INSEDIAMENTO ROMANO-BIZANTINO INDIVIDUATO A KIRYAT GAT, ISRAELE
Durante i lavori di costruzione di un nuovo quartiere a nord della città israeliana meridionale di Kiryat Gat, gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority hanno scoperto il più grande insediamento romano-bizantino della zona. Include una “cantina” per la preparazione del vino, un completo laboratorio della ceramica e quello che sembra essere un monastero con un elaborato pavimento a mosaico simmetrico lungo la navata principale con un’iscrizione in greco.
Secondo i co-direttori degli scavi, Shira Lifshitz e Maayan Margulis, non si tratta di una dedica, ma di una citazione biblica tratta da Deuteronomio 28:6: “Benedetto sarai quando entri e benedetto sarai quando esci”.
Altri elementi del pavimento musivo includono alcune croci e leoni, uccelli che probabilmente sono colombe e una raffigurazione di un’anfora, un tipico contenitore usato nell’antichità per conservare vino, olio o altre derrate. Si possono anche distinguere fiori e motivi geometrici. La citazione biblica è al centro.
Il mosaico non è completo: gli elementi sopra menzionati sono solo quelli inconfondibili mentre la parte posteriore del leone è distrutta.
Secondo Michael Eisenberg, archeologo ed esperto di chiese bizantine, la depressione presente nel pavimento del monastero che potrebbe avere due possibili usi, molto probabilmente era semplicemente un punto per raccogliere acqua e sporcizia durante la pulizia del pavimento ma, in alternativa, potrebbe essere stato il posto dove mettere un grande contenitore.
In modo unico nell’archeologia israeliana, secondo la Lifshitz, i motivi nel tappeto a mosaico includono sezioni che presentano gruppi di tessere molto piccole che avrebbero dovuto essere posizionate con molta delicatezza. Le tessere in un dato mosaico sono solitamente molto simili in termini di dimensioni.
Le dimensioni dell’insediamento devono ancora essere stabilite. Gli scavi sono agli inizi, dice Margulis, e finora gli archeologi hanno individuato i resti di almeno 10 edifici, tra cui quello con un torchio per il vino, un magazzino e il monastero, ma non hanno ancora iniziato a ricercare seriamente il resto della la zona residenziale.
La differenza principale tra una chiesa antica e un monastero antico è che la chiesa è una semplice sala di culto, mentre il monastero include una sala di culto e gli ambienti per l’alloggio e i servizi. Accanto alla sala di culto, hanno identificato uno spazio abbastanza grande che pensano possa essere il refettorio.
Secondo Margulis, sebbene non possa essere stato occupato consecutivamente, l’insediamento nel sito risale ad almeno 6.000 anni fa, al Calcolitico ma l’occupazione è stata consecutiva solo a partire dal primo periodo romano, il I secolo d.C., e per tutto il periodo bizantino. Infatti, gli archeologi hanno rilevato segni di due fasi di costruzione nel contesto del quartiere del chiostro: uno strato precedente (romano) e uno successivo (bizantino). Lo scavo si concentra sull’area del periodo bizantino, durante la quale l’insediamento si è espanso.
Il presunto monastero risale al V/VI secolo: nella sua struttura hanno trovato vasi, monete, i frammenti di un presbiterio in marmo, vasi di metallo e splendido vetro prezioso, che probabilmente sarebbe stato prodotto localmente, essendo questa una delle poche fonti della sabbia speciale di cui i Romani avevano bisogno per la loro vetreria.
Finora sono state scoperte due piccole brocche di vetro intatte, probabilmente progettate per contenere liquidi preziosi. Un altro grazioso manufatto, anche se in frammenti, è un piccolo vaso di ceramica con un volto umano.
Un’ulteriore prova della produzione locale di ceramica sono i vasi deformi: gli scarti della lavorazione. Tra gli altri manufatti ceramici, per gli abitanti del villaggio, nel laboratorio si stavano realizzando le cosiddette “giare di Gaza”, un tipo di anfora caratteristico del territorio usato per esportare liquidi nel bacino del Mediterraneo. Durante l’indagine archeologica, è stato individuato anche un magazzino dove erano stati accatastati i vasi.
Il torchio da vino che hanno scoperto mostra enormi segni di utilizzo e riparazione: perfino le stanze di fermentazione e il tino di raccolta avevano pavimenti a mosaico con iscrizioni in greco, colorati di blu e bianco, con istruzioni per gli utilizzatori del torchio, pareti intonacate di bianco e colorate con motivi di colore rosso.
I lavori di scavo archeologico a Kiryat Gat, tutela e valorizzazione dell’area, proseguiranno alacremente prevedendo altre sorprese in futuro.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini