NEVIO POMPULEDIO, IL RE GUERRIERO – prima parte
Il Guerriero di Capestrano è una statua tagliata nel calcare della zona di rinvenimento ed è alta circa 210 cm; è conservata al Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo Villa Frigerj, a Chieti, fin dal 1959. La statua è attribuita a un re, Nevio Pompuledio, ed è stata rinvenuta a Capestrano nel 1934.
E’ tra le testimonianze più affascinanti della produzione artistica delle antiche civiltà che popolarono i territori al centro della nostra penisola, prima dell’affermarsi degli Etruschi e poi dei Romani.
Il superbo portamento del personaggio, vestito con un’armatura da cerimonia, forse in funzione di paramento funerario, racconta di una primitiva orgogliosa stirpe guerriera, originaria di impervie regioni montagnose dell’appennino centrale, in un luogo segnato dalla pastorizia e che aveva nella guerra quasi una condizione endemica per proteggere greggi e transumanza.
La decifrazione di un’iscrizione in lingua picena, ai lati della figura, ha permesso di rivelare le origini del guerriero, l’alto grado occupato nella scala sociale e addirittura il suo nome, insieme a quello dell’autore.
Il personaggio è alto circa 170 cm, è un uomo armato di tutto punto e indossa un elmo con cimiero di piume che nell’antichità, piume o code di cavallo sull’elmo, servivano a incutere terrore.
Sotto l’elmo, il viso inespressivo, simili alle enormi statue giganti di Mont’è Prama, in Sardegna, forse indossa una maschera funeraria.
Sul petto e sulla schiena è posta una corazza composta da dischi di bronzo e di ferro, i kardiophylakes, a protezione proprio dell’organo più vulnerabile del corpo umano, il cuore.
Sopra la corazza, una spada lunga di ferro e a destra un’ascia, segno di comando, completano la decorazione dell’armamentario del fiero guerriero. Il corpo sembra nudo, tranne per la zona dell’inguine protetta da un elemento in cuoio e metallo.
Gli stinchi sono protetti da schinieri e i piedi calzano sandali/calzari rinvenuti anche nelle tombe della grandiosa Necropoli di Capestrano: la suola in legno o ferro mostra dei ramponi sul fondo, necessari per affrontare gli impervi terreni di montagna del regno.
Sulle colonnine laterali della statua sono rappresentate due lance nella loro interezza: nelle tombe del periodo si rinviene solo il puntale in bronzo o in ferro, il sauroter, senza l’anima in legno.
Il Guerriero di Capestrano si data nell’ambito degli inizi del VI secolo a.C., soprattutto per la tipica spada a doppio fendente, caratteristica in quasi tutte le tribù dell’Adriatico del periodo, e per l’iscrizione.
Su un lato, in lingua osco sabellica (la lingua scritta e parlata comune nel centro Italia) compare la seguente iscrizione:
MA KUPRI’ KORAM OPSÚT ANINIS RAKI NEVIÍ POMP[…]Í
ME, BELLA IMMAGINE, FECE ANINIS PER IL RE NEVIO POMPULEDIO
Adriano La Regina, noto archeologo e accademico italiano, interpreta in Aninis lo scultore realizzatore dell’opera, un Michelangelo dell’antichità, che scolpiva la pietra e la dipingeva. Il termine osco-sabellica RAKI fornisce, invece, la carica sociale rivestita dal personaggio a cui la statua del Guerrioro è dedicata, RE!
Nevio Pompuledio o Pompuleio potrebbe essere legato al re sabino Numa Pompilio, il secondo re dopo Romolo: i nomi sono affini, con la stessa accezione. Anche il cognome adriatico Pompeo (Gneo Pompeo Magno ne è un illustre possessore) potrebbe essere di origine sannita, come il nostro Pompuledio.
I Sabini , dunque, abitavano anche l’Abruzzo, erano popoli di tipo territoriale, non come i cittadini delle poleis della Magna Grecia, ma gruppi umani simili ai celti che Giulio Cesare sconfisse nel 50 a.C. I Vestini erano il popolo di Nevio Pompuledio e facevano parte di una lega denominata Safin, termine tradotto in Sabini, dai Romani, e Sanniti, dai Greci.
I Sabini abitavano i territori che andavano dalla Valle del Tevere all’Adriatico e Numa Pompilio potrebbe essere proprio un antenato di Nevio Pompuledio.
Nel VI a.C. l’Abruzzo, dunque, era governato da re, come Roma e quasi tutta l’Italia e l’Europa: l’unica eccezione nel nostro continente è dato da Atene, dove ormai, tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo a.C., vigeva la democrazia.
— FINE PRIMA PARTE —
Daniele Mancini
Bibliografia consultata:
- A. La Regina, Il Guerriero di Capestrano e le iscrizioni paleosabelliche, in L. Franchi Dell’Orto (a cura di), Pinna Vestinorum e il popolo dei Vestini I, Roma 2010
- V. D’Ercole, V. Acconcia. D. Cesana, La necropoli di Capestrano I. Scavi d’Ercole 2003-2009, BAR Publishing 2018
Grazie per le notizie e gli approfondimenti che pur avendo insegnato e soprattutto amato insegnare storia, non so omaistats in grado di acquisire.
Grazie Gabriella, grazie per leggermi
Eccellente!!!
Grazie per leggermi