite con metodi non utilizzati nell’Età del Ferro, simile alle strutture individuate in Gran Bretagna dopo il crollo di dominio romano.

Nel V e nel VI secolo d.C., molti gruppi umani provenienti dalla Britannia, soprattutto da quelli che oggi sono il Galles e la Cornovaglia, fuggirono dall’invasione anglosassone immigrando in Galizia, insieme alla più famosa migrazione dei britannici verso quella che oggi è conosciuta come Bretagna, nella Francia occidentale. Le prime indagini archeologiche hanno continuato a fornire dati che indicano un periodo di occupazione post-romana, presumibilmente nella prima metà del V secolo.

La disposizione, la costruzione e i frammenti di ceramica della fortezza suggeriscono che il castrum sia stato costruito dopo che l’Impero Romano perse il controllo della regione, all’incirca all’inizio del V secolo d.C., quando la Penisola Iberica fu invasa dagli invasori germanici. La Galizia cadde in mano al popolo Suevi (o Suebi), originario della regione del fiume Elba, di quelle che oggi sono la Germania e la Repubblica Ceca, e la fortezza sembra essere stata costruita dalla popolazione locale per la difesa in quel momento.

Secondo Fernández-Pereiro, il castrum  sembra essere stato abbandonato circa 200 anni dopo, forse perché non era più necessaria ma solo la ricerca futura potrebbe rivelare di più su di essa, oltre a realizzarne una tutela migliore rispetto a oggi.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Hispania

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