L’ALDILA’ NELLE ANTICHE TOMBE REALI EGIZIE – quinta parte
Eccoci al quinto capitolo dell’avvincente descrizione dell’aldilà rappresentano nelle tombe reali egizie. Per le altre parti, clicca qui.
Buona lettura.
Il Libro delle Caverne è composto agli inizi della XIX dinastia: rinuncia alla precedente suddivisione della notte in dodici ore, notte che è invece suddivisa in due «metà» di tre sezioni ognuna. Nelle sezioni, i tre registri sono più spesso che in precedenza graduati, per ragioni di spazio, con quello inferiore che è ovunque e comunque riservato alla punizione dei «nemici» nel «luogo della distruzione».
La barca solare compare solo nell’immagine finale, mentre altrove la presenza del dio Sole è soltanto accennata con il disco, mentre le prime cinque sezioni cominciano con una grande figura del suo aspetto notturno con la testa d’ariete. Il libro deve la sua denominazione moderna (manca un titolo originale) alle tante «caverne» o «cripte» in cui il mondo degli inferi è suddiviso. I molti ovali che saltano all’occhio intendono rappresentare i sarcofaghi degli abitanti degli inferi[1].
Il primo esemplare noto di questo libro fu trascritto ai tempi di Merenptah sull’ingresso dell’Osireion di Abydos. Compare con una variante dell’immagine finale nella camera del sarcofago di questo re e poi anche nelle tombe di Tausret e di Ramses III. Solo Ramses VI ha ancora una volta, nella sua tomba, una versione completa del libro, che si estende dall’ingresso sulla destra, dove è apposta la prima immagine, fino alla sala superiore a pilastri; nelle tombe di Ramesse IV, Ramesse VII e Ramesse IX se ne trovano solo estratti[2].
Nelle prime due sezioni la parte figurativa e quella testuale sono separate; i testi sono semplici monologhi del dio Sole; soltanto nelle sezioni successive ci sono scritte a corredo diretto delle immagini, con dialoghi e molte litanie. Nella terza sezione il cadavere di Osiride compare una prima volta nella sua «cassa» e poi anche circondato da un serpente protettore sotto la doppia sfinge Aker.
All’inizio della quarta sezione Iside e Nefti sollevano il cadavere di Osiride per avviare la sua resurrezione; inoltre egli è assistito dai suoi due «figli» Anubi e Horus. Nella quinta sezione la successione dei registri è interrotta da due immagini separate, di cui una rappresenta la dea del cielo Nut circondata da motivi del corso del sole (coccodrilli, scarabei, arieti e un fanciullo), mentre l’altra mostra un Osiride itifallico con la sua anima ba a forma d’uccello sulla testa.
Nel registro inferiore è qui illustrata tre volte la punizione dei «nemici» in tre grandi calderoni che sono mostrati schematicamente in sezione trasversale, sorretti dalle braccia dell’invisibile «luogo della distruzione».
Nella sesta e ultima sezione c’è Anubi che si occupa dei cadaveri nei sarcofaghi, compreso quello de
l dio Sole. La figura dello scarabeo anticipa già il ringiovanimento dell’astro, però prima devono essere ancora una volta puniti e distrutti i suoi «nemici» (anche femminili). Nell’immagine conclusiva la barca solare, visibile solo a metà, è tirata da dodici dei del mondo degli inferi; lo scarabeo dalla testa d’ariete unifica i due aspetti, quello notturno e quello mattutino, del dio, che è mostrato infine come un bambino neonato dopo aver concluso il viaggio notturno attraverso l’acqua e le tenebre[3].
Ramses VI ci offre nella sua camera del sarcofago la versione più estesa del Libro della Terra, del quale, dopo Merenptah, erano state usate solo singole scene anche sui sarcofaghi reali. Sembra che, come il Libro delle Caverne, consista di due «metà» che non sono tuttavia ulteriormente articolate, se si prescinde dalla struttura in registri e scene.
Anche per il resto è in stretta correlazione con il Libro delle Caverne, e alcune scene sono coincidenti in entrambi i libri.
Inizio e fine della composizione non sono particolarmente rilevati, tanto che ne risulta una circolarità compatta che comincia ogni volta da capo. La parte di maggior spicco è quella delle immagini, mentre il testo, rispetto al Libro delle Caverne, è fortemente ridotto; alcune scene sono completamente senza scrittura d’accompagnamento[4].
Alla fine del Nuovo Regno, disparati nuovi libri sull’Aldilà spostarono l’attenzione sul viaggio notturno del sole fuori dagli inferi, entrando nel repertorio delle decorazioni delle tombe regie.
Invece di concentrarsi solo sul mondo della Duat, le nuove composizioni descrivono il viaggio del sole attraverso il cielo. Ciò rappresenta una diversa, ma parallela, concezione dell’universo, in cui il paesaggio attraversato dal sole di notte è uno specchio dell’ambiente diurno[5].
Il viaggio notturno del sole è trasposto dal mondo degli inferi nel corpo della dea del cielo Nut, la quale ingoia il sole la sera e lo ripartorisce, nuovo, la mattina successiva. Perciò queste opere non sono riportate sulle pareti ma sui soffitti delle tombe, che erano fin dall’Antico Regno strutturati come cieli e che da Seti I in poi compaiono come arcuati soffitti «astronomici» con selezioni di costellazioni e di pianeti.
Ramesse IV sostituisce le stelle con una doppia immagine (schiena contro schiena) della dea del cielo che si china sulla terra. Uno dei due libri del cielo, il Libro di Nut, è essenzialmente una descrizione dell’immagine di Nut e dunque una topografia del cielo. I motivi del viaggio notturno in cielo sono in ampia misura gli stessi dei libri sul mondo degli inferi; incontriamo in cielo perfino l’oceano primordiale Nun, le cui onde sciabordano tutt’attorno alla testa della dea[6].
Daniele Mancini
Note e bibliografia:
[1] HORNUNG, E., La Valle dei Re, MONACO, 2002 p. 98
[2] HAWASS, Z., LeTombe Reali di Tebe, NOVARA, 2006, p. 171
[3] HORNUNG, 2002, p. 99
[4] HAWASS, 2006, p. 186-195
[5] HAWASS, 2006, p. 265
[6] HORNUNG, E., Altagyptysche Jenseitsbucher, DARMSDTADT, 1997, pp. 101-119