NUOVI STUDI SULLE CAUSE DELLA CADUTA DELL’IMPERO ROMANO
Negli ultimi decenni sono emerse ipotesi che attribuiscono l’ascesa e la caduta di imperi antichi come l’Impero romano al cambiamento climatico e alle malattie (la “peste di Giustiniano“). Queste considerazioni hanno spinto gli studiosi a discutere se il 536 sia stato l’anno peggiore per essere vivila storia umana.
Quell’anno, un’eruzione vulcanica creò un velo di polvere che bloccò il propagarsi dei raggi del sole in alcune regioni del mondo che, combinato con una serie di eruzioni vulcaniche nel decennio successivo, potrebbero aver causato una diminuzione della temperatura globale. Tra il 541 e il 544, assurse anche il primo e più grave caso documentato della peste di Giustiniano nell’Impero romano d’Oriente, in cui morirono milioni di persone.
Alcuni studi dimostrano che non ci sono prove testuali degli effetti del velo di polvere nel Mediterraneo orientale e sulla durata della peste giustinianea esiste un ampio dibattito sulla portata materiale del morbo. Nel mondo accademico, comunque, ancora in molti sostengono che i cambiamenti climatici e lo scoppio della peste furono catastrofici per l’Impero romano orientale.
La nuova ricerca pubblicata sulla rivista DeGruyter , recentemente pubblicata, dimostra che i vecchi studi hanno qualche problema di rispondenza perché sono stati ricavati utilizzando reperti isolati e piccoli casi di studio proiettati sull’intero Impero romano.
L’uso di grandi set di dati provenienti da vasti territori precedentemente governati dall’Impero romano presenta uno scenario diverso. I risultati dello studio rivelano che non vi fu alcun declino nel VI secolo, ma un nuovo record di popolazione e commercio nel Mediterraneo orientale.
I ricercatori dell’Università di Varsavia e di Oxford hanno analizzato dati sia su micro che su larga scala da vari paesi e regioni. I dati su micro scala includevano l’esame di piccole regioni e la dimostrazione di quando si è verificato il declino in questa regione o sito. Sono stati riesaminati casi di studio, come il sito dell’antica città di Elusa, nel deserto del Negev nord-occidentale nell’odierno Israele.
Precedenti ricerche sostenevano che questo sito era già in declino a metà del VI secolo ma una rianalisi del carbonio 14, un metodo per verificare l’età di un oggetto fatto di materiale organico, e dei dati ceramici utilizzati per datare il sito, ha dimostrato che questa conclusione era errata. Il declino sarebbe iniziato solo nel VII secolo!
I dati su larga scala includevano nuovi database compilati utilizzando rilievi archeologici, scavi e studi sui relitti navali. I database dei rilievi e degli scavi, che erano composti da decine di migliaia di siti, sono stati utilizzati per mappare i cambiamenti generali nelle dimensioni e nel numero di siti per ogni periodo storico.
Il database dei naufragi mostrava il numero di naufragi per ogni mezzo secolo, dato utilizzato per evidenziare lo spostamento nel volume del commercio navale.
I risultati hanno mostrato che c’era un’alta correlazione nel record archeologico per numerose regioni, che comprendevano l’attuale Israele, Tunisia, Giordania, Cipro, Turchia, Egitto e Grecia e anche una forte correlazione tra i diversi tipi di dati.
Sia i casi di studio più piccoli, sia i database più grandi, hanno mostrato che non vi è stata alcuna diminuzione della popolazione o dell’economia nell’Impero romano orientale del VI secolo. In effetti, sembra che vi sia stato un aumento della prosperità e della demografia e il declino si sarebbe verificato nel VII secolo e quindi non può essere collegato al cambiamento climatico improvviso o alla peste che si è verificata più di mezzo secolo prima.
Sembra che l’Impero romano d’oriente sia entrato nel VII secolo all’apice del suo potere ma gli errori economici dei Romani d’oriente e il loro fallimento contro gli avversari persiani hanno portato l’intera area in una spirale discendente, lasciando il territorio debole e permettendo all’Islam di crescere.
Questi dati non confermano che non ci siano stati cambiamenti nel clima durante questo periodo in alcune regioni del mondo: ad esempio, ci fu un cambiamento visibile nella cultura materiale e un declino generale e l’abbandono dei siti in tutta la Scandinavia a metà del VI secolo, dove questo cambiamento nel clima fu più esteso.
L’attuale crisi climatica è sulla buona strada per portare cambiamenti molto più grandi di quelli visti in passato. Il netto allontanamento dalle fluttuazioni ambientali storiche ha il potere di cambiare irreversibilmente il mondo come lo conosciamo.
Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini
Per ulteriori info: DeGruyter
Immagine di copertina: R
(Crediti immagine: Wikimedia Commons, CC BY-NC-ND )