giovedì, 21 Novembre 2024
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NUOVO STUDIO SULLE ORIGINI DEL CELEBRE VINO DI GAZA

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Lo studio sui resti di vinaccioli rinvenuti in un monastero bizantino portato alla luce nel Deserto del Negev, in Israele, propone nuovi elementi sulle origini del Vino di Gaza e la storia della coltivazione della vite in condizioni desertiche.

La ricerca, frutta della collaborazione di alcune università e dell’Israel Antiquities Authority, è stato pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science (PNAS).

I semi identificati negli insediamenti nel Deserto del Negev, uno dei quali è stato datato all’VIII secolo d.C., provenivano, probabilmente, da un’uva “bianca” che potenzialmente è la prima del suo genere documentata in qualsiasi parte del mondo e si presuppone che possa essere collegata al celebre vino bianco dolce, il Vino di Gaza, sul quale archeologi e storici hanno ampi riferimenti nei documenti storici, ma la mancanza di tracce concrete sulle varietà bianche del periodo ha lasciato fino ad oggi un punto interrogativo sulle sue vere origini.

Il vino veniva prodotto proprio tra le colline desertiche del Negev e spedito, attraverso i canali commerciali dell’Impero bizantino, anche in Germania, Francia e Gran Bretagna, dove si pensa fosse apprezzato dalle famiglie reali.

I ricercatori dell’Università di York, dell’Università di Tel Aviv e dell’Università di Copenaghen hanno utilizzato analisi genetiche per identificare diverse qualità di uva coltivate nei vigneti del Negev, comprese uve bianche e nere.

Secondo Nathan Wales del Dipartimento di Archeologia dell’Università di York, per la prima volta la genetica è stata utilizzata per identificare il colore di un’uva antica e fornisce uno sguardo sul famoso Vino di Gaza durante la tardoantichità, offrendo l’opportunità di collegare vinaccioli antichi con varietà moderne che ancora oggi vengono coltivate nel Mediterraneo.

Wales ritiene che identificare i vitigni che crescevano nel Negev durante il periodo bizantino e le caratteristiche genetiche che venivano coltivate in queste condizioni aride e desertiche, potrebbe fornire preziose informazioni su come le varietà vegetali si sarebbero sviluppate per resistere alle condizioni climatiche estreme di oggi.

Le coltivazioni di uva e la produzione di vino hanno realizzato alcuni dei maggiori profitti rispetto a qualsiasi raccolto in Epoca bizantina e il commercio dal Negev, con il Libano e Creta, ad esempio, ha prodotto ulteriori varietà moderne di vino rosso che oggi sono ancora prodotte in queste aree.

La moderna industria vinicola, dunque, dipende da un numero limitato di tipologie di uva europee, che sono più adatte alla coltivazione in climi temperati. Il riscaldamento globale sottolinea, quindi, la necessità di diversità in questa coltura agricola ad alto impatto e le viti coltivate in regioni calde e aride, spesso nel corso dei secoli, possono presentare un’alternativa alle classiche uve da vino.

 

Tradotto e rielaborato da Daniele Mancini

Per ulteriori info: Università di York

Domesticazione vite

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