L’IMPERO INCA – seconda parte
Nella prima parte (cliccare qui per leggerla), ho trattato in generale della storia Inca. Desidero approfondire, ora, usi e consuetudini della popolazione nativa sudamericana.
Buona lettura.
Secondo McEwan, il pantheon Inca aveva una schiera di divinità che comprendeva il dio creatore Viracocha, il dio sole Inti, il dio del tuono Illapa e la dea madre terra Pachamama. Erano venerate anche divinità regionali da popolazioni conquistate dagli Inca. Gli dei Inca erano onorati in molti modi, da quelli classici tra cui preghiere, digiuni e sacrifici animali, alla forma più potente, individuata nel sacrificio umano, in genere di bambini e adolescenti.
Nel 1999, gli archeologi hanno scoperto le mummie di tre bambini che erano stati lasciati come sacrifici in un santuario vicino alla cima di un vulcano, in Argentina. Un’adolescente, conosciuta come “la fanciulla” sembra essere stata il principale sacrificio insieme a un ragazzo e una ragazza, che si pensava fossero i suoi attendenti. La ricerca ha rivelato che, prima del loro sacrificio, i tre hanno consumato una dieta speciale ricca di mais e carne di lama essiccata e sono stati drogati con foglie di coca e alcol.
La mummificazione era una parte importante dei riti funebri Inca, anche per la popolazione più modesta.
Dopo la conquista spagnola, un uomo di nome Guaman Poma, che parlava il quechua, originario delle Ande, pubblicò una cronaca che descriveva novembre come il “mese delle visite ai morti”, il mese in cui le persone avrebbero cercato di nutrire le mummie dei loro antenati.
Il mais e la carne erano generalmente considerati il cibo d’élite degli Incas e venivano consumati, come abbiamo visto, da coloro destinati ai sacrifici. Oltre a questi prodotti alimentari d’élite, altri beni consumati nella dieta Inca includevano patate dolci, quinoa (una sorta di cereale proteinico, ndr), fagioli e peperoncino.
L’aspetto più insolito dell’economia Inca era la mancanza di un sistema di mercato e di denaro: in cambio di lavoro, i governanti inca organizzavano diverse attività ludiche per la popolazione ma solo in determinati periodi dell’anno. Con poche eccezioni, non c’erano commercianti nell’impero Inca e ogni membro della popolazione dell’impero non aveva bisogno di acquistare nulla perché fornito dallo Stato in cambio di semplici mansioni. Non esistevano luoghi dove acquistare o commerciare per necessità.
Gli Inca sono stati abili fabbricatori di manufatti in oro e argento, ma i loro esempi artistici più sorprendenti erano riferibili ai tessuti policromi, rappresentando, per loro, la più grande conquista artistica. Gli Inca hanno coltivato cotone, lana e telai usati per creare i loro tessuti elaborati. Il miglior grado di stoffa era chiamato cumpi ed era riservato all’imperatore e alla nobiltà.
Il cumpi era realizzato in lana di alpaca o vigogna e cotone o talvolta in materiali più esotici come i peli di pipistrello o di colibrì; era una trama decorata con complessi disegni multicolori.
Anche le abilità di lavorazione della pietra inca erano formidabili. I loro artigiani sono riusciti a tagliare perfettamente la pietra da costruzione senza usare alcun mortaio, così che un oggetto sottile, come una lama di rasoio, non potesse essere inserito tra le pietre.
L’impero raggiunse l’apice dopo le conquiste dell’imperatore Huayna Capac che regnò dal 1493 fino al 1527 circa. Al suo apice, l’impero ea abitato da circa 12 milioni di persone e si estendeva dal confine tra Ecuador e Colombia fino a circa 80 chilometri a sud della moderna Santiago del Cile. Per sostenere questo impero, un sistema di strade si estendeva per circa 40.000 km, circa tre volte il diametro della Terra.
Mentre gli Spagnoli conquistavano l’Impero Inca, sono stati molto impressionati da ciò che videro: le città inca erano grandi come quelle europee, ma più ordinate e, secondo tutti, i luoghi più puliti e più piacevoli in cui vivere, con sistemi stradali e quelli degli acquedotti delle Ande di gran lunga superiori a quelli europei in quel periodo.
Attraverso le acque, purtroppo, gli Spagnoli portarono con loro una delle loro armi più potenti e invisibili: le malattie a cui le popolazioni inca non erano mai state esposte. Un di queste, il vaiolo, spazzò via gran parte della popolazione inca, incluso Capac e il successore che aveva scelto.
Dopo la morte di Capac, i suoi parenti hanno lottato per il potere e suo figlio, Atahualpa, alla fine è riuscito a impossessarsene. Ma il conquistador spagnolo Francisco Pizarro è riuscito a catturare Atahualpa per poi farlo uccidere e conquistare Cuzco con le sue armi più avanzate.
Gli Spagnoli, per conservare la pace nei nuovi territori conquistati, hanno messo sul trono un “re fantoccio”, Manco Inca Yupanqui. Ma lui e i suoi uomini, ribellatisi, sono stati costretti a ritirarsi in un villaggio nella giungla chiamata Vilcabamba, l’ultima roccaforte della resistenza dell’impero Inca, scomparso definitivamente nel 1572.
Oggi, molte delle tradizioni che gli Inca hanno portato avanti vivono nelle Ande. La produzione tessile è ancora popolare, i cibi sono ancora provenienti dal retaggio culutarale incaico, i siti archeologici come Machu Picchu sono popolari attrazioni turistiche. Anche la loro lingua antica, quechua, è ancora ampiamente parlata: da sei a dieci milioni di persone, nella zona andina dal sud della Colombia attraverso l’Ecuador, il Perù e la Bolivia, al nord-ovest dell’Argentina e al nord del Cile, usano il quechua come lingua di tutti i giorni.
Daniele Mancini
Per ulteriori info:
- Mario Polia, Gli Incas, Milano 1999
- Nathan Wachtel, La visione dei vinti, Torino 1977
- AA.VV., L’Or des Incas, Parigi 2010
- Gordon F. McEwan, The Incas: New Perspectives, Santa Barbara 2006
- AA.VV., America andina, in Vol. I, Patrimonio dell’Umanità di National Geographic, Milano 2018