Intervista semiseria a un egittologo: Mattia Mancini (non siamo parenti…)
Oggi inauguro una rubrica di interviste e ho scelto, per iniziare, un giovane collega egittologo: Mattia Mancini.
Mattia è laureato in Scienze archeologiche presso La Sapienza di Roma e ha conseguito la magistrale in Archeologia a Pisa.
Ha partecipato a diverse missioni archeologiche a Luxor e scrive per la sezione egittologica dell’archeoblog dell’Associazione V.O.L.O. (http://archeoblog.associazionevolo.it/).
Conduce, inoltre, un completissimo e seguitissimo blog di egittologia, DJED MEDU, (https://djedmedu.wordpress.com). Buona lettura.
- Pomposità intellettuale, baffetti, giacchino coloniale, manuali di geroglifici sotto braccio o nella borsetta di pelle: non mi sembra che ti identifichi con queste caratteristiche. E allora sfatiamo il mito (sigh!) dell’egittologo e dicci chi sei, come sei, quando sei, perché sei!
Mattia: Tralasciando la borsetta di pelle che fa sempre la sua sporca figura (letteralmente se la si porta in cantiere), tutto il resto appartiene all’immaginario comune che affonda le sue radici ai tempi dei viaggiatori ottocenteschi e degli studiosi d’inizio secolo scorso. La figura dell’egittologo si è evoluta nel corso degli anni, ma questo cliché romantico continua a vivere nella letteratura e nel cinema e, di conseguenza, nella testa delle persone. Per quanto riguarda me, se ci soffermiamo alla ‘divisa’, non sono propriamente una fashion victim sullo scavo. Come per ogni lavoro manuale, infatti, uso abiti comodi, sicuri, funzionali e ‘sacrificabili’ a strappi, macchie e lavaggi frequenti. E la spocchia di certo non può essere attribuita a uno che ormai è identificato con una paperella di gomma…
- Il mondo è cosparso di grandi “presunti” studiosi di egittologia, egittofili che ne sanno più di Kent Weeks e si professano migliori di Howard Carter: cosa diresti a questi “esimi colleghi”?
M.: L’archeologia è il “sogno da bambini” di molti e, se da un lato questa cosa crea un interesse positivo nella gente, dall’altro dà adito ad amatori a improvvisarsi esperti del settore. In generale, tutti i lavori legati ai beni culturali sono considerati quasi degli hobby, dei passatempi aperti a chiunque voglia cimentarcisi. Come se io, dall’alto di un’ipotetica passione per la medicina, mi mettessi a fare operazioni a cuore aperto… L’egittologia, in particolare, ‘soffre’ del suo fascino esotico e galleggia sopra un substrato di sedicenti egittofili che pubblicano centinaia di testi dopo essersi documentati, quando va bene, su Wikipedia. Niente in contrario, certo, ma il problema si crea quando questi autori mettono in dubbio dati scientifici con ipotesi a dir poco fantasiose che, purtroppo, hanno una diffusione molto più capillare, soprattutto nel web, rispetto alle ricerche dei professionisti. È così che nascono le bufale che contaminano la percezione dell’antico Egitto nell’opinione pubblica. Cosa dico a questi miei ‘colleghi’? Quello che dicono sempre loro alla comunità scientifica, tacciandola di essere chiusa ad altre idee non ortodosse. In realtà, sono loro che non si aprono mai a verità già appurate e documentate preferendo ribattere con strani ragionamenti sempre sprovvisti di fonti.
- Che ne dici se mettessimo la parola “to be continued” (ehehehe…, ndr) sulla ultradecennale controversia “ma gli alieni hanno costruito le piramidi”?
M.: A proposito di bufale… Comincio a pensare che sia una causa persa… L’uomo è profondamente modesto, pessimista; non crede mai nelle proprie capacità. Per questo, non è possibile che le piramidi (o altre opere del passato) siano state realizzate senza un aiutino esterno. Prendendo in considerazione la piramide più famosa, non basta il cartiglio di Cheope in una delle camere di scarico, i villaggi e le necropoli degli operai che lavorarono a Giza, nemmeno la recente scoperta (2013) a Wadi el-Jarf, sul Golfo di Suez, di alcuni frammenti di papiri amministrativi con la vera contabilità del cantiere della Grande Piramide. Temo che si continuerebbe a parlare di alieni anche dopo la loro diretta smentita (possibile giustificazione all’eventualità: “Beh, magari si trattava di un’altra specie di extraterrestri…”)!
- Tra la messe di studiosi egittologi antichi e moderni, con chi ti identificheresti maggiormente o, almeno, chi ha ispirato i tuoi studi sul paese del Nilo e dei Faraoni?
M.: Zahi Hawass! No, scherzo… Il mio primo idolo, come scrissi in un tema dell’elementare, fu Over (Howard, capitemi, avevo 8 anni) Carter. Crescendo, sono diventato un po’ meno scontato e, ora, mi piacciono gli studi sulla società di Barry Kemp, il direttore della missione dell’EES ad Amarna, e, rifacendomi alla mia natura di archeoblogger, le iniziative di Chris Naunton, l’attuale presidente dell’International Association of Egyptologists, che sfrutta al meglio i social media per raccontare l’antico Egitto.
- Ora alcune domande serie: l’Egitto sta attraversando un periodo duro, tra l’incudine del regime militare e il martello dell’ISIS. Cosa ne pensi?
