giovedì, 21 Novembre 2024
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NUOVO STUDIO SUI SACRIFICI RITUALI UMANI DI CHICHÉN ITZÁ, YUCATAN

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Ascesa al potere sulla scia del crollo dei Maya del periodo classico, Chichén Itzá fu tra le città più grandi e influenti del continente mesoamericano del periodo, ma gran parte dei suoi legami politici e della vita rituale rimangono poco conosciuti.

In un nuovo studio pubblicato su Nature, i ricercatori scoprono una pratica di sacrificio rituale su bambini focalizzata esclusivamente su quelli di genere maschile. Stretti rapporti di parentela, comprese due coppie di gemelli identici, suggeriscono una connessione con i miti sull’origine Maya del Popol Vuh, il Libro del Popolo. Un ulteriore analisi di confronto con le popolazioni attuali discendenti dai Maya rivela l’impatto genetico delle epidemie dell’era coloniale.

Situata nel cuore della penisola messicana dello Yucatan, l’antica città maya di Chichén Itzá è uno dei siti archeologici più iconici ed enigmatici del Nord America. Salì al potere in seguito al crollo dei Maya classici e fu un centro politico popoloso e potente nei secoli precedenti il sanguinoso arrivo degli Spagnoli. L’influenza di Chichén Itzá si estese in tutta la regione maya e nel cuore del Messico centrale. Famoso per la sua architettura monumentale, che comprende più di una dozzina di campi da gioco e numerosi templi, tra cui l’imponente Tempio di El Castillo adornato con serpenti piumati, è stato oggetto di indagini archeologiche per più di un secolo.

Chichén Itzá è forse meglio conosciuta per le sue testimonianze di sacrifici rituali, che includono sia resti fisici di individui sacrificati che rappresentazioni nell’arte monumentale. Il controverso dragaggio del Sacro Cenote del sito all’inizio del XX secolo ha identificato i resti di centinaia di individui e una rappresentazione in pietra a grandezza naturale di un enorme  tzompantli  (rastrelliera espositiva circolare per teschi dei sacrifici rituali) nel nucleo del sito che sottolinea la centralità del sacrificio all’interno della vita rituale a Chichén Itzá. Nonostante la sua notorietà, tuttavia, il ruolo e il contesto del sacrificio rituale sul sito rimangono poco compresi.

Gran parte degli individui sacrificati nel sito sono bambini e adolescenti. Sebbene sia diffusa la convinzione che le femmine fossero l’obiettivo principale del sacrificio nel sito, il sesso è difficile da determinare dai resti scheletrici giovanili mediante il solo esame fisico, e analisi anatomiche più recenti suggeriscono che molti dei giovani più anziani potrebbero in realtà essere maschi.

Nel 1967 fu scoperta una camera sotterranea vicino al Sacro Cenote che conteneva i resti sparsi di più di un centinaio di bambini piccoli. La camera, che probabilmente era un  chultún  (cisterna dell’acqua) riproposto, era stata ampliata per collegarsi a una piccola grotta. Tra gli antichi maya, le grotte, i cenotes (doline naturali) e i chultún sono stati a lungo associati al sacrificio di bambini, e tali caratteristiche sotterranee erano ampiamente viste come punti di connessione con il mondo ultraterreno.

Per comprendere meglio la vita rituale e il contesto del sacrificio infantile a Chichén Itzá, un team internazionale di ricercatori provenienti da istituzioni tra cui il Max Planck Institutes for Evolutionary Anthropology e di Geoanthropology  di Jena, la Escuela Nacional de Antropología e Historia di Città del Messico, l’Instituto Nacional de Antropología e Historia di Mérida e l’Università di Harvard hanno condotto un’indagine genetica approfondita sui resti di 64 bambini sepolti ritualmente nel chultún di Chichén Itzá.

La datazione dei resti ha rivelato che il chultún fu utilizzato per scopi rituali per più di 500 anni, dal VII al XII secolo d.C., ma che la maggior parte dei bambini furono sepolti durante il periodo di 200 anni dell’apice politico di Chichén Itzá, tra l’800 e il 1.00 circa.