M.: Purtroppo, i fervori di libertà e democrazia della “Primavera araba” sono confluiti in uno dei periodi più neri che l’Egitto abbia mai attraversato. Perfino le prime elezioni ‘libere’ in oltre 5000 anni di storia hanno peggiorato la situazione con il governo di Morsi, durato circa un anno, che ha portato all’estremizzazione islamica di un Paese, fino a poco tempo fa, piuttosto laico. Scontri di piazza fratricidi e crisi del potere centrale hanno poi favorito il ritorno di una dittatura militare mascherata da repubblica con Al-Sisi e l’infiltrazione in gran parte del Sinai di Ansar Bayt al-Maqdis, gruppo jihadista affiliato all’ISIS. Tutta questa situazione ha avuto gravi conseguenze anche sul patrimonio storico-archeologico che, dal 2011, risente dell’espansione urbana incontrollata (la prima cosa che si costruisce è il cimitero così da impedirne lo smantellamento perché terra consacrata) e di mancanza di contrasto degli scavi abusivi e del mercato nero di antichità. Non a caso, negli ultimi anni, sono sempre più i reperti egiziani di dubbia origine battuti nelle aste di USA, Inghilterra, Svizzera e Israele. E non bisogna cadere nel solito errore demagogico del trascurare l’importanza dell’archeologia rispetto ad altre problematiche sociali perché, in Egitto, il turismo corrisponde a circa il 13% del PIL. Io ero a Luxor nel 2011 e fa veramente impressione vedere la Valle dei Re o il complesso di Karnak semideserti…
- Un tuo recente tweet (https://twitter.com/DjedMedu/status/692343008574967808) ha avuto un risalto imprevedibile, salendo sulle cronache nazionali per il suo particolare humor. Si parlava delle statue “coperte”. Ritengo che i “giornalettai” italiani hanno completamente tralasciato problemi più seri che attanagliano l’Iran, come ho citato sul mio blog, quelli relativi ai “diritti umani”. Ma una sterile polemica fa vendere di più e l’opinione pubblica “indignata” sa bene come rimescolare le proprie carte.
M.: Il ‘famoso’ tweet del bidet coperto con lo scatolone… Beh, non è la prima volta che esprimo il mio dissenso con ironia, ma, in questo caso, la diffusione del post è stata incredibilmente virale! Hai ragione nel dire che i media, troppo spesso, si soffermano su notizie marginali che, però, fanno molta più presa sul grande pubblico. Ed è vero che la vicenda delle statue dei Capitolini ha offuscato la discussione molto più seria sulla democrazia inesistente in Iran. Gli stessi governi, nella speranza di sottoscrivere accordi miliardari dopo la fine dell’embargo, si sono dimenticati di pena di morte, censura, segregazione delle donne e delle minoranze etniche/religiose, tutti argomenti che abbondavano nelle bocche dei politici fino a qualche mese fa. Tuttavia, non sottovaluterei la figuraccia mondiale fatta dall’Italia per “non urtare la sensibilità” di Rouhani perché, continuando a parlare pragmaticamente di soldi, penso che possa aver avuto ripercussioni economiche. Il turismo si fonda anche sulla reputazione del Paese.
- Alla luce del piano 2.0 relativo alla riorganizzazione dei beni culturali, che fine farà l’archeologia italiana? Di cosa avrebbe bisogno?
M.: La faccio breve: di un nuovo ministro del MiBACT e di un nuovo presidente del Consiglio. Vabbè, argomentiamo. È innegabile che una riforma strutturale all’interno del ministero fosse indispensabile ormai, ma così si torna indietro. La fusione delle Soprintendenze con un netto distacco dal territorio di competenza e perdita di autonomia (più annessa censura di Stato che impedisce ai dipendenti di parlarne), l’uso reiterato del volontariato a discapito del lavoro giustamente pagato dei professionisti (ma tanto Francheschini dice che fa curriculum…), i dubbi sugli articoli del nuovo Codice Appalti che riguardano l’archeologia preventiva, il recente rimpasto del governo che ha insediato nuovi estranei al settore ai vertici dell’organo che dovrebbe tutelare e valorizzare il patrimonio culturale italiano sono tutti provvedimenti che sembrano confermare la famosa dichiarazione di Renzi in merito ai lavori della Metro C di Roma: «Mai più cantieri fermi per ritrovamenti archeologici».
- Dopo il serio, il faceto: in questo mondo di social network, come si barcamena un egittologo rampante?
M.: Con molta, molta pazienza! Già leggendo alcune delle risposte precedenti, si può capire come sia faticoso parlare di egittologia sul web senza citare Atlantide, UFO o Adam Kadmon. La rete permette a ognuno di esprimersi, ponendo sullo stesso piano tutto ciò che viene caricato, da pubblicazioni accademiche a vaneggiamenti sul sovrannaturale. Sta nel navigante saper distinguere l’attendibilità delle informazioni lette. Ma è veramente difficile farlo quando si è abituati da sempre a ricevere, perfino dalla televisione pubblica, un certo tipo di messaggio. Quindi, cerco di essere chiaro, di fornire le fonti, di strappare qualche risata e di non prendermela se qualcuno insiste sulla retrodatazione della Sfinge. Ma se si esagera, sguinzaglio Ammit!
- Cosa vorrai fare “da grande”? Raccontaci dei progetti futuri, in Egitto e non…
M.: Lascio un po’ di suspense…
- Per concludere, regalaci una parola o una frase o una serie di geroglifici per descrivere quello che desideri.
M.: È venerdì sera e sto per uscire; non posso che dire: “La birra ha scacciato il male che era in me” (massima in neo-egizio , parete SE di un birrificio, Brooklyn NY).
Grazie Mattia, sempre puntuale, pungente, ironico!
Daniele Mancini