Inaspettatamente, l’analisi genetica ha rivelato che tutti i 64 individui testati erano maschi e ulteriori analisi genetiche hanno rivelato che i bambini provenivano dalle tribù maya locali e che almeno un quarto dei bambini erano strettamente imparentati con almeno un altro bambino del chultún. Questi giovani parenti avevano consumato diete simili, suggerendo che fossero cresciuti nella stessa famiglia. La cosa più sorprendente è che, con l’identificazione di due coppie di gemelli identici, i risultati indicano che i figli maschi imparentati venivano probabilmente selezionati in coppia per le attività rituali associate al chultún.

I gemelli occupano un posto speciale nelle storie delle origini e nella vita spirituale degli antichi maya. Il sacrificio gemello è un tema centrale nel sacro Libro del Consiglio Maya K’iche’ o Libro del Popolo ma noto come Popol Vuh, un libro di epoca coloniale i cui antecedenti possono essere fatti risalire a più di 2.000 anni fa nella regione maya.

Nel Popol Vuh, i gemelli Hun Hunahpu e Vucub Hunahpu scendono negli inferi e vengono sacrificati dagli dei dopo la sconfitta in una partita con la palla. I figli gemelli di Hun Hunahpu, conosciuti come i gemelli eroi Hunahpu e Xbalanque, continuano a vendicare il padre e lo zio sottoponendosi a ripetuti cicli di sacrificio e resurrezione per superare in astuzia gli dei degli inferi. Gli Eroi Gemelli e le loro avventure sono ampiamente rappresentati nell’arte classica maya e, poiché le strutture sotterranee erano viste come ingressi agli inferi, la sepoltura di gemelli e coppie di parenti stretti all’interno del chultún di Chichén Itzá può ricordare rituali che coinvolgono gli Eroi Gemelli.

I resoconti dell’inizio del XX secolo hanno falsamente reso popolari storie spaventose di giovani donne e ragazze sacrificate nel sito, ma questo studio, condotto nell’ambito di una stretta collaborazione internazionale, capovolge questa credenza e rivela le profonde connessioni tra il sacrificio rituale e i cicli di morte e rinascita umana descritti nei sacri testi maya.

Le informazioni genetiche dettagliate ottenute a Chichén Itzá hanno anche permesso ai ricercatori di indagare su un’altra importante questione in sospeso in Mesoamerica: l’impatto genetico a lungo termine delle epidemie dell’era coloniale sulle popolazioni indigene.

Lavorando a stretto contatto con i residenti della moderna comunità maya locale di Tixcacaltuyub, i ricercatori hanno trovato prove di selezione genetica positiva nei geni legati all’immunità e in particolare di selezione per varianti genetiche protettive contro  l’infezione da salmonella. Durante il XVI secolo, in Messico, guerre, carestie ed epidemie causarono un calo della popolazione fino al 90%, e tra le epidemie più gravi vi fu l’epidemia di cocoliztli del 1545, recentemente identificata come causata dall’agente patogeno Salmonella enterica  Paratyphi C.

I ricercatori confermi che i Maya di oggi portano le cicatrici genetiche di queste epidemie dell’era coloniale e molteplici linee di evidenza indicano cambiamenti genetici specifici nei geni immunitari degli attuali messicani di discendenza indigena e mista, cambiamenti collegati a una maggiore resistenza  all’infezione da Salmonella enterica.

Lo studio del DNA antico consente sempre più di porre domande più dettagliate e complesse sul passato e le nuove informazioni ottenute dal DNA antico hanno permesso di dissipare ipotesi e presupposti obsoleti e di acquisire nuove conoscenze sulle conseguenze biologiche degli eventi passati. Tali studi consentono ai ricercatori indigeni di modellare le narrazioni del passato e stabilire le priorità per il futuro.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Max-Planck-Gesellschaft

Chichén Itzà centro urbano

